Se guardiamo ai nuovi impegni assunti, senza dubbio alla COP26 di Glasgow ci sono stati dei passi avanti. Dal WEO 2021 della IEA, pubblicato prima della Conferenza, emergeva che il mondo era in linea con un aumento delle temperature di 2,1 gradi centigradi entro fine secolo. Dopo Glasgow, il riscaldamento globale dovrebbe limitarsi a 1,8 gradi centigradi. Ovviamente, solo se tutti gli obiettivi prefissati saranno raggiunti. E come se non bastasse, l’implementazione degli impegni non è sufficiente.
Il NetZero Report della IEA sottolinea giustamente che la collaborazione internazionale deve essere portata a nuovi livelli. L’Accordo di Parigi e le successive intese COP e UNFCCC hanno messo in luce l’urgenza di mitigare il cambiamento climatico. All’articolo 2.1 dell’Accordo di Parigi si legge che la definizione dei contributi determinati a livello nazionale deve avvenire in linea con l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei due gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali e di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi. Inoltre, in base all’Accordo di Parigi, il raggiungimento dei target climatici fa leva su un processo bottom-up.
Al di là della mitigazione dei mutamenti climatici, l’obiettivo generale è promuovere la transizione alla sostenibilità e il rispetto dei confini planetari. L’obiettivo di sviluppo sostenibile 7 riguarda la fornitura di “energia pulita e accessibile” a 8,5 miliardi di persone entro il 2030. Le conseguenze della pandemia mettono più che mai in luce quanto sia importante favorire una crescita sostenibile. In tutto il mondo le autorità cercano di definire piani a favore della ripresa.
Nell’ambito delle transizioni energetiche si assiste a variazioni incrementali, ad esempio in termini di efficienza energetica, svolte strutturali, si pensi all’abbandono del carbone, e cambiamenti sistemici ascrivibili a elettrificazione e digitalizzazione. Al contempo, nel periodo di transizione deve essere garantita la sicurezza dell’approvvigionamento di combustibili fossili, pur senza perpetuare il sistema energetico esistente. Per di più, i processi in atto coinvolgono attori a tutti i livelli e in tutti i segmenti della filiera di generazione dell’energia, dai produttori ai consumatori finali. In ogni caso, a livello globale le strade seguite per la transizione energetica appaiono estremamente diverse, tanto in termini di punto di partenza quanto di punto di arrivo, velocità e componenti.
Le transizioni implicano incertezza e imprevedibilità poiché alterano profondamente l’equilibrio tra domanda e offerta sui mercati tradizionali, influenzano i modelli di business e modificano l’economia politica dell’energia. In ogni caso, tanto sul fronte della transizione energetica quanto su quello della governance energetica è presente una base da cui partire. Le autorità politiche di tutto il mondo si trovano di fronte a un’impresa titanica: rendere il sistema energetico più sostenibile e rispettoso del clima.
Gestire la transizione energetica: un’impresa titanica
La gestione della transizione energetica odierna non ha precedenti in ottica storica: in passato le transizioni energetiche hanno riguardato il passaggio da una fonte di energia (legna, carbone, petrolio, elettricità) a un’altra. E sono state innescate da invenzioni rivoluzionarie (motore a vapore, motore a combustione, lampadine). Le nuove tecnologie hanno avviato anche una svolta sistemica che ha avuto effetti profondi su società, economie, culture e organizzazione politica. Le transizioni passate tuttavia sono avvenute “in maniera organica”, vale a dire in linea con i cicli di vita delle tecnologie e con i cicli di innovazione, senza che si attribuisse troppa rilevanza all’effetto lock-in. Pertanto, stavolta la transizione energetica deve avvenire in maniera rapida e rigorosa.
Dal 2010 circa in avanti assistiamo all’affermazione di un nuovo modello di gestione basato su “obiettivi e target”. Quanto alla governance, gli obiettivi per la transizione energetica sono stati fissati dall’ONU tramite l’SDG 7 (al 2030) e, in maniera vincolante, dall’Accordo di Parigi (al 2050). Quest’ultima intesa si è tradotta in una serie di impegni regionali e nazionali per un’economia climate neutral entro il 2050 (p.e. Ue e USA) o carbon neutral entro il 2060 (p.e. Cina, Russia e Arabia Saudita) o entro il 2070 (India).
