Taranto - Col via libera del Senato avvenuto stamattina (157 voti favorevoli, 95 contrari e 3 astenuti) il decreto sull'Ilva e' legge. La Camera lo aveva approvato nei giorni scorsi e il Governo l'aveva deliberato il 4 dicembre per affrontare la situazione di stallo determinatasi dopo che il Tribunale di Bellinzona ha detto no al rientro in Italia del miliardo e 200 mila euro sequestrati dalla Procura di Milano ai fratelli Adriano ed Emilio Riva. Risorse che in fase ad una legge precedente sarebbero dovuto andare al risanamento ambientale del siderurgico di Taranto. Tra le novita' del deccreto oggi convertito in legge, la cessione dell'Ilva e di altre sette aziende del gruppo in amministrazione straordinaria entro fine giugno. Di cessione dell'Ilva si e' parlato molto negli ultimi mesi e anche la legge 20 dello scorso marzo individuava un percorso che sarebbe dovuto approdare alla costituzione di una newco. Solo che quest'ultima, che avrebbe dovuto vedere anche una presenza di Cassa Depositi e Prestiti e giovarsi dell'apporto del fondo di turnaround creato nel frattempo dal Governo, non ha mai visto la luce. La newco era infatti prevista per marzo 2015, poi si disse che sarebbe stata costituita a fine estate, quindi ancora un rinvio a fine 2015. Stavolta, invece, la cessione dell'Ilva col ricorso al mercato e' piu' stringente perche' vincolata appunto a una legge. Salvo imprevisti, quindi, a fine giugno i commissari straordinari dell'azienda Gnudi, Laghi e Carrubba individueranno un nuovo soggetto o piu' d'uno a cui trasferire gli asset aziendali. I commissari avranno poi quattro anni di tempo per completare le operazioni di trasferimento.
Ma oltre a stabilire per legge la cessione delle aziende del gruppo Ilva, la legge dispone anche altre importanti misure. Eroga un prestito di 300 milioni all'Ilva affinche' affronti da qui a giugno questi mesi di transizione, soldi che serviranno per la gestione corrente e che l'azienda ha gia' cominciato ad usare; assegna ai commissari una dote di 800 milioni, di cui 600 quest'anno e 200 il prossimo, perche' le bonifiche siano effettuate; infine, viene incontro all'indotto siderurgico che lamenta una situazione di sofferenza economica non essendosi visto riconosciuti i crediti maturati con i lavori effettuati prima dell'amministrazione straordinaria. In particolare, l'indotto che potra' dimostrare di aver realizzato almeno il 50 per cento del proprio fatturato con l'Ilva per due anni, anche non consecutivi, dopo il 2010, accedera' alle provvidenze del Fondo centrale di garanzia che allo scopo ha previsto un budget di 35 milioni. Tale meccanismo di aiuto era inserito anche nella legge 20, solo che non ha funzionato, secondo le imprese, in quanto ancorato a parametri di rating per le stesse imprese. In altri termini, secondo quanto osservato anche da Confindustria Taranto, le aziende appaltatrici avrebbero potuto accedere al Fondo di garanzia solo se avessero dimostrato la loro solida tenuta economica. Cosa non possibile, e' stato eccepito, proprio perche' la crisi Ilva ha impoverito e indebolito le imprese. Adesso, con la variazione introdotta dalla nuova legge, frutto a sua volta di un emendamento della Camera al testo, bastera' solo che le imprese dimostrino di aver avuto l'Ilva come loro cliente maggiore (50 per cento del fatturato). I 300 milioni di prestito all'azienda servono invece alla gestione corrente. Se non ci fosse stata quest'iniezione di liquidita', l'Ilva avrebbe avuto difficolta' anche a pagare gli stipendi nel 2016. Ma i 300 milioni, recita la legge, dovranno essere restituiti allo Stato con gli interessi da chi a giugno acquisira' l'Ilva.
Cosi' come gli 800 milioni per la bonifica dovranno essere restituiti, in applicazione del principio europeo "chi inquina paga", da chi, al termine del processo penale, risultera' responsabile del rato di disastro ambientale a Taranto contestato dalla Procura (dopo l'azzeramento in Corte d'Assise, il processo riparte il 5 febbraio prossimo dinanzi al gup Anna De Simone dalla requisitoria dei pm). Gli 800 milioni non erano previsti nel testo originario nel decreto legge. Erano invece previsti in un articolo della legge di Stabilita' del 2016 come forma di anticipazione in attesa del rientro dalla Svizzera del miliardo e 200 sequestrato ai Riva. Lo stop al rientro del miliardo e 200 milioni da parte del Tribunale di Bellinzona ha pero' fatto venir meno la possibilita' dell'anticipazione e cosi' il Governo, con un suo emendamento, ha fatto decadere la norma inserita nella legge di Stabilita' e ripostato gli 800 milioni nel decreto. Ma prevedendo appunto che chi sara' individuato come responsabile dell'inquinamento, dovra' restituirli allo Stato. In quanto alla cessione dell'Ilva, si e' aperta la prima fase quella che prevede l'arrivo delle manifestazioni di interesse. Ci sono 30 giorni dal 10 gennaio scorso e quindi questo primo step si chiudera' alle 18 del 10 febbraio. Solo successivamente si potra' sapere chi sono i gruppi effettivamente interessati all'Ilva. Il ministro Federica Guidi (Sviluppo Economico) ha piu' volte dichiarato che si sta lavorando per un cordata italiana. Ne potrebbero far parte Arvedi, Marcegaglia, Eusider, Ottolenghi e Transteel, che in varie riprese hanno manifestato interesse ad approfondire i termini di una eventuale partecipazione. Non n escluso il coinvolgimento di un big straniero come Arcelor Mittal o Posco, mentre Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe essere presente con una quota di minoranza come confermato anche ieri dall'ad Fabio Gallia. (AGI)
(27 gennaio 2016)