L’acquisizione di Fitbit da parte di Google ha sollevato parecchi dubbi su quello che potrebbe succedere una volta che nelle mani di Mountain View arriverà l’enorme quantità di dati raccolti dai dispositivi venduti dall’azienda californiana. Dubbi condivisi anche dal Garante della privacy italiano Antonello Soro che all’Agi ha spiegato come la tendenza a concentrare un patrimonio informativo enorme nelle mani di pochi colossi del web sia un pericolo per la privacy dei cittadini, ma anche per le democrazie.
Google ha sborsato per Fitbit, che ha venduto finora circa 25 milioni di dispositivi per controllare e analizzare l'attività fisica delle persone, 2,1 miliardi di dollari.
Un business incentrato sui dati
Il business di Fitbit ruota intorno ai dati. Raccoglie ed elabora dati in tempo reale per darci informazioni sulle reazioni del nostro corpo a un'attività fisica. Sono i dati che più di tutti promettono guadagni alle aziende che li posseggono: quelli sulla salute delle persone. Il mercato dei big data nel campo dell'healtcare è di circa 20 miliardi di dollari; si stima nel 2025 ne varrà 70.
Gli orologi intelligenti di FItbit da anni raccolgono informazioni su quanti passi fa ogni giorno chi li indossa, quanta e quale attività fisica svolge, quante ore dorme, se è un sonno corretto, peso e variazioni di peso, in alcuni casi cosa si mangia e quanto, battito cardiaco a riposo e sotto sforzo, pressione; un’imponente quantità di informazioni.
Ora, tutti questi dati apparterranno a Google. E insieme a questi, tutti quelli che arriveranno in futuro in un mercato in rapida ascesa. Per gli esperti di big data una cosa è certa: più dati saranno raccolti, migliore sarà la loro qualità, più valore avranno.
Google ha chiarito subito che non ha intenzione di usare quei dati per le pubblicità. E che tutti i dati raccolti saranno soggetti alle politiche sulla privacy di Google. Fitbit consentirà a Mountain View di entrare nel mercato dei dispositivi per il fitness visto che nel mercato software c’è già con il sistema operativo Wear Os, usato da decine di aziende, compresa Fossil, Asus, Huawei.
Cosa farà Google con i dati di Fitbit?
Ma anche con le rassicurazioni sulla pubblicità alcune questioni rimangono aperte. Come userà Google questi dati che arriveranno da Fitbit e dalle future generazioni di dispositivi? Modificherà i risultati delle ricerche in relazione a dove ci troviamo? Ci suggerirà meglio dei negozi nei pressi della nostra posizione? O dei ristoranti dove mangiare cose che sa che ci piace mangiare? O costruirà nuovi prodotti per la salute in collaborazione con cliniche o istituzioni?
Fitbit possiede dati molto personali sui suoi utenti. In pratica, quasi tutto ciò che riguarda la nostra salute. Ora, se proviamo a immaginare questi dati uniti al resto delle cose che Google già sa dei suoi utenti (ricerche online, desideri di viaggi, comprare o meno un nuovo appartamento, mail), il risultato è che nelle mani del gigante californiano potrebbero presto esserci un quadro piuttosto completo della vita di un individuo. Con quali conseguenze è difficile prevederlo.
L'ascesa di Google nel mercato dei dati
Negli ultimi 15 anni, Google ha comprato più di 200 aziende. Tra queste YouTube, Waze e una società che produce dispositivi per le case intelligenti, Nest Labs. Tutte aziende che contribuiscono a far crescere in maniera determinante la quantità di dati che Google ha sulle vite di chi usa uno dei suoi servizi - senza dimenticare i circa 2,5 miliardi smartphone e tablet che montano Android, il suo sistema operativo. Una quantità enorme di informazioni.
Solo per citare un esempio del valore di questi dati, lo scorso settembre Google ha segnato un accordo decennale con Mayo Clinic, no profit che gestice 70 cliniche negli Stati Uniti; fornirà tecnologie per la raccolta e l'analisi dei dati dei pazienti. Le cliniche sono alla ricerca di nuovi strumenti tecnologici per la diagnosi e la cura dei pazienti, e tutto passa attraverso la gestione dei dati. Una corsa che coinvolge anche Amazon e Microsoft. Per il Wall Street Journal si tratta di una rivoluzione epocale.
Una rivoluzione che però allarma. Come ricordava Soro all’AGI, l'accumulo di dati nelle mani di poche grandi aziende va in direzione opposta a quella indicata dalla risoluzione del Parlamento europeo nel 2017, che è contraria a questi processi di aggregazione - il Commissario europeo Margrethe Vestager ha ingaggiato da anni una dura battaglia contro il colossi del web.
Ma è anche contraria a una parte della politica americana, che negli ultimi anni ha accusato i giganti del web di aver costruito dei monopoli in grado di minare alle basi la libera concorrenza e l’innovazione. Elizabeth Warren, tra i candidati democratici più accreditati per sfidare Donald Trump nel 2020, ha fatto della necessità di spacchettare le big tech uno dei punti centrali del suo programma elettorale.