Roma - "L'architetto inizia dove finisce l'ingegnere", sosteneva Walter Gropius, tra i fondatori del Bauhaus. Ma se dell'ingegnere non si può fare a meno, l'architetto è una delle prime voci di spesa del settore edilizio che vengono tagliate in tempo di crisi. Per un Renzo Piano che modifica lo skyline delle principali città del mondo e uno Stefano Boeri pluripremiato per l'innovativo Bosco Verticale, in Italia la maggior parte degli architetti arranca. Nella patria di Vitruvio, Brunelleschi e Michelangelo i redditi medi sono calati del 40% in cinque anni, con tante donne e giovani professionisti che guadagnano a livelli da rimborso spese.
La prima causa delle difficoltà della categoria sono i numeri: in Italia a contendersi un mercato sempre più ristretto ci sono oltre 150mila architetti, in pratica 2,6 professionisti ogni 1.000 abitanti, contro gli 1,65 che si registravano nel 2000. In Europa un architetto su quattro è italiano (27%), seconda e staccata la Germania, con 100mila, seguita da Regno Unito e Francia con appena 30mila professionisti. Questa la fotografia relativa al 2014 scattata dall'osservatorio Professione Architetto realizzato dal Consiglio nazionale (Cnappc).
La ricetta di Boeri: "Ricostruiamo 4 milioni di edifici"
Insomma, gli architetti sono troppi per lavorare e guadagnare bene: secondo l'indagine, la combinazione di crisi economica e inversione del ciclo edilizio ha comportato in sei anni (tra 2008 e 2013) la perdita del 40% del reddito professionale annuo, tanto che nel 2013 il reddito medio è a poco più di 17 mila euro, al netto dell'inflazione, il valore più basso degli ultimi 15 anni. Le donne, poi, portano a casa il 60% in meno rispetto ai colleghi uomini.
Va peggio ai giovani architetti che a un anno dal conseguimento del titolo di laurea di secondo livello, quasi 3 su 10 di loro si ritrova disoccupato. A cinque anni dalla fine degli studi, il reddito di un architetto è di circa 1.200 euro, contro i 1.700 euro di un giovane ingegnere. Cosi' la facoltà di architettura perde il suo fascino: negli ultimi cinque anni il numero complessivo di immatricolati è crollato del 51%. Di pari passo aumenta il numero di chi, non potendo tornare indietro nel percorso accademico, rinuncia all'abilitazione. Negli ultimi 12 anni hanno conseguito la laurea di secondo livello 88.391 architetti, ma solo 69mila hanno ricevuto l'abilitazione. All'enorme offerta si lega, poi, la crisi economica e del settore: il 68% degli architetti vanti crediti verso la clientela privata, il 32% verso il settore pubblico.
Come invertire il trend? Per il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, Leopoldo Freyrie "Non ci sono alternative" spiega all'Agi "la risposta per superare la situazione di crisi che da anni investe la nostra professione, come conseguenza della crisi dell'edilizia, sta nel lancio e nella realizzazione di un grande progetto d'investimento di idee e di denaro sulle città, per risparmiare l'energia che viene sprecata; per mettere le case e le città in sicurezza; per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso delle comunità, ricreando le condizioni affinchè fioriscano idee, innovazione e impresa". Per farlo, spiega Freyrie, è necessario ripartire dalle periferie. "A giorni verrà pubblicato il bando per la riqualificazione delle periferie, ci auguriamo che venga avviata un'agenda urbana efficace e che vengano compiute scelte innovative che valorizzino i progetti di qualità, superino i complicati e farraginosi meccanismi burocratici e introducano coraggiosi strumenti operativi che consentano di realizzare interventi di vera rigenerazione urbana ". Dopotutto, sostiene Renzo Piano, "un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma il brutto condominio che abbiamo di fronte a casa lo vediamo per forza".(AGI)