È come se, dopo aver allestito la vetrina per anni, Facebook cominciasse a costruirci intorno un negozio. Dietro la vetrine ci sono le nostre relazioni, gusti, amicizie, ma anche prodotti. Adesso si potrà comprarli direttamente. È un po' questo il senso di Globalcoin, la moneta virtuale che il gigante californiano preme per farsi approvare dalle autorità americane e che dovrebbe lanciare nei prossimi 20 giorni. Non sarà una moneta di Internet, non sarà una semplice funzione in più. Ma l’approdo di un percorso che dura da qualche anno e che coinvolgerà i tre miliardi di utenti di Facebook, il miliardo e mezzo di Instagram e l’altro miliardo e mezzo di WhatsApp.
I social network da luoghi in cui comunicare a 'e-commerce diffuso'
Dopo gli scandali degli ultimi anni, il fondatore e amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg, 35 anni, ha deciso negli ultimi mesi di cambiare pelle ai suoi social network: più spazio alle interazioni private, ai gruppi, meno ai post pubblici. È stata la prima risposta, annunciata agli inizi di quest’anno, per venire incontro alle richieste dei governi che cominciavano a sospettare che il social network potesse diventare una minaccia per la tenuta dei regimi democratici.
Ma dare più spazio alle interazioni private comporta una conseguenza: gli inserzionisti potrebbero trovare molto meno conveniente pagare per fare pubblicità sul social. “L’idea di farsi una moneta è solo un modo per creare un nuovo flusso di ricavi prevedendo una diminuzione dagli introiti della pubblicità”, spiega all’AGI Vincenzo Cosenza, tra i massimi esperti italiani di social network.
Il sistema bitcoin è sembrato il più adatto, e a Manlo Park non ci hanno messo troppo a trovare una soluzione: una criptovaluta per comprare e vendere direttamente sul social, basata su tecnologia blockchain, ma non decentralizzata e ‘instabile’ come le altre. Queste cripto vengono chiamate ‘stablecoin’ e Facebook ha voluto legare la sua al dollaro.
“Basare la moneta su una blockchain è un modo per dire agli utenti di fidarsi, che non tutto sarà nelle mani della società. Facebook ha un grosso problema di fiducia per via degli scandali legati alla privacy degli utenti”, continua Cosenza, “e credo abbia deciso di affidare la gestione di questa blockchain ad una fondazione terza per ovviare a questa mancanza di fiducia”. Una fondazione fatta da chi gestirà i nodi della rete. I nodi sono i controllori degli scambi che avvengono all’interno della blockchain. I registri diffusi che validano le transazioni. Secondo alcune indiscrezioni raccolte da The Information i nodi dovrebbero essere 100 e per controllarne uno (il che garantisce una minima provvigione sulle transazioni validate) servirà sborsare circa 10 milioni di dollari.
La creazione di un grande Mall virtuale
“Zuckerberg finora ha offerto a tutti una vetrina. Ora quella vetrina diventerà una piattaforma di e-commerce”, continua Cosenza. “I primi segnali già li abbiamo avuti. Se Instagram comincia a modificare l’algoritmo per far vedere prima i post degli influecer, oppure consente alle aziende di sponsorizzare i post degli influenze, vuol dire che la strada è segnata. I social stanno cambiando pelle. La mia impressione è che diventeranno come dei Mall virtuali”. O, detto altrimenti, posti dove ci si può anche andare per chiacchierare e mangiare un gelato, ma a patto di farlo tra una spesa e l’altra in una giornata dedicata allo shopping. Meno piazza virtuale dove discutere, scontrarsi, magari mistificare notizie di cronaca e politica, ma più luogo di passaggio tra un negozio e un altro.
Se la moneta da pagare prima era la nostra attenzione, catturata da contenuti forti, a tratti violenti nei modi e nei linguaggi ma necessari per tenerci incollati allo schermo, adesso la moneta da pagare è moneta virtuale, da spendere scegliendo prodotti in una vetrina infinita. “Il modello non è nemmeno del tutto nuovo. È quello che in Cina fa già WeChat. Solo che lì è tutto centralizzato e da WeChat puoi interagire con negozi ma anche con la pubblica amministrazione. Per Facebook il percorso sarà più lungo. E una criptovaluta è solo un primo passo per testare se questo possa funzionare, se i suoi utenti si fidano a far gestire al colosso le transazioni finanziarie”, conclude Cosenza.
