Il 'mistero' della malattia di Sergio Marchionne, custodito gelosamnete da Fca fino al 21 luglio, quando è stata annunciata la nomina del nuovo ad della società, è stato svelato dal suo migliore amico. In una lettera al Corriere della Sera, Freanzo Grande Stevens, legale dell'avvocato Agnelli, ha raccontato del male che ha aggredito il manager ai polmoni e del suo incontenibile vizio: il fumo.
Mentre una pattuglia di giornalisti piantona la clinica di Zurigo in cui Marchionne è ricoverato in terapia intensiva e in condizioni "irreversibili", Grande Stevens racconta della lunga amicizia e della convinzione che il manager italo-canadese sarebbe piaciuto a Gianni Agnelli, morto un anno prima che assumesse la guida del gruppo.
"E' molto difficile per me parlare di Sergio Marchionne che con Gianluigi Gabetti è stato il mio migliore amico di una vita" inizia la lettera, "Sergio è un uomo che sarebbe piaciuto a Giovanni Agnelli che da sabaudo illuminato aveva dimostrato sempre grande interesse per gli intellettuali e per i sofisticati meccanismi finanziari. Giovanni Agnelli ne avrebbe apprezzato l'unicità". Ed ancora "Gabetti e io avremmo potuto considerarlo per la nostra età un figlio (il mio primo ha soltanto quattro anni di meno) e invece divenne un nostro fratello, che ci consultava e ci insegnava cosa vuol dire occuparsi del successo di una grande azienda".
Poi la rivelazione sulla malattia: "Il dolore è indicibile, quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette ". "Tuttavia quando seppi che era soltanto un 'intervento alla spalla' sperai. Invece, come temevo, da Zurigo ebbi la conferma che il suoi polmoni erano stati aggrediti e capii era vicino alla fine". "Marchionne - conclude - ha lasciato una società che ha raggiunto l'incredibile risultato dell'azzeramento del debito e l'avvio di una vita di successi. Mi auguro che sulla strada che egli ha tracciato, sul suo esempio, la Fca prosegua con gli stessi risultati. Soltanto così il grande dolore di tutti noi potrà alleviarsi".
"Quando conobbi Marchionne gli citai per caso, nel nostro colloquio, un filosofo e mi accorsi che egli conosceva benissimo la filosofia a cominciare da Voltaire e Machiavelli: e gli consigliava perciò il 'senso della disciplina' e la consapevolezza dell’importanza della cultura. La prima gli veniva dall’infanzia che fu difficile. Da ragazzino, dopo la scomparsa del padre maresciallo dei carabinieri, con la mamma emigrò da Chieti negli Abruzzi a Toronto in Canada, presso una zia che commerciava in dettaglio ortofrutticoli. Un trasferimento affatto facile per lui. Imparò così il rigore e capì il binomio disciplina-cultura".