Luigi Gubitosi è il nuovo amministratore delegato di Tim. Napoletano, 57 anni, è stato votato da 9 consiglieri su 15, ovvero dagli indipendenti eletti dalla lista che Elliott aveva presentato all'assemblea del 4 maggio, mentre lui stesso si è astenuto. Contro il nuovo amministratore delegato si sono espressi i 5 consiglieri in quota Vivendi.
È la prima volta nella storia della prima compagnia di telecomunicazioni del Paese che il capo azienda non viene nominato all'unanimità dal board. A pesare lo scontro tra i primi due soci del gruppo, Vivendi (23,9% del capitale) e da Elliott (9% circa). Uno scontro che lo scorso 13 novembre ha portato al siluramento del Ceo uscente, Amos Genish, rimasto in cda come consigliere targato Vivendi.
Il manager israeliano non ci sta e al termine del board ha parlato "di un altro capito triste per la storia" del gruppo, una pagina che "divide i due principali azionisti" e ha chiesto che venga convocata un'assemblea "entro la fine dell'anno o al massimo a inizio 2019".
Gubitosi non ha perso tempo e in poche righe ha tracciato già un percorso cui attenersi:
"Tim ha una grande storia e un capitale umano da valorizzare per vincere la sfida del mercato, incrementare la generazione di 'cash flow' per ridurre il debito ed esaminare con attenzione e velocità il progetto per la costituzione di una rete unica".
Non è stato agevole l'iter con cui è si è arrivati alla nomina dell'attuale commissario di Alitalia: prima il 'forfait' di Rocco Sabelli che ha messo in discussione l'unanimità tra i membri targati Elliott, poi il braccio di ferro tra Gubitosi stesso e il favorito iniziale, Alfredo Altavilla, spalleggiato da altri due consiglieri; infine il passo indietro dell'ex braccio destro di Sergio Marchionne che ha spianato la strada all'ex numero uno di Wind.
Diversi i fronti caldi che dovrà affrontare immediatamente il nuovo amministratore delegato di Tim, alle prese dal cronico problema del debito e da margini sempre più risicati per la telefonia, anche a causa dell'arrivo sul mercato degli operatori low cost. Sul tavolo i dossier relativi alle cessioni di Persidera e della 'delicatà Sparkle, oltre alla possibile valorizzazione della controllata Inwit. Da capire anche le mosse su Tim Brasil, l'ultimo 'possedimento coloniale' coloniale del gruppo, ripetutamente battezzato strategico da tutti i recenti vertici, e non sono pochi (con Gubitosi siamo al quarto amministratore delegato in meno di mille giorni).
Il fronte più caldo, in ogni caso, sembra essere senza dubbio quello legato alla rete, con il governo che spinge per la fusione tra i network di Tim e Open Fiber per creare un player unico, preferibilmente nelle mani statali, come ha affermato il vice premier Matteo Salvini: "A volte meglio pubblico a volte meglio privato. Dove passano dati sensibili italiani io preferisco che ci sia controllo pubblico".