È "molto probabile", secondo l'esperto Giuseppe Corasaniti, professore di diritto tributario all'Università di Brescia e allievo di Victor Uckmar, che si arrivi a un accordo fra Fca e Agenzia delle entrate per la riduzione a un terzo della sanzione ipotizzata per aver sottostimato il valore di Chrysler.
Come ha spiegato il tributarista all'AGI, "appare molto probabile che il gruppo Fca riesca ad addivenire, al pari di quanto accaduto solo qualche mese fa nella vicenda riguardante il fondo Kering, ad un accordo con l'Agenzia delle Entrate in sede di accertamento con adesione, un procedimento amministrativo che, da un lato, consente al contribuente di usufruire (quantomeno) di una riduzione ad 1/3 delle sanzioni amministrative dovute, e, dall'altro, di beneficiare degli effetti premiali previsti ai fini penali".
Secondo l'Agenzia delle Entrate, ha riepilogato Corasaniti, il gruppo Fca avrebbe sottostimato di 5,1 miliardi di euro il valore degli asset sottostanti la società Chrysler, oggetto di acquisizione nel 2014. "Il caso riguarda l'acquisizione, durata cinque anni, da parte di FCA del Gruppo americano proprietario dei marchi Chrysler, Dodge, Jeep e Ram, che culminò nella (ri)strutturazione societaria attuale: il trasferimento della sede legale di FCA in Olanda e della sede fiscale in Regno Unito", ricorda il professore.
"In Italia, allorquando una società ivi residente decida di trasferire la propria sede all'estero, è prevista l'applicazione di una c.d. "exit tax", cioè un'imposta dovuta sulla plusvalenza derivante dalla differenza tra il valore di mercato ed il costo fiscalmente riconosciuto delle attività e passività che fuoriescono dal regime d'impresa per effetto del verificarsi di una delle fattispecie che realizzano il presupposto impositivo", sottolinea.
"La rideterminazione del valore di Chrysler da parte dell'Agenzia delle Entrate - spiega il professore - che ritiene essere pari a circa 12,5 miliardi di euro, in luogo del valore dichiarato da FCA pari a 7,5 miliardi di euro, avrebbe quale conseguenza il recupero a tassazione della plusvalenza da "exit tax" non dichiarata da FCA a suo tempo al momento del trasferimento della sede all'estero, con consequenziale versamento di un'imposta, oltre interessi e sanzioni, pari a circa 1,5 miliardi di dollari".
Secondo Corasaniti, "si tratta di una cifra elevatissima che, tuttavia, potrebbe sensibilmente ridursi al ricorrere di determinate circostanze, ossia nel caso in cui la società disponga di perdite pregresse oggetto di potenziale compensazione ovvero nel caso in cui si raggiunga un accordo con l'Agenzia delle Entrate in sede di accertamento con adesione". "Saranno dunque i prossimi mesi - ha concluso il tributarista - a svelare se FCA riuscirà a trovare un accordo con il Fisco italiano, versando quello che potrebbe essere il più elevato importo della storia italiana ovvero se la vicenda finirà avanti ai Giudici tributari".