Nella loro totalità, gli impegni nazionali e i contributi determinati a livello nazionale dovrebbero contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comune. Tuttavia, i meccanismi e le istituzioni sottostanti appaiono piuttosto fragili e in generale fanno leva su informativa periodica, monitoraggio costante e graduale revisione al rialzo delle ambizioni. Perché questo modello di governance possa funzionare è fondamentale l’attuazione di misure di politica energetica mirate a livello nazionale/regionale e persino locale. Ne consegue una netta divergenza tra gli interventi promossi nei vari Paesi e aree geografiche. Il risultato è un alto livello di incertezza e imprevedibilità circa la strategia futura dei diversi attori e l’interazione reciproca su scala regionale e globale. Anche se il punto d’arrivo è definito, non è stato raggiunto alcun accordo sulla tipologia, sulle tempistiche e sulla sequenza delle misure inerenti a soluzioni e vettori energetici specifici.
Il fatto che le misure di politica energetica abbiano carattere trasversale e siano connesse non solo alle politiche climatiche e ambientali, ma anche a quelle economiche e industriali non è una novità. Al pari di digitalizzazione e intelligenza artificiale, quindi, la transizione energetica si inserisce anche nella rivoluzione industriale. La gestione della transizione energetica su più livelli rappresenta una vera e propria sfida e occorrerà essere all’altezza. L’attuale struttura di governance in ambito energetico è antiquata, pertanto non è al passo con la mutevole definizione del concetto di sicurezza (energetica) e neppure adatta alla gestione di (molteplici) transizioni energetiche in linea con l’SDG 7 e l’Accordo di Parigi.
Gestire la nuova realtà energetica mondiale
La transizione energetica modificherà radicalmente l’universo globale dell’energia. La generazione di valore non dipende più in primo luogo dalla disponibilità di combustibili fossili come carbone, petrolio o gas, quanto piuttosto dalla conversione delle risorse in energia/servizi per l’utente finale. Sarà sempre più difficile beneficiare di rendite derivanti dalle riserve di combustibili fossili per via della svalutazione dei giacimenti; per contro, assisteremo a una crescente creazione di valore a valle della filiera energetica e nei servizi. I profitti dipenderanno dalla disponibilità e dall’utilizzo di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Il nuovo sistema sarà più elettrificato, digitalizzato, orientato alla domanda e distribuito.
Il sistema energetico odierno fa affidamento su singoli settori (elettricità, edilizia, trasporti, industria), tutti caratterizzati da un mix dominante di combustibili (fossili) (Goldthau et al., 2018). Nel sistema del futuro i settori (elettricità, industria, riscaldamento e raffreddamento, trasporti e mobilità) saranno accomunati dal ricorso a elettricità e molecole pulite. In seguito alle trasformazioni in atto nel sistema, si verificherà una delocalizzazione della produzione e della domanda. Inoltre, i confini del sistema energetico esistente appaiono sempre più labili.
In ogni caso, l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile rappresentano prima di tutto una realtà mondiale da cui trarre vantaggio. Tale ubiquità è positiva per la sicurezza energetica e consente anche di plasmare comunità energetiche e trovare intese (nuove) sul fronte politico. La connettività sarà definita politicamente, facendo riferimento alle interdipendenze esistenti, alleviando sensibilità e vulnerabilità di vecchia data e creandone di nuove.
Quanto detto vale in particolare per le reti elettriche di vario tipo (centralizzate, decentrate) e dimensioni (locali, nazionali, trans/continentali). Sull’argomento citiamo “Grid Communities” (Scholten, Daniel (2018)): The Geopolitics of Renewables. Cham: Springer International Publishing (61). Si ritiene che il contributo dell’idrogeno sarà fondamentale per la decarbonizzazione di settori ad alta intensità di combustibili fossili. L’idrogeno e i suoi derivati saranno al centro della rivoluzione industriale e al contempo creeranno nuove catene del valore transfrontaliere, che a loro volta avranno un impatto su siti industriali, cluster e linee di produzione. Ancora una volta, i modelli commerciali e produttivi emergenti non sono determinati tanto dalla geologia, quanto piuttosto dalle scelte politiche.
Naturalmente i trend di cui sopra non sono esaustivi. Non abbiamo a disposizione una pallottola d’argento, pertanto per garantire l’allineamento globale agli obiettivi climatici e di sostenibilità occorreranno un mix tecnologico che comprenda tra gli altri soluzioni per l’efficienza energetica, energie rinnovabili, transizione a nuovi carburanti, nucleare e CCUS e – soprattutto – un cambio di comportamento da parte della collettività. Nel presente saggio, il riferimento a tali componenti chiave ha l’obiettivo di mettere in luce due grandi sfide legate alla gestione delle transizioni energetiche globali. In primo luogo, la governance in ambito energetico deve riguardare i nuovi segmenti in ascesa, non necessariamente disciplinati dagli organi di governance esistenti. In secondo luogo, assume grande rilevanza la governance dei flussi, in particolare in presenza di punti di contatto tra infrastrutture strategiche come le reti elettriche e di telecomunicazione. Una “rete” di governance è importante in riferimento non solo ai flussi, ma anche ad attori aziendali, organizzazioni non governative e società civile. Di conseguenza, l’attività di governance si inserisce in una realtà sempre più complessa.
