La quarta tappa della FIGM è iniziata ufficialmente il 13 giugno, data in cui i ricercatori si sono spartiti tra le due città. Ad Hong Kong la delegazione del master ha partecipato a un primo incontro, tenutosi presso il co-working space Campfire, sul futuro del cibo. Tra gli altri, il convegno è stato sponsorizzato da FourEverGreen HK (azienda che vende prodotti realizzati tramite colture idroponiche) ed Eco-Business (la più grande community asiatica di modelli di business sostenibili). Dopo essersi spostati alla Hong Kong Polytechnic University (PolyU), gli studenti hanno preso parte a un workshop legato alla Food Innovation e agli sviluppi del mercato asiatico patrocinato dalla Italian Chamber of Commerce HK.
La Food Innovation Global Mission (FIGM), la missione ufficiale patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, è arrivata alla sua quarta tappa dell’edizione 2018, dividendo i 16 ricercatori del master Food Innovation Program (FIP) tra Hong Kong e Tokyo. Nelle due grandi metropoli asiatiche gli studenti hanno avuto modo di conoscere diverse iniziative e di continuare a discutere dei 4 cardini su cui si concentra la Global Mission: Future Of Proteins, Future Food Services, Sustainable Systems e Agroinnovation.
Il 15 giugno la delegazione del master, guidata dalla ricercatrice della UC Davis Chiara Cecchini, ha preso parte alla Hong Kong Food Hackathon, iniziativa della PolyU in cui diverse figure professionali hanno ragionato su nuove idee imprenditoriali in ambito foodtech (combinate con le opportunità del digitale e dell’Internet of Things) in tre giorni divisi tra momenti di brainstorming e workshop aziendali. Tra i vari speech tenutisi durante l’hackathon di grande interesse è stato quello di Unigrà, azienda ravennate che si occupa di sostenibilità e innovazione tecnologica nel mondo agricolo e che ha lanciato la sua linea di drink a base vegetale OraSì. Al termine dell’hackathon gli studenti del master, dopo un’attenta riflessione sui 4 temi alla base della loro formazione, hanno presentato in un breve pitch il loro progetto di Food Innovation.
Le attività della delegazione di Tokyo sono iniziate all’entrata negli headquarters della sede locale di Google. Qui i ricercatori hanno preso parte a un workshop dedicato a sostenibilità, innovazione agricola e futuro del cibo, cardini del Food Innovation Program. All’incontro hanno preso parte Andrea Carapellese di UNIDO ITPO Italy (l’agenzia ONU che si occupa di sviluppo industriale e tecnologico) e Sara Roversi, settlor di Future Food Institute.
Al termine della giornata di formazione, la delegazione del Food Innovation Program a Tokyo si è spostata nella notte al Tsukiji Fish Market, dove ha potuto assistere a un’asta di tonni a pinne blu e ha ragionato sugli sprechi della lavorazione del pesce (come ha scritto Sara Roversi, solo il 14% delle plastiche usate in tale mercato giapponese viene riciclato) e sulla pesca intensiva dei tonni, che sta creando numerosi danni all’ecosistema dell’Oceano Pacifico.
Gli studenti del master sono poi entrati nel 3x3lab Future di Tokyo, uno spazio di co-working che, come spiega il Future Food Institute dalla dalla sua pagina Facebook, “mira ad essere molto più di un ufficio, bensì un luogo in cui stabilire connessioni utili e confortevoli”. Qui i ricercatori della Global Mission hanno reincontrato i rappresentanti di UNIDO ITPO Italy e hanno conosciuto numerose realtà aziendali di grande impatto nel mondo della sostenibilità ambientale e sociale. Tra queste ricordiamo DesignMuse, azienda che usa il design raffinato e high-tech per promuovere l’interscambio socio-culturale tra Italia e Giappone.
Il 19 giugno i ricercatori si sono riuniti ad Hong Kong per il Digital Meetup, evento organizzato dal Future Food Ecosystem assieme ad Intesa Sanpaolo (banca che, grazie all’iniziativa Innovation Center, ha sostenuto diversi progetti legati allo sviluppo e all’innovazione d’impresa) e ad Anna Romagnoli della Italian Chamber of Commerce HK. Nel corso dell’incontro con diversi rappresentanti di start up e istituzioni si è parlato di sostenibilità alimentare, proteine del cibo e agroinnovazione, rispondendo in merito alle migliori idee o alle best practices legate ai temi in questione.
Nei giorni successivi Tokyo è stata teatro di diverse visite da parte dei ricercatori del master. Realtà che hanno coinvolto ed entusiasmato gli studenti sono state il PASONA Group (società di recruitment che al 12° piano della sua sede ha voluto installare una urban farm, nella quale, a pochi metri di distanza dagli uffici e dai meeting aziendali, pascolano in tranquillità maiali e mucche), la Kanto Gakuen University (dove si stanno avviando sperimentazioni agricole a ridotta manipolazione umana) e il Farmer’s Market at UNU (mercato nella sede della United Nations University in cui si possono comprare diversi prodotti ortofrutticoli dagli agricoltori che li hanno piantati e fatti crescere).
Ad Hong Kong, invece, un’altra parte della delegazione ha concluso la sua prolifica tappa incontrando Jimmy Tao, fondatore di Vitargent (azienda che usa una piattaforma/detector per la sicurezza dei cibi che consumiamo quotidianamente partendo da sostanze contenute negli embrioni dei pesci) e David Yeung di Green Monday, start-up che si occupa di sostenibilità ambientale nei consumi alimentari e che cura ad Hong Kong il Restaurant Program, in cui sono inseriti più di 1000 ristoranti che offrono menu salutisti e vegetariani con il supporto della società di Yeung. Al fondatore di Green Monday è stata anche regalata una T-shirt prodotta da EcoAlf (azienda che riutilizza i rifiuti marini per creare capi d’abbigliamento). La scritta, ovviamente, era Because there’s no planet B, il claim di EcoAlf che anche Green Monday ha sposato nella sua lotta all’inquinamento e agli sprechi alimentari.
Oltre a loro, di grande interesse è stato anche l’incontro con E-farm, azienda di Hong Kong che si occupa non soltanto di produzione biologica, ma di ricreare un ecosistema naturale (basato su principi di economia circolare e sostenibilità ambientale) in cui vengono allevate diverse specie animali (tra cui insetti e rane) e vengono realizzati workshop, seminari e incontri con bambini e adulti per sensibilizzarli al tema della protezione ambientale.
Sempre restando ad Hong Kong, i ricercatori hanno potuto conoscere la realtà di Dyelicious, una piccola azienda a conduzione familiare nata nel 2013 con un unico obiettivo: dare nuova vita agli scarti alimentari facendoli diventare colori per tessuti e oggetti. A partire da una miscela-base di zucchero, sale e aceto, Eric Cheung e Winnie Ngai (i due fondatori di Dyelicious) aggiungono diversi ingredienti per ottenere il colore rosso (dal legno), giallo (dalla cipolla e dallo zenzero), viola (dal cavolo) e grigio (dal té). La loro azienda, che è riuscita negli anni a recuperare ben 6 tonnellate di cibo avanzato, vende i suoi tessuti e i suoi colori e insegna ai suoi clienti come usarli per le loro sperimentazioni casalinghe.
Il doppio appuntamento di Hong Kong e Tokyo ha senz’altro preparato il terreno per affrontare nuove sfide nel continente asiatico. L’intera delegazione sarà nei prossimi giorni a Shanghai, città fulcro dell’economia cinese, per continuare la sua Global Mission, come sempre, all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità.