Solo il 20% delle aziende italiane ha adottato soluzioni di intelligenza artificiale nei settori marketing e comunicazione. Ma solo una su cento ha abbracciato una tecnologia matura. Tra imprese evolute e altre che fanno ancor fatica a comprendere cosa significhi "intelligenza artificiale", sta emergendo un "AI-Divide" che i ritardatari potrebbero pagare.
Lo afferma un'indagine presentata all'Università Iulm nel corso del convegno "Big Data & AI: The Future of Marketing", realizzata dall'Osservatorio Italiano sull'Artificial Intelligence Marketing e promossa dall'Executive Master Iulm in Data Management & Business Analytics. Anche se rivolta al marketing, la ricerca ha toccato diversi settori (dalle banche all'automotive), scattando quindi un'ampia fotografia del rapporto tra imprese e intelligenza artificiale. Il 36% del campione dichiara di aver cominciato da poco la sperimentazione di tecnologie e servizi o di averla pianificata nei prossimi 12 mesi. Ma resta un fetta del 44% che dice di non prevedere alcun investimento nel settore.
Pochi sanno che farsene dell'Intelligenza artificiale
Emerge, prima di tutto, una scarsa consapevolezza. Se il 74% delle aziende sa che l'intelligenza artificiale può essere impiegata anche nel campo del marketing e della comunicazione, solo la metà delle 128 intervistate ne conosce il significato più corretto e completo (l'abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana). L'altra metà confonde la tecnologia con alcune delle sue applicazioni più immediate: big data, chatbot, robot. Una visione, in parte distorta (o comunque limitata) che si riflette sulla prassi: Il 56% usa l'AI per l'assistenza virtuale (bot e chat), mentre il 44% comincia a coniugarla con la gestione e l'utilizzo dei (big) data aziendali.
E solo il 16% con l'automazione dei processi di distribuzione. È proprio la scarsa comprensione del fenomeno il maggiore freno: le aziende non adottato l'intelligenza artificiale più per "scarsa cultura interna" (nel 48% dei casi) che per mancanza di risorse economiche e umane (41%). Agrodolce è anche il dato sugli investimenti: chi ha investito nell'intelligenza artificiale, dedica al settore meno del 5% del budget di comunicazione e marketing. Anche se otto aziende su dieci affermano di voler aumentare la quota nei prossimi 12 mesi. Un dato che va di pari passo con la soddisfazione delle imprese: il 29% afferma di aver avuto risultati superiori alle attese e il 63% in linea. Anche se le potenzialità sono ancora imbrigliate da una visione ristretta: molto spesso però (nel 46% dei casi) i progessionisti di AI sono relegati al comparto informatico.
Un sistema italia a due velocità. È già Ai-divide per le imprese
I risultati, sottolinea la ricerca, fanno "intravedere - prevedibile e molto preoccupante - un sistema impresa a due velocità dove quello che si sta delineando è un vero e proprio "AI-Divide": da una parte, una piccola minoranza di imprese stanno affrontando con il giusto approccio le incredibili possibilità che i sistemi di IA possono offrire a tutti i livelli dell'organizzazione aziendale; dall'altra, la maggioranza appare incerta, poco consapevole o convinta che tale tecnologia non sia per loro". "L'auspicio - ha affermato Guido Di Fraia, ideatore e direttore scientifico del Master Dmba e responsabile dell'Osservatorio Iulm sull'Artificial intelligence marketing - è che tutti gli attori in campo possano intensificare al massimo gli sforzi per ridurre sul nascere l'AI-Divide e contribuire a quello che potrebbe rappresentare, per il nostro Paese, un vero e proprio rinascimento imprenditoriale".