È saltato il tavolo per il rinnovo del contratto dei medici, pronti ora a incrociare le braccia. "È un momento particolarmente critico per il Servizio sanitario nazionale, che è in una situazione di grave sottofinanziamento - spiega Carlo Palermo, segretario di Anaao Assomed - Le notizie che arrivano dal governo su questa problematica non sono rassicuranti. Motivo per il quale abbiamo interrotto oggi l'interlocuzione tecnica per il rinnovo del nostro contratto di lavoro con l'Aran. Proclamiamo quindi lo stato di agitazione e annunciamo che ci sarà anche uno sciopero di una o più giornate nel mese di ottobre così come una manifestazione nazionale a Roma".
Quello dei medici della sanità pubblica è un disagio quotidiano, spiega Palermo: "Il lavoro è diventato molto pesante, perché dobbiamo fare più notti di guardia e le ferie sono oggetto di scontro tra colleghi e non sempre si riesce a prenderle. Ci sono alcuni medici che escono dal sistema prima del dovuto perché non ce la fanno piu'".
Categoria allo stremo
La categoria è ormai allo stremo e attende da anni il rinnovo. Secondo Anaao, sono 15 milioni le ore di straordinari non pagate ogni anno. "Siamo arrivati a una vera e propria fuga dagli ospedali, i medici che non vanno in pensione scelgono le strutture private impoverendo il servizio sanitario". Guido Quici, presidente nazionale della Cimo, uno dei sindacati più rappresentativi dei medici ospedalieri, conferma l'allarme: "I soli pensionamenti - si legge su Repubblica.it - porteranno via dalle corsie 7.500 medici nei prossimi tre quattro anni. E non si fa niente, solo qualche contratto interinale a specializzandi che di regola non potrebbero essere impegnati come ospedalieri". Vanno via perché sono stanchi e magari in certi casi hanno la prospettiva di un lavoro con più soddisfazioni economiche e meno responsabilità altrove.
La sanità pubblica traballa a scapito di quella privata accreditata. È emblematica la notizia dell'ultimo concorso per la medicina d’urgenza dell’Azienda ospedaliera universitaria di Parma andato deserto dopo che solo un anno fa per lo stesso concorso per 23 posti si presentarono in nove e solo cinque accettarono. Questo principalmente per il passaggio al privato accreditato che paga di più. Gli imprenditori - spiega il Fatto Quotidiano - assumono e investono mentre lo Stato continua a perdere inesorabilmente, “autorizzando” il privato a svilupparsi. In questo modo in pochi anni la situazione della sanità pubblica diventerà insostenibile.
Nel 2022 oltre 11mila medici in fuga dal Servizio sanitario nazionale
Cinque anni ancora e i medici italiani del servizio pubblico potrebbero essere "in via di estinzione", tra pensionamenti di massa e fughe dal pubblico: si prevede che da qui al 2022 avremo 11.800 camici bianchi in meno, anche a causa del fatto che il 35% di loro lascia il lavoro prima dei sopraggiunti limiti di età. Un esercito che si aggiunge all'attuale carenza di organico, costante in qualunque struttura sanitaria. Ma a pesare non è solo l'età: secondo l'ultimo report della Federazione di Asl e ospedali (Fiaso), infatti, un medico su tre lascerà il servizio pubblico non per andare in pensione. Magari per transitare nel privato. E c’è anche chi accetterà il prepensionamento perché, ormai, è diventato un miraggio l'avanzamento di carriera.
Le specialità mediche con più carenze
Il quadro è desolante: in base a queste proiezioni nei prossimi anni i medici dei servizi sanitari di base si estingueranno, mentre gli igienisti si ridurranno del 93% e i patologi clinici dell'81. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro in termini assoluti si avrà tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025.
Anche se poi - spiega il Sole24ore - non sempre questi numeri corrispondono alle criticità segnalate dalle Aziende sanitarie, che in cima alla lista delle specialità mediche con carenze di organico più critiche mettono nell'ordine anestesia, medicina e chirurgia d'urgenza e pediatria, che pure figura nella parte bassa della classifica per cessazioni in numeri assoluti. Questo perché evidentemente il tasso di ricambio dei pediatri ospedalieri è ancora più basso che in altre specialità. Probabilmente per la tendenza dei giovani specializzati ad optare per la professione in regime di convenzione, anziché di dipendenza.
In corsia camici bianchi sempre più anziani
Il primo dato a saltare all'occhio è il primato italiano di anzianità dei nostri medici, che nel 51,5% dei casi hanno superato i 55 anni di età, contro il 10% del Regno Unito, il 20% o poco più di Olanda e Spagna, mentre Francia e Germania si collocano al secondo e terzo posto ma con percentuali di medici con i capelli bianchi del 40 circa per cento. Questo perché ai molti che hanno via via abbandonato i loro posti per sopraggiunti limiti di età o per altre ragioni non hanno fatto seguito che poche assunzioni a causa dei reiterati blocchi del turn over.
La proiezione nazionale dei dati del campione dice che dal 2012 al 2017 24.651 dirigenti medici hanno lasciato il servizio. Una media di circa 4.100 cessazioni l'anno. Che hanno generato il progressivo invecchiamento della popolazione medica, tant'è che se del campione solo nel 2012 erano in 422 a spegnere le 65 candeline che spesso coincidono con la pensione, lo scorso anno la platea dei potenziali pensionandi era salita a quota 2.087. E il trend è in costante crescita.