Mosaicoon ha chiuso. L'ex startup, tra le più note dell'ecosistema digitale italiano, considerata a lungo un simbolo della nuova imprenditoria di Internet, ha confermato di essere in fase di fallimento e l'azienda lo ha comunicato ufficialmente ai propri dipendenti. Ha chiuso nonostante i finanziamenti ottenuti, nonostante fosse considerata da molti report del settore tra le più promettenti realtà imprenditoriali europee. Non è bastato.
Nata nel 2010 a Palermo da un'idea dall'allora 26enne Ugo Parodi Giusino, Mosaicoon è arrivata a fatturare negli anni di attività oltre 20 milioni di euro e contare 100 dipendenti nella sede inaugurata appena 3 anni fa di fronte al mare di Capaci. Creava e vendeva contenuti video digitali per campagne pubblicitarie potenzialmente virali. Tantissimi i premi vinti, tantissime le attestazioni di vicinanza da parte del mondo della politica italiana che vedeva nella neoimpresa la voglia di riscatto di un'intera generazione e del Meridione.
In 10 anni ha raccolto oltre 12,2 milioni di finanziamenti in venture capital, il primo arrivato grazie al fondo HT per il Mezzogiorno, uno stimolo alle startup voluto dal governo italiano nel 2010, ma pare che questi soldi non siano bastati a reggere il confronto con i big player del settore: "Ci sono varie fasi nella vita di una startup", ha detto ad AGI Parodi Giusino, "noi abbiamo capito che non riuscivamo a diventare più grandi di così, a superare la soglia di una media impresa. Il nostro business non era più sostenibile. Chiudere è stata una scelta necessaria".
Fallire per una startup è un fatto normale. Si calcola che circa il 90% delle startup falliscano, e spesso la causa è la difficoltà di crescere e competere in un mercato dove ci sono grandi multinazionali a dettare i tempi di gioco. E questa causa sembra aver portato alla chiusura di Mosaicoon, di cui per ora non si sa altro se non quello che ha deciso di comunicare l'azienda: "Bisogna innovare, servono investimenti, dall'altra parte ci sono player enormi", continua Parodi Giusino, "noi abbiamo provato a giocare una partita difficile, fare innovazione in Sicilia e sono fiero di quello che abbiamo fatto. I miei dipendenti hanno capito che sarebbe stato difficile andare avanti. Noi abbiamo sicuramente fatto degli errori, e per una startup che vuole muoversi in questo mercato gli errori si pagano".
Parodi Giusino non scende in dettagli sugli errori commessi, ma il prezzo è stato alto. Raccontando ciò che lo ha portato alla decisione, parla di "complessità, troppe complessità", da superare. Quello che è mancato, spiega, "è sicuramente l'accesso a più capitali per crescere nel nostro settore, era quello che ci serviva per scalare ancora, ma non l'abbiamo trovato". Stando ai dati del fatturato, dopo il 2015, anno in cui arrivò a fatturare circa 3 milioni di euro, il business è calato. Colpa della concorrenza, dice l'azienda.
A casa per ora restano cento persone, forse troppe per il giro d'affari dell'azienda, molti ragazzi, alcuni di loro tornati in Sicilia per lavorare in quello che da molti era considerato un pezzetto di Silicon Valley nel Sud Italia. Lavoravano in quella che fino allo scorso anno era considerata una delle startup più promettenti d'Europa, vincitrice di innumerevoli premi per imprese innovative, in Italia e in California, celebrata fino a pochi giorni fa come tra le 'scaleup', così vengono definite in Europa le startup più grandi in un report diffuso da Mind The Bridge, che lo scorso febbraio la inseriva tra le aziende "modello" delle scaleup italiane. Solo lo scorso anno il Financial Times la inseriva tra le 1000 aziende europee che crescevano di più e meglio. Mosaicoon negli anni ha creato sedi a Londra, Singapore, Nuova Delhi, Seoul, Milano e Roma. "Oggi ho 36 anni e non voglio mollare, quello che ho fatto, le esperienze, gli errori, sono un bagaglio che ho intenzione di capitalizzare", conclude l'ad.