La crescita del Pil stimata all'1,5% per quest'anno e nel biennio successivo non consentirà all'Italia di recuperare il gap con gli altri Paesi, né il terreno perduto durante gli ultimi 20 anni.
E' l'analisi dell'economista Luigi Guiso, professore all'Einaudi Institute for Economics and Finance (Eief), fondazione finanziata dalla Banca d'Italia, alla luce del quadro macroeconomico e di finanza pubblica aggiornato dal governo.
Perdiamo sempre più terreno rispetto all'Europa
"E' una ripresa debole - spiega Guiso in un colloquio con l'AGI - e l'Italia rispetto ad altri Paesi sta perdendo terreno, ogni anno che passa si allontana di un punto percentuale dalla media dell'Europa. Durante la crisi si è allontanata di due punti percentuali all'anno rispetto alla media europea". L'economista giudica in linea le stime di crescita indicate dal governo nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. "La crescita dell'1,5% per quest'anno è un dato abbastanza credibile e consolidato, ci potrebbero anche essere sorprese al rialzo nei mesi successivi. E' un tasso di crescita che sta all'interno della storia recente pre-crisi di questo Paese" ma, osserva, "è al di sotto delle nostre potenzialità e rispetto alla mole di problemi che ha questo Paese è un tasso di crescita basso, appena appena sopra il trend precedente la crisi finanziaria". Tuttavia, aggiunge, "quando un'economia è in ripresa si tende a sottostimare la crescita. Quindi mi aspetto che nei prossimi mesi ci possa essere anche un risultato migliore di quello che si anticipa oggi".
Per cominciare a recuperare dovremmo crescere del 3%
Per Guiso, "che l'Italia cresca poco ormai è un dato assodato". Un aumento del Pil dell'1,5%, spiega, "è tanto rispetto a perdere un punto e mezzo di crescita ogni anno, ma è poco rispetto al tasso in cui l'Italia dovrebbe crescere, non solo per mantenere invariata la distanza con gli altri Paesi ma per recuperare quello che ha perso durante la crisi e negli ultimi 20 anni. Il problema dell'Italia è un problema di bassa crescita persistente. L'Europa cresce al 2,2% in media, per mantenere invariata la posizione relativamente agli altri Paesi europei il nostro dovrebbe crescere al 2,2%. E per recuperare il terreno perduto avrebbe bisogno di un tasso di crescita annuo del 3%".
Quanto alle previsioni per gli anni successivi, chiarisce il professore, si tratta "sempre di estrapolazioni di quello che sta accadendo oggi: nessuno ha uno schema sufficientemente consolidato per poter prevedere a due-tre anni. E' vero per il governo italiano e per gli organismi internazionali. Si riescono a fare stime relativamente affidabili a un anno distanza nella speranza che nel frattempo non ci siano grossi shock". Guiso giudica "ragionevole" aver portato l'indebitamento netto programmatico all'1,6% nel 2018 a fronte dell'1,2% indicato ad aprile (con una correzione strutturale dello 0,3% e non piu' dello 0,8%).
Il pareggio di bilancio? Se va bene non prima del 2020
"Il disavanzo dell'Italia è contenuto. Abbiamo un problema serissimo di debito ma le due cose ovviamente non sono indipendenti. Un Paese che ha un debito enorme non può accumulare grandi disavanzi, altrimenti il debito esplode. Tutto questo dibattito sui decimali dei disavanzi è il massimo di politica fiscale che l'Italia si possa concedere. La politica dei decimali lascia il tempo che trova, non serve ad alleviare né il problema del debito né i problemi dell'economia. Abbiamo il terreno marcato in una sola direzione: il disavanzo lo dobbiamo tenere basso e dobbiamo preoccuparci di creare avanzi per riportare il debito verso il basso. Quello che possiamo fare è prendere un po' di tempo e posporre l'aggiustamento dei conti".
Pertanto, osserva Guiso, "il pareggio di bilancio slitterà al 2020, anche al 2025. Fintanto che la ripresa non si sarà abbastanza consolidata, l'Italia continuerà a procrastinare la velocità di rientro del debito e a tenere disavanzi appena al di sopra di quello che altrimenti avrebbe adottato. Bisognerebbe avere dei surplus, ma gli avanzi non sono fattibili perché la situazione economica è pesante, quindi si fanno disavanzi e si procrastina il pareggio di bilancio".
"Nessun dubbio" rispetto alla capacità del governo di bloccare l'aumento dell'Iva e delle accise che scatterebbe dall'anno prossimo. "Il problema delle clausole di salvaguardia ce lo stiamo portando dietro e viene sempre trovata una soluzione tampone per evitarla. Penso che questo tutti i governi riescano a farlo". Quanto alle coperture, "da quale pezzo del bilancio le tirino fuori fa parte del dibattito politico. L'esecutivo vedrà quali sono i margini in cui riescono a recuperare maggiormente e che sono politicamente meno sensibili. Immagino - conclude - che contino anche su qualche decimo di crescita in piu' e maggiori entrate fiscali".