Per i Paesi OCSE e industrializzati, la sfida consiste nel garantire la sicurezza energetica nel sistema in essere, senza però perpetuarlo, e al contempo nell’accelerare i cambiamenti incrementali, strutturali e sistemici. D’altro canto, le sfide che interessano altre parti del globo, ad esempio il Sud del mondo, sono molto diverse. Il focus sui membri dell’OCSE, tuttavia, consente di determinare i limiti, le carenze e le problematiche sul fronte della governance. La IEA – l’organizzazione tradizionalmente responsabile della sicurezza energetica – è riuscita ad ampliare sia il focus che l’ambito geografico di attività. La transizione energetica implica una ridefinizione dei rapporti di forza e modifica l’economia politica a livello nazionale e internazionale. Crea quindi vincitori e vinti e può comportare a una maggiore instabilità (regionale). La gestione del “graduale ridimensionamento” del commercio di idrocarburi può contribuire a ridurre le vulnerabilità e a mitigare rischi e costi sui due fronti della catena del valore. Le componenti della transizione energetica – efficienza energetica, energie rinnovabili, idrogeno, CCS – e i cambiamenti comportamentali richiedono approcci di governance su misura e policentrici.
Le diverse velocità della transizione
Gli obiettivi per la transizione energetica sono fissati. Ci si chiede però se tutti gli Stati terranno fede agli impegni presi e se i contributi saranno sufficienti a raggiungere i risultati auspicati. L’impegno a perseguire determinati obiettivi, di per sé, non crea condizioni omogenee, solo l’attuazione di misure concrete porterà a una maggiore sincronizzazione di transizione energetica e modelli di consumo. La lotta al cambiamento climatico solleva interrogativi circa l’equa distribuzione di responsabilità, costi e benefici. Le disuguaglianze, la frammentazione e l’eterogeneità potrebbero acuirsi.
Il problema del divario in termini di velocità della transizione, misure e ambizioni crea un clima di competizione e rivalità. Ai fini della riduzione dei costi e della condivisione di oneri e responsabilità, è essenziale scandagliare l’orizzonte, ipotizzare i possibili scenari e avviare tempestivamente un’attività di engagement.
La governance multilaterale attraversa una fase di crisi e l’impegno a raggiungere determinati obiettivi, piuttosto che ad attuare misure specifiche, si è rivelato una soluzione. Poiché non esistono un copione comune e neppure una pallottola d’argento per la transizione energetica, occorre puntare su approcci non gerarchici, policentrici e politematici in riferimento a determinate aree, coalizioni dei volenterosi e fonti, tecnologie e vettori energetici.
Sebbene una “rete” di governance implichi un approccio multi-stakeholder, lo Stato nazionale conserverà un ruolo centrale per determinate funzioni. L’impegno per la creazione di condizioni eque, un universo energetico regolamentato e un mercato funzionante sarà essenziale per favorire una transizione il più agevole possibile. Occorrerà far fronte a situazioni di opportunismo e reticenza, nonché alla questione dell’egemonia tecnologica. Quanto più il sistema di governance internazionale sarà basato su norme e paradigmi in riferimento a giustizia e solidarietà, tanto più equa sarà la condivisione di costi e benefici.
La cooperazione internazionale deve essere portata a un altro livello mediante la condivisione di best practice e politiche più efficienti, efficaci e inclusive. Come strutturare le best policy in modo da interrompere i rapporti di dipendenza, creare un effetto catalizzatore e connettere al meglio i diversi livelli?
Infine, occorrerà monitorare attentamente due trend fondamentali. In primo luogo, la regionalizzazione darà vita a una governance regionale basata sulla competizione, che accenderà la rivalità tra blocchi energetici, oppure fornirà la base per lo sviluppo di una governance globale? In secondo luogo, la transizione energetica creerà mercati nuovi, competitivi e funzionanti, oppure assisteremo a un aumento del controllo statale su tecnologie strategiche e catene del valore?
* È senior associate del SWP (Stiftung Wissenschaft und Politik), l’Istituto tedesco per gli Affari Internazionali e di Sicurezza.
Il presente testo è una versione abbreviata e aggiornata dell’articolo di Kirsten Westphal, “Global energy governance: meeting the challenge of the energy transition” pubblicato a febbraio 2021 nell’Oxford Energy forum, pubblicazione dell’Oxford Institute for Energy Studies. È stato pubblicato sul numero di dicembre 2021 di WE World Energy. WE World Energy è il magazine internazionale sul mondo dell'energia pubblicato da Eni - diretto da Mario Sechi - che con il suo portato di esperienza e scientificità si è guadagnato una posizione di grande rilievo nel panorama internazionale dei media di settore.