Ma Globalcoin non sarà una moneta di Internet
Zuckerberg ha deciso di chiamare la sua moneta Globalcoin. Di fatto, seppur ancorata al dollaro, è una moneta che potrà valere in tutto il mondo per l’acquisto di beni e servizi. Qualcuno si è affrettato a commentare che è la realizzazione di sogno antico, datato anni Novanta: creare una moneta indipendente di Internet. Ma è un’interpretazione che convince in pochi: “Non scherziamo, gli anni 90 erano estremamente più liberi di oggi, non c’è alcun paragone possibile tra l’idea di una moneta globale di Internet e il Globalcoin di Zuckerberg”, spiega ad AGI Giacomo Zucco, consulente ed educatore su Bitcoin per Bcademy. “Nella mossa di Facebook ci vedo solo marketing. Per come stanno le cose al momento potrà solo fare concorrenza a PayPal o a servizi come Transferwise o come l’italiana Satispay. Certo ha un vantaggio notevole rispetto agli altri: un grafo sociale su cui può far leva”, ovvero gusti delle persone, reti sociali, propensione agli acquisti, necessità. “Sono asset che Facebook ha già in mano e che le daranno qualche cartuccia in più sulla concorrenza”, ma “sono sicuro che non riuscirà a fare quello per cui ha fallito PayPal negli anni Novanta”. Sempre che l’obiettivo sia quello
Gli ultimi dieci anni del Novecento videro un grande fermento di startup finanziarie con il sogno di creare una valuta digitale da usare in Internet e slegata dalle autorità centrali. La stessa PayPal di Peter Thiel e Elon Musk nacque con questa idea: una moneta da utilizzare online ovunque, verso ovunque. Ma Thiel e Musk non avevano fatto i conti con un trend che si è affermato in maniera piuttosto stabile negli ultimi decenni: gli Stati hanno applicato regole sempre più stringenti al trasferimento di denaro, ufficialmente per contrastare terrorismo e riciclaggio di denaro. PayPal fu costretta a cambiare obiettivo, e da valuta di Internet diventò un sistema di pagamento online, ma sotto il controllo delle autorità centrali. Altre società, come E-gold, furono costrette a chiudere. “PayPal si salvò solo perché dal punto di vista normativo gli fu imposto di replicare tutte le limitazioni dei sistemi bancari tradizionali, diventando una semplice moneta di scambio online, ma non una valuta indipendente. Lo stesso Thiel ammise che PayPal è stato un fallimento. L’obiettivo di creare una valuta di Internet non gli riuscì. Ma ci riuscì anni dopo Bitcoin”, spiega Zucco.
Eppure la moneta di Zuckerberg di Bitcoin sembra non avere nulla. Certo, si basa su una blockchain, ma non aperta e distribuita. Piuttosto è controllata, da uno o centro controllori della rete staremo a vedere. “Facebook non farà meglio di PayPal o degli altri esperimenti falliti o fatti fallire negli ultimi decenni. Farà una moneta interna per lo scambio di denaro o gli acquisti, ma ritengo assai improbabile che saranno concesse libertà tali a Zuckerberg da mettere a rischio le norme anti riciclaggio o le politiche monetarie degli Stati, mentre scambi di beni e servizi saranno totalmente tracciabili”.
Il Globalcoin di Zuckerberg arriverà entro giugno. Sembra oramai certo che sarà ancorato al dollaro. Le istituzioni finanziarie americane, stando alle premesse, non avrà problemi ad accettare la richiesta di Manlo Park. Il negozio è quasi completato. Il registratore di cassa a breve comincerà a segnare le prime transazioni. Il perimetro si chiuderà e dentro ci saranno venditori, acquirenti e circolante. Ed è probabile che comincerà una nuova era dei social network.
Twitter: @arcangeloroc