Google ha annunciato di aver costruito un computer quantistico in grado di risolvere calcoli più velocemente del più potente computer oggi in commercio. È la prima volta che accade. Chi ha avuto modo di leggere un documento apparso venerdì e poi rimosso dal blog ufficiale del motore di ricerca, ha letto che il processore sviluppato dei ricercatori di Mountain View avrebbe risolto in 3 minuti un calcolo che il Summit di Ibm, attualmente la macchina più potente al mondo, avrebbe potuto risolvere in non meno di 10.000 anni.
La società avrebbe così ottenuto per la prima volta quella viene chiamata la “supremazia quantistica”, cioè la capacità di un processore quantistico di risolvere problemi altrimenti non risolvibili se non con calcoli che necessitano tempi di elaborazione enormi: “Questo esperimento rappresenta il primo calcolo computazionale che può essere risolto solo da un processore quantistico”, si leggeva nel documento.
Google a distanza di 24 ore dalla messa online del documento non ha smentito la notizia che il Financial Times è riuscito a dare prima la pagina fosse rimossa. Ma che la società fosse vicina alla supremazia quantistica era qualcosa di cui molti erano già piuttosto certi. Ora manca ancora l’ufficialità, come manca la validazione della comunità scientifica. Ma oggi è lecito pensare che quello che fino a qualche anno fa era poco più di un progetto teorico, cioè che fosse possibile creare un computer con la logica della fisica quantistica e non con quella della fisica classica in grado di battere un computer commerciale su un problema 'specifico', oggi sia una realtà.
“La notizia è da accogliere con cauto ottimismo. Quello che lascia intendere però è che ci sono le condizioni per la supremazia quantistica”, commenta ad Agi Raffaele Mauro, managing director di Endeavor Italia. “Da quello che risulta dal paper di Google, sembra che il il computer quantistico sia stato in grado di risolvere un problema di complessità enorme in duecento secondi. Questo però non vuol dire che possa risolvere tutte le tipologie di problemi. E ovviamente nemmeno che a breve avremo personal computer quantistici”.
Cos’è un computer quantistico e come funziona
Un computer quantistico usa le leggi della meccanica quantistica per fare i calcoli e risolvere problemi. Se i computer classici hanno come unità fondamentale il bit e la logica binaria (fatta di successioni di 0 e 1), i computer quantistici hanno il qubit, che grazie alla sovrapposizione di strati quantistici possono ‘essere’ 0 e 1 contemporaneamente, in strati diversi. Il numero di stati che può rappresentare un qubit è enormemente superiore ai due stati 0 e 1. Mettendo insieme più qubit il numero di stati possibili elaborati nel tempo aumenta enormemente.
Un esempio: immaginate di cercare la parola ‘quantistico’ in un documento. Anche se non ce ne accorgiamo, il computer classico procede riga per riga a cercare quella parola. E la trova un numero x di volte in un’unità di tempo. Il computer quantistico è come se avesse davanti tutte le pagine del documento contemporaneamente, su ‘strati’ diversi, riducendo di molto i tempi di risoluzione dell’operazione richiesta. Questa capacità, che può risultare non fondamentale nella ricerca di una parola nel testo, può esserlo se il problema da risolvere è molto più grande. Come il calcolo risolto dal computer di Google.
Un altro modo per immaginare un qubit - secondo un fisico intervistato da Wired - è la sfera: se i bit classici possono essere in due posizioni della sfera, i poli opposti, un qubit è come se rappresentasse tutti gli stati della la superfice della sfera nel suo complesso contemporaneamente.
Storia dell’idea di un computer quantistico
“L’idea di un computer quantistico nasce negli anni 80. Alcuni fisici e matematici hanno cominciato a chiedersi: siamo nell’era dell’informazione, ma come sarebbe un computer in grado di seguire le logiche della fisica quantistica invece che quelle della fisica classica?”, ricorda Mauro, che al tema ha dedicato alcune pubblicazioni. Cominciano i primi esperimenti. “Negli anni 90 vengono scritti i primi algoritmi che potrebbero essere risolti sfruttando logica e potenza di computer quantistici”. Siamo ancora nel campo delle ipotesi. “Poi nel 2000 comincia la competizione vera dei gruppi di ricerca, pubblici e privati. Nascono le prime startup che costruiscono i circuiti quantistici. I qubit non sono più roba teorica. Nell’ultimo decennio i primi computer e una sfida che ora coinvolge le più grosse società informatiche al mondo. L’annuncio di Google sembra aver posto fine a questa sfida. E aperto una nuova era”.
Cosa succede ora?
Ma cosa può succedere ora? “Il problema che hanno risolto potrebbe avere nell’immediato qualche implicazione nei processi di ottimizzazione e nella crittografia. I problemi di ottimizzazione sono molto diffusi nell’industria e nella finanza, dalla logistica all’analisi dei dati. Immagino implicazioni nel lungo periodo nel machine learning (apprendimento delle macchine). Ma nel breve termine potrebbero essere risolti problemi complessi di chimica, o simulare nuovi materiali, farlo coi computer quantistici sarebbe interessante perché simulano sistemi quantistici loro stessi. Potrebbero arrivare da queste ricerche nuovi farmaci, per esempio”, ipotizza Mauro
Eppure difficile pensare che domani avremo un computer quantistico in casa: “La cosa più verosimile è che questi servizi per ora saranno accessibili nel cloud. Amazon, Google e Microsoft nel prossimo periodo potrebbero erogarli da lì”. In che modo? “Magari un’azienda ha bisogno di trovare un materiale per costruire qualcosa. Sarebbe un caso di problema complesso da risolvere: trovare il materiale perfetto per un compito particolare. L’azienda potrebbe non avere un computer quantistico suo ma allacciarsi al cloud, immettere i dati e fare in modo che il cloud computing li elabori. Ma per i consumatori diretti al momento non vedo molte possibilità di averne uno”, continua Mauro. “Anche perché si tratta di tecnologie costosissime, che lavorano a temperature vicine allo zero assoluto”. Insomma, c’è da aspettare.
Il contributo dell’Italia
Stati Uniti, Cina e Europa hanno già da qualche anno cominciato a creare delle istituzioni dedicate al quantum computing. E l’Italia sta facendo la sua parte: “Il nostro paese in questo momento ha molti svantaggi, ma note di primo livello: una scuola di fisica molto buona, con il primo centro italiano di quantum computing creato dalla collaborazione tra ICPT, Sissa e Università di Trieste, oppure le ricerche condotte da alcuni ricercatori del Cnr di Milano. Ma anche manager di primo livello, come Simone Severini che è il capo del Quantum computing di Amazon”, conclude.