Ormai dovrebbe mancare poco. Solo il decreto attuativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, poi si dovrà mettere mano al Codice della Strada e alla fine le maggiori città italiane potranno essere invase dai monopattini elettrici.
A metterli su strada, così come fatto in diverse città degli Stati Uniti e in Europa, Lime, azienda leader nel settore con in testa un piano ben preciso. Lo espone ad Agi Marco Pau, general manager Lime Italia:
"Stiamo cercando di aprire il mercato italiano. Abbiamo già preparato tutto, abbiamo parlato già un anno fa con varie amministrazioni come Torino, Milano, Roma, Firenze…abbiamo preparato il terreno, noi non arriviamo e mettiamo i monopattini in strada naturalmente, ma ci confrontiamo con le amministrazioni. Quindi tutta la fase di preparazione è stata fatta, ora aspettiamo che venga firmato questo decreto attuativo che regoli le sperimentazioni nelle città".
Lime è un’azienda nata negli Stati Uniti, tra i loro prodotti non solo i monopattini elettrici ma anche biciclette elettriche e un progetto pilota, in fase di sperimentazione a Seattle, con piccole macchine elettriche. L’idea è quella di utilizzare la tecnologia digitale per consentire alle persone di servirsi di un servizio in sharing
"Che significa dunque ridurre l’inquinamento, ridurre il congestionamento del traffico cittadino e che possa consentire alle persone non solo l’utilizzo del trasporto ma la creazione di una comunità all’interno delle città, in modo tale che le persone abbiano la vita più facile nel momento in cui devono spostarsi dentro i centri urbani".
Lime da giugno dell’anno scorso è operativa con successo a Parigi, la Francia ha immediatamente assorbito perfettamente l’utilizzo del monopattino elettrico, tant’è che la scorsa settimana l’azienda è sbarcata a Marsiglia ed è esemplare l’uso che ne potrebbe derivare dall’utilizzo in città che si può notare a Lione, dove tutti, dai ragazzi alle persone più avanti con l’età, si muovono tranquillamente e agilmente nel traffico a bordo di monopattini elettrici. Ma il mercato poi si è aperto anche verso la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Repubblica Ceca e la Polonia. E ora l’Italia.
Ma rispetto al Codice della Strada, come sono stati introdotti i monopattini negli altri Paesi?
C’è da dire che ogni Paese ha il proprio codice della strada. Ci sono delle normative europee generali, però poi nelle specificità possono cambiare. Quindi ci sono paesi in cui hanno fatto partire le sperimentazioni senza avere un quadro di riferimento centrale. Hanno una diversa visione della policy, ci sono molte città che ritengono importante avere dei dati sperimentali su cui poi costruire delle normative che siano efficaci.
Sono due le domande che verrebbero in mente immediatamente a un qualsiasi cittadino, per esempio, di Roma. La prima riguarda le buche, un argomento che prima veniva preso quasi sul ridere, adesso, visti i fatti di cronaca avvenuti recentemente, se ne comincia a parlare con molta più preoccupazione. Ci avete pensato?
I nostri esperti fanno un’osservazione del territorio, quindi sanno quali sono i punti nei quali non possiamo mettere giù i monopattini, e abbiamo anche un’idea di quelle che sono le zone più a rischio a livello di infrastrutture. Pertanto su questa base noi possiamo creare delle aree dove disincentiviamo le persone a circolare, con le multe per esempio. Questo è stato fatto anche a Lisbona, dove ci sono delle zone montagnose con molti sanpietrini che sono chiuse. Noi mappiamo prima il territorio così abbiamo più o meno un’idea di quello che è il rischio e la situazione del manto stradale. A questo si aggiunge una fortissima campagna che noi facciamo per la sicurezza delle persone, facciamo degli eventi che chiamiamo “Respect the right” e in questi eventi regaliamo dei caschi incentivandone l’utilizzo.
…che non è obbligatorio?
