Moovenda, si è offerta di assumere i rider che dovessero essere licenziati dalle multinazionali del food delivery non disposte ad accettare le nuove regole alle quali sta lavorando Luigi Di Maio.
Per la startup italiana, che le nuove norme in termini di contratto e tutele le adotta già, non è solo un proclama di buone intenzioni: se davvero i grandi player internazionali dovessero ritirarsi dall'Italia, si aprirebbe per Simone Ridolfi e soci una prateria nella quale conquistare a mani basse territori per ora presidiati da aziende con un modello di business e di sviluppo profondamente diversi.
Un annuncio che, intanto, ha avuto la sua ricaduta di immagine: Ridolfi afferma che da quando la notizia ha cominciato a circolare c'è stato il boom di 'arruolamenti' di fattorini e una crescita del 150% delle ordinazioni, "segno" dice "che l'azienda etica è apprezzata".
Il food delivery non è la galilna dalle uova d'oro
Il settore del food delivery è ancora relativamente giovane e nessuna azienda è in attivo: gli investimenti in tecnologia e marketing sono stati così ingenti e i margini di guadagno sono così contenuti che prima di arrivare a chiudere in positivo una società deve radicalizzarsi molto a fondo nel territorio. Logico che se di fronte a regole più stringenti i margini si dovessero fare ancora più risicati, a quel punto aziende come Deliveroo o Glovo (che ad esempio in Italia gestisce le consegne di McDonald's) potrebbero valutare l'opportunità di restare in Italia.
Chi invece in Italia c'è nato e cresciuto - e punta a crescere ancora di più - è per l'appunto Moovenda, che ci tiene a sottolinearne le differenze con i competitor, innanzitutto nel rapporto con il personale. A partire dal nome dato ai fattorini: nella società creata e guidata da Simone Ridolfi si chiamano 'moovers' e sono 250, perlopiù italiani e delle età più varie: dallo studente che vuole guadagnare qualche soldo a chi il lavoro l'ha perso e deve mantenere una famiglia. Ma il nome è la differenza meno importante: quello che conta di più è che i moovers hanno un contratto, i contributi e l'assicurazione.
Come si lavora da Moovenda
Come funziona il contratto? "I moovers hanno con noi un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (i famosi co.co.co., ndr)" dice Gianpaolo Sacconi, capo della comunicazione dell'azienda, "e non vengono pagati a cottimo, ossia a consegna, ma a turno. I turni li scelgono loro tra quattro nell'arco della giornata - mattina, pomeriggio, sera e notte - variano dall'ora e mezzo alle 3/4 ore. A prescindere da quante consegne fanno, la loro paga è di 25 euro a turno più le mance che, ovviamente, restano a loro".
La scelta di un compenso a turno invece che a consegna si fonda su un principio e su una strategia. Il principio, spiega Sacconi "è di non mettere i moovers in competizione gli uni con gli altri, perché questo crea le condizioni per incidenti di varia natura". La strategia, d'altra parte, è chiara: nelle sei città in cui operano (Roma, Viterbo, Napoli, Torino, Cagliari e Cosenza) Moovenda lavora prevedendo quante consegne potrà fare in base allo storico elaborato da un algoritmo e i moovers non hanno zone assegnate, ma si spostano in tutta l'area (a Roma, ad esempio, all'interno del Raccordo). Questo fa sì che durate il turno di lavoro non siamo mai inattivi. Altre società di food delivery schierano un certo numero di rider in alcuni punti strategici della città: quando arriva la chiamata per quella zona, il primo a rispondere parte. Così può succedere che in una giornata un rider faccia dieci consegne e un altro nemmeno una.
Quello che Moovenda chiede a un moover è di essere maggiorenne, avere un mezzo a disposizione (scooter o bici ) e uno smartphone. Oltre, naturalmente a conoscere bene la città. Ma che succede se un moover ha un incidente? Quello che succede a un qualunque dipendente con un regolare contratto: avendo i contributi, Inps e Inail intervengono per la diaria e la malattia.
Come è nata Moovenda
A novembre 2014, nello Startup weekend di Roma, i fondatori svilupparono l’idea di Moovenda in due giorni, al termine dei quali ricevettero il primo premio della competizione. Poi entrarono l'acceleratore di Luiss Enlabs, alcuni importanti round di investimento e soprattutto l'algoritmo sviluppato insieme con l'Università di Tor Vergata. Così un modello inizialmente pensato per piccoli pacchi, plichi e documenti divenne un servizio nell’ambito del food delivery con la scelta di selezionare solo i migliori ristoranti delle città e un servizio di qualità: dai prodotti (che vengono consegnati con un polibox isotermico) all'assistenza clienti nelle fasi che precedono e che seguono l’acquisto.