Con la guerra dei dazi che inevitabilmente è finita in "guerra valutaria" tutti hanno da perdere, Usa, Cina ed Europa: "Entra in squilibrio tutto il sistema dei traffici" e dei cambi. A dirlo il presidente della Consob, Paolo Savona, in un colloquio con l'Agi in cui sottolinea che la "soluzione" al problema del deficit di bilancio non è certo quella di imporre tariffe ma bisogna "sedersi intorno a un tavolo e decidere cosa fare". Cosa che non è stata fatta nel 1971 quando "non fu inserito nello Statuto del Wto che chi vuol partecipare nel commercio mondiale, a parità di condizioni, deve avere lo stesso regime di cambio".
Savona poi sottolinea che la reazione dei mercati non è stata "drammatica": ci sono stati "piccoli aggiustamenti". Per ora comunque le Borse "restano ovviamente nervose perché non si riesce a capire bene dove porti questa situazione". Ma una cosa è certa, dice il presidente Consob, "la politica del ritorno alle tariffe, cosa che sta facendo Trump e anche il resto del mondo per certi versi, è un'iniziativa che cambia le relazioni economiche internazionali che erano orientate alla globalizzazione" ed ora sono in una "posizione di deglobalizzazione".
"Esattamente in giugno scorso nel discorso al mercato - spiega Savona - ho preannunciato qualcosa che gli economisti ben conoscono: tutte le guerre commerciali, cioè quelle fatte operando sui dazi, finiscono in guerre valutarie ed è esattamente quello che sta accadendo. Quando Trump decide di porre dei dazi riducendo le esportazioni del Paese che lo patisce, come in questo caso la Cina, la reazione della bilancia dei pagamenti è duplice: puramente di mercato, nel senso che perdendo le esportazioni va in passivo e quindi la sua moneta si svaluta, oppure sono le stesse autorità che decidono di intervenire.
La dichiarazione ufficiale del governatore della Banca cinese è che loro non sono intervenuti e che la svalutazione dello yuan è una svalutazione spontanea di mercato, spetta ai tecnici scoprire se effettivamente è stato cosi'". Riguardo a chi rischia di più in questa circostanza e chi verrà più penalizzato Savona non ha dubbi: "Tutti hanno da temere anche gli Usa", nonostante le parole del presidente Donald Trump che oggi ostenta sicurezza sottolineando che l'America è in "una posizione di forza".
Perché tutti sono coinvolti nella guerra valutaria tra Usa Cina
"Rischiano tutti - prosegue - perché tutti restano più o meno coinvolti in questa situazione. Il problema è il rapporto dollaro e yuan ma si riflette anche nei rapporti tra euro e dollaro. Entra in squilibrio tutto il sistema dei traffici, per quanto riguarda esportazioni e importazioni e valutario per quanto riguarda i rapporti di cambio". Sulla capacità dell'Italia di reagire Savona rassicura che "sapremo reagire. Evidentemente il primo impatto sarà sui profitti degli scambi mondiali, cioè può reagire il Paese, può reagire l'esportazione riducendo i prezzi e quindi compensando gli eventuali svantaggi nel cambio. Naturalmente anche da questo punto di vista questo tipo di reazione di aggiustare i profitti ha dei limiti oltre il quale non conviene più commerciare".
Il presidente della Consob tiene a sottolineare inoltre che il problema va ricercato lontano nel tempo: "Bisogna risalire al 1971 quando gli Stati Uniti decisero di non convertire più il dollaro in oro, secondo gli accordi di Bretton Woods del '44. In quell'occasione l'errore che fu commesso fu quello di non inserire nello Statuto del Wto che chi vuol partecipare nel commercio mondiale a parità di condizioni deve avere lo stesso regime di cambio. Hanno consentito alla Cina di mantenere i cambi fissi o intervenire quando vogliono che si chiamano 'cambi' sporchi (come è probabile in questo caso) e gli altri Paesi, come l'Europa, hanno deciso di avere le aeree valutarie fluttuanti. In teoria la Bce non può intervenire quindi che cosa succede nell'ombra è molto difficile da comprendere".
Le Borse europee e Wall Street hanno reagito negativamente per poi rimbalzare ma Savona evidenzia che non hanno avuto una flessione "drammatica", ci sono stati "piccoli aggiustamenti". Tuttavia per ora, dice, "i mercati sono ovviamente nervosi perché non si riesce a capire bene dove porti questa situazione". Trump, evidenzia Savona, "iniziò questa politica di piccola chiusura o ritorsione rispetto al resto del mondo per aggiustare il grave deficit di bilancio dei pagamenti. Io seguo tutti i giorni le statistiche ed è vero che finora grandi aggiustamenti non li ha ottenuti. Vuol dire che il discorso non si può risolvere a colpi di tariffe o a colpi di svalutazioni e movimenti valutari ma bisogna sedersi intorno a un tavolo e decidere cosa fare quello che non è stato fatto nel 1971".
Negli anni '90, conclude Savona, "con fatica eravamo riusciti a cercare di creare un mercato unico mondiale dove tutti siamo legati agli stessi interessi: spero che il mondo trovi la saggezza per ritornare a quella situazione".