Il divario salariale tra uomini e donne in Europa è ancora talmente ampio che è come se dal 1 novembre fino a fine anno le donne lavorassero gratis. Pochi progressi sono stati compiuti tanto che la situazione è molto simile a quella del 1995 quando, secondo un’analisi del Financial Times, il divario di retribuzione si attestava attorno al 25%.
E’ un’ingiustizia scioccante e inaccettabile che le donne nel 21esimo secolo lavorino ancora gratis due mesi all’anno
Oggi il fossato si è assottigliato in linea generale, ma alcuni Paesi ‘big’ registrano ancora numeri infelici. A iniziare dalla Gran Bretagna, ad esempio, che ha prodotto nel 2015 la peggiore performance degli ultimi anni, passando dal 19,7% al 20,8%. Numeri che fanno del Paese il secondo posto peggiore in cui lavorare per le donne tra le grandi economie europee. Con un divario del 22%, la prima è la Germania che si attesta anche al terzo posto nella classifica europea. Secondo un rapporto della Commissione, l’Italia registra un divario del 5,5.
“E’ un’ingiustizia scioccante e inaccettabile che le donne nel 21esimo secolo lavorino ancora gratis due mesi all’anno”, ha dichiarato Vera Jourova, capo della commissione Ue per la giustizia, i consumi e la parità di genere. “Il progresso procede lentissimo. Dobbiamo accelerare il passo. La discussione sul divario salariale non può essere ancora un tabù”. Il divario retributivo incide sul reddito femminile lungo tutto l’arco di vita: guadagnando meno degli uomini, anche durante la pensione, le donne sono più esposte al rischio di povertà in vecchiaia.
Gli uomini continuano a dominare il mondo del lavoro con una fortissima presenza nelle posizioni più prestigiose e meglio retribuite. In particolare, il gap aumenta soprattutto in alcuni settori. In Francia, ad esempio, il divario si assesta al 30% nel mondo della finanza, mentre in Germania si raggiunge il 31% nel campo scientifico. In generale, in Europa, solo il 6% delle donne siede sulla poltrona dell’ammistratore delegato.
Perché succede?
Il divario retributivo di genere . si legge in un rapporto della Commissione europea, è un fenomeno complesso, imputabile a una serie di fattori interconnessi e che riflette ampie disparità di genere ancora oggi presenti nell’economia e nella società.
- Le discriminazioni sul posto di lavoro: A volte le donne sono pagate meno dei loro omologhi maschili anche quando svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari grado. Oltre alla cosiddetta 'discriminazione diretta', consistente in un trattamento meno favorevole di cui le donne sono il principale bersaglio, esistono pratiche o politiche che, sebbene non concepite con l’intento di discriminare, finiscono per generare asimmetrie salariali di genere. La legislazione dell’Unione vieta entrambi questi tipi di discriminazione, che si rinvengono però ancora oggi in determinati ambienti di lavoro.
- Le differenze di mansioni e di settori: Le donne e gli uomini trovano spesso lavoro in settori diversi e svolgono mansioni differenti. Nel settore sanitario, per esempio, le donne rappresentano ben l’80% della forza lavoro. I settori a prevalenza femminile hanno in genere salari più bassi di quelli a prevalenza maschile. Le donne, sulle quali ricadono in molti casi la cura dei figli e mansioni domestiche non retribuite, lavorano in genere di meno e cercano impiego in settori o professioni compatibili con la vita familiare. Per questo motivo si orientano più facilmente verso formule di lavoro part-time, tendono a ricoprire posizioni scarsamente retribuite e non assumono posti manageriali.
- Le pratiche lavorative e i sistemi di retribuzione: Le pratiche invalse negli ambienti di lavoro, soprattutto per l’avanzamento di carriera e le opportunità di formazione, finiscono anch’esse per incidere sulla retribuzione delle donne. Le donne sono spesso discriminate dai sistemi di incentivazione del personale (bonus, premi di produzione o altri incentivi monetari) o dalla composizione della busta paga, discriminazioni che si verificano spesso come conseguenza di fattori storici e culturali. Questo insieme di elementi finisce per formare il cosiddetto «soffitto di cristallo» che impedisce alle donne di raggiungere le posizioni più remunerative.
- Professionalità spesso sottovalutate: Le competenze e le capacità delle donne sono spesso sminuite, soprattutto nei settori dove sono maggiormente rappresentate. Questa svalorizzazione incide negativamente sulla busta paga. Molto spesso i lavori fisici svolti tradizionalmente dagli uomini sono ritenuti superiori a quelli esercitati dalle donne: un magazziniere guadagnerà per esempio di più di una cassiera di supermercato.