La clausola di salvaguardia è la norma inserita nella legge di Bilancio che prevede l'aumento automatico di Iva e accise in caso di sforamento degli obiettivi su deficit e debito pubblico. La clausola nasce quindi con l'intento di garantire gli obiettivi concordati in sede europea e ottenere così l'approvazione da parte della Commissione Ue.
Introdotta per la prima volta nella manovra di luglio del 2011 e più volte modificata, la clausola di salvaguardia va quindi ad aumentare automaticamente l'Iva nel caso in lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate.
Il debutto delle clausole di salvaguardia risale al governo Berlusconi che, per veder approvata la manovra finanziaria dalla Ue, decise di garantire il rispetto dei vincoli comunitari da parte dell'Italia promettendo che, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti (20 miliardi), sarebbe stato attuato un piano di revisione delle agevolazioni fiscali e sarebbe scattato l'aumento dell'Iva.
Da allora tutte le leggi di Bilancio sono dovute ricorrere a misure volte a sterilizzare gli aumenti previste dalla clausola.
Il governo Monti riuscì a disinnescare buona parte della clausola (per 13,4 miliardi), ma non la previsione di un aumento dell'Iva, a partire dal primo luglio 2013; il governo Letta posticipò di qualche mese e la patata bollente arrivò a Renzi: grazie alla flessibilità ottenuta in sede europea, l'esecutivo sterilizzò le clausole per il 2016 e ridusse quelle degli anni a venire. L'ultima legge di Bilancio 2018 ha messo a disposizione circa 15 miliardi di euro ma l'eredità resta.
Nel 2019 sarà necessario reperire oltre 12 miliardi di euro e nel 2020 quasi 20 miliardi. In base a quanto previsto dalla legge di Bilancio 2018, a partire dal primo gennaio 2019 l'aliquota Iva agevolata del 10% salirà all'11,5% a partire dal 2019 e al 13% a partire dal 2020. L'aliquota Iva ordinaria del 22% passerà, invece al 24,2% a partire dal primo gennaio 2019, al 24,9% a partire dal primo gennaio 2020 e al 25% a partire dal primo gennaio 2021.
Secondo l'Ufficio Parlamentare di Bilancio, sarà particolarmente difficile cancellare, in parte o in tutto, le clausole di salvaguardia nei prossimi anni, sostituendole con coperture alternative: si tratterebbe di un'ipotesi da realizzare "particolarmente ardua". Nel biennio 2019-2020 gran parte del miglioramento dei conti pubblici è legato alle clausole dalle quali sono attesi introiti per 12,5 miliardi nel 2019 e circa 19,2 miliardi nel 2020. La disattivazione totale della clausola per il 2018 costa oltre 15,7 miliardi. E dall'Europa c'è poco da aspettarsi: "Al momento, a livello europeo - sosteneva l'Upb a febbraio scorso - non sembrano esistere margini per la concessione di ulteriore flessibilità nei prossimi anni".