Se è obbligatorio o meno dipende dalle policy dei diversi paesi. Sotto una certa età per esempio in certi paesi è obbligatorio. Ma a prescindere che sia obbligatorio o no, noi promuoviamo, facciamo delle campagne per l’utilizzo del casco. Noi vogliamo che lo utilizzino tutti ed è importante perché sia promuovendo campagne i questo tipo sia sensibilizzando le persone a quelli che sono problemi come le buche o zone difficili da percorrere, noi pensiamo che si possano minimizzare i rischi e gli incidenti, ma soprattutto avere un utilizzatore che sia più cosciente di quello che è il vero fine del monopattino, che è quello di coprire quello che noi chiamiamo “ultimo miglio di trasporto” ovvero chiudere quei buchi che ci sono a livello di mobilità urbana e che magari le città non hanno. E questo è anche un punto di integrazione, noi non siamo in competizione con autobus e metro, noi puntiamo ad integrarci nel tessuto urbano del trasporto cittadino.
La seconda domanda che un cittadino romano si farebbe, specie dopo l’esperienza con il bike sharing, è: come farete con gli atti di vandalismo?
Noi abbiamo un modello operazionale che è pensato per dare un certo grado di controllo della nostra flotta nella città. Significa che i nostri scooter sono elettrici e devono essere ricaricati ogni giorno, non si può togliere la batteria quindi li riportiamo ogni notte nei magazzini. Questo può essere fatto da noi o direttamente dai cittadini, che possono portarsi a casa il motorino, ricaricarlo e rimetterlo in strada il giorno dopo ed essere addirittura remunerato con un piccolo rimborso. Queste due soluzioni permettono da un lato di non lasciare motorini in giro nelle ore della giornata più critiche, quindi la notte, dall’altro di creare un forte engagement con la community.
Il servizio è molto semplice da utilizzare, forse anche più di tutti gli altri servizi di trasporto in sharing. Bisogna naturalmente scaricare l’app, inserire i dati registrando la propria carta, e poi per attivare il monopattino basta semplicemente inquadrare il codice QR presente in tutti i veicoli. Tutti i mezzi, che hanno un’autonomia che si aggira sui 60 Km, sono dotati di un acceleratore e un freno, il monopattino Lime può raggiungere anche i 30 km/h, ma il limite è deciso dalle policy governative in materia. In Svizzera per esempio, dove Lime è presente a Zurigo e Basilea, dopo qualche incidente il governo ha chiesto il momentaneo ritiro dei 550 mezzi messi in circolazione per l’innesto di un secondo freno.
Il vostro successo è certificato dall’interesse di Uber per l’acquisizione di Lime…
Si leggono tantissime notizie sugli interessi di Uber, la relazione che noi abbiamo con Uber è semplicemente questa: Uber è una società che investe in Lime. Questo però è stato fatto non solo da Uber ma da tantissime compagnie, come Google e altre società. Io piuttosto penso a tal proposito che Lime dimostra di essere una società interessante, è una delle startup con una crescita esponenziale negli ultimi due anni, e come tutte le società che operano in un settore che è particolarmente interessante quale è quello della smart sharing mobility, i grandi colossi tecnologici e coloro che lavorano nei settori affini hanno degli interessi ad essere investitori. Ma al momento, a parte questo non vedo altro.
A questo punto la palla passa al governo, la firma sul decreto attuativo dovrebbe arrivare entro pochi giorni, la Lime ha già i mezzi pronti per le strade italiane, ma serve che il semaforo scatti sul verde.
Noi siamo pronti a partire e aspettiamo solo il decreto attuativo. Anche le città sono pronte ad accoglierci, ma serve che qualcosa si muova dal governo centrale. A questo punto dispiace perché tutti gli altri paesi sono già partiti e ogni paese ha le sue specificità, per cui serve tempo, prima si inizia prima si avrà un servizio migliore. Ed è un peccato vedere che altri paesi come Spagna, Portogallo e Grecia hanno i monopattini e noi ancora no.