Dopo lo stop, se momentaneo o definitivo ancora non si sa, alle nozze fra Fca e Renault, è iniziata una giornata difficile per i titoli delle due case automobilistiche e specialmente, nelle prime battute, per quelli del gruppo francese. Il "j'accuse" lanciato da Fiat Chrysler Automobiles che, dopo il nuovo tentativo di prendere tempo del casa automobilistica transalpina, si è sfilata dall'operazione perché in Francia "mancano le condizioni politiche" per proseguire con successo in un'integrazione da 33 miliardi di euro, costa a Renault un calo di poco meno del 7% nella prima ora di contrattazioni; limita invece le vendite Fca, che lascia sul terreno lo 0,5%.
Al termine della seconda riunione del cda in due giorni, con un consiglio andato avanti per oltre 6 ore, Renault attorno a mezzanotte ha fatto sapere di non essere stata in grado "di prendere una decisione a causa della richiesta manifestata da rappresentanti dello stato francese di posticipare il voto ad un altro consiglio". Il Governo francese "prenderà atto" del ritiro dell'offerta e assicura di aver sempre lavorato "in modo costruttivo" su questo progetto, ha detto stamattina il ministro dell'Economia di Parigi, Bruno Le Maire, che nelle scorse settimane ha più volte incontrato il presidente di Fca, John Elkann, forte del suo ruolo di primo azionista di Renault.
"Non appena questa offerta è stata fatta, il governo, azionista al 15,1% di Renault, l'ha accolta con apertura e ha lavorato in modo costruttivo con tutte le parti interessate", ha aggiunto il ministro in una dichiarazione, sottolineando che era stato raggiunto un accordo su tre delle quattro questioni principali al tavolo negoziale prima che si interrompessero. E infatti, sia secondo indiscrezioni sia secondo le parole pesate da altri membri del governo transalpino, la porta potrebbe anche riaprirsi.
Al momento Fca in ogni caso starà alla finestra: il gruppo di Torino è infatti convinto che "della stringente logica evolutiva di una proposta che ha ricevuto ampio apprezzamento sin dal momento in cui è stata formulata e la cui struttura e condizioni erano attentamente bilanciati al fine di assicurare sostanziali benefici a tutte le parti".
Fca ha dunque espresso la propria gratitudine ai vertici di Renault ed ai suoi partner Nissan e Mitsubishi "per il loro costruttivo impegno in merito a tutti gli aspetti della proposta". Nei giorni scorsi da Parigi, per acconsentire alla fusione, erano arrivate una serie di richieste: una sede "operativa" Fca-Renault in Francia, garanzie sui siti industriali, sull'occupazione e un peso importante nella governance della capogruppo che si sarebbe creata in Olanda.
Da parte sua il gruppo italiano, come sottolineano fonti vicine all'operazione, era convinto che ci fossero "tutte le condizioni per raggiungere un voto positivo" da parte del board di Renault, così da poter far decollare un accordo formale; al tempo stesso le "nuove esigenze" espresse dal governo francese e la "posizione improvvisa e incomprensibile" portata in cda hanno fatto naufragare il possibile matrimonio, che avrebbe creato il terzo gruppo mondiale del mondo dell'auto. "Speriamo che la porta non si sia chiusa", ha detto il ministro del budget francese Gerald Darmanin, secondo cui oltralpe sarebbero pronti a riesaminare nuove proposte. "Le discussioni potrebbero ripartire in un futuro", ha aggiunto.