Carlo Calenda nega che si tratti di una ritorsione contro la decisione di Parigi di nazionalizzare i cantieri navali di Saint Nazaire, per evitare che Fincantieri, come da gara internazionale regolarmente vinta, ne assuma il controllo. Ma l'effetto dell'apertura di una verifica sul ruolo di Vivendi, uno dei campioni nazionali transalpini, nell'azionariato di Tim resta quello: far vedere alla Francia che anche l'Italia sa mostrare i muscoli per difendere le aziende di importanza strategica. Anche a costo di ricorrere al "golden power", ovvero ai poteri speciali che consentono al governo di blindare una società qualora sia in pericolo l'interesse nazionale. "Facciamo quello che il governo deve fare, cioè applicare le regole che esistono", glissa il ministro dello Sviluppo Economico, "abbiamo chiesto a Palazzo Chigi di verificare se c'è l'obbligo di notifica sull'attività di direzione e coordinamento di Tim da parte di Vivendi".
Perché Vivendi è nel mirino
Lo scorso 18 aprile l'Autorità per le Comunicazioni aveva stabilito che Vivendi ha "un'influenza dominante" su Tim, della quale controlla il 23,9%, e viola pertanto la legge Gasparri, che non consente di gestire una quota del Sic, il Sistema integrato delle Comunicazioni, superiore al 10%. Quota che il gruppo controllato da Vincent Bolloré supera ampiamente, detenendo allo stesso tempo il 28,8% delle azioni e il 29,9% dei diritti di voto di Mediaset. Vivendi deve quindi scegliere e abbassare la propria partecipazione in uno dei due colossi italiani.
Telecom o Mediaset? Il dilemma di Bolloré
Nella stessa giornata che ha visto Calenda invocare il golden power, scrive Il Giornale, la stessa Agcom ha bocciato il piano per Mediaset di Bollorè, che aveva proposto di abbassare sotto il 10% i diritti di voto conservando il pacchetto azionario intatto. Per l'autorità non basta, Bolloré deve vendere. E in fretta, per evitare una sanzione tra il 2% e il 5% del proprio fatturato. L'attendismo del finanziere bretone aveva le sue ragioni. Se Tim avesse venduto la rete o Mediaset avesse ceduto Premium, la quota di Vivendi nel Sic sarebbe scesa, consentendo di rientrare nei parametri della Gasparri. Nessuna delle due operazioni è però andata in porto e Vivendi si trova dunque in una situazione di illegalità. Situazione che nei giorni scorsi ha portato sia l'Antitrust che la Consob - leggiamo sul Sole 24 Ore - a perquisire gli uffici di Telecom, alla ricerca di indizi sulle poco trasparenti trame di Vivendi.
La vicenda sarebbe quindi tornata sotto i riflettori in questi giorni anche senza lo sgambetto di Macron a Fincantieri. Però è altrettanto vero che l'istruttoria per verificare la possibilità di ricorrere al 'golden power' in merito a Telecom è stata un'iniziativa di Calenda. "Che sia stato il Mise a chiedere il passaggio formale", osserva La Repubblica, lo conferma una nota di Palazzo Chigi.
Cosa prevede il 'golden power' e perché Calenda lo ha invocato
"Qualora sia in gioco una azienda strategica", spiega La Repubblica, "la legge prevede che gli eventuali cambi di controllo debbano essere notificati alla Presidenza del consiglio entro dieci giorni o in ogni caso prima che divengano effettivi. Nel settore delle comunicazioni, con poteri speciali l'esecutivo potrebbe mettere un veto sulle operazioni riguardanti asset che risultassero strategici, oppure porre particolari condizioni. Per accedere alla golden power, dall'istruttoria dovrebbe emergere un possibile 'grave pregiudizio' per gli interessi pubblici legati al buon funzionamento della rete di telecomunicazione".
La "pistola fumante" che ha consentito di avviare l'iter è una frase contenuta nel comunicato diffuso da Tim lo scorso 27 luglio, nel quale, il cda "prende atto dell'inizio dell'attività di direzione e coordinamento da parte di Vivendi". Una frase impossibile da ignorare, considerando che proprio le divergenze con l'azionista francese avevano in quei giorni portato l'amministratore delegato, Flavio Cattaneo, a rassegnare le dimissioni. Le sue deleghe nel frattempo sono passate "temporaneamente" al presidente esecutivo della compagnia, Arnaud de Puyfontaine. Ovvero, l'amministratore delegato di Vivendi.