In futuro potremmo avere edifici e abitazioni che si riscaldano in inverno grazie al calore accumulato nelle proprie strutture durante l’estate. Questo grazie a un nuovo materiale appena messo a punto da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla rivista Scientific Reports.
Riscaldare gli ambienti in cui viviamo o lavoriamo è un’esigenza comune nella maggior parte delle aree abitate. L’energia richiesta per questo processo è responsabile di circa un terzo di tutta l'energia finale consumata in Europa e i tre quarti della domanda è fornita da combustibili fossili.
L’idea di un nuovo materiale per l’accumulo di energia termochimica, arriva da un gruppo di studiosi dei dipartimenti di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) e di Energetica (DENERG) del Politecnico di Torino e dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia del CNR (CNR-ITAE).
In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato come sia possibile sviluppare calore idratando il sale inserito nei pori del cemento. Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità in Europa è necessario ridurre i consumi di energia fossile e utilizzare invece sistemi a energia rinnovabile, ma l'integrazione di energia rinnovabile nei sistemi di riscaldamento comporta una discrepanza tra il surplus di energia e i picchi di domanda giornalieri e annuali.
L'energia solare, ad esempio, è disponibile in abbondanza durante i mesi estivi, però la maggior parte del fabbisogno di riscaldamento è in inverno quando alle nostre latitudini il giorno dura di meno. È chiaro che lo sfruttamento massiccio delle fonti energetiche rinnovabili deve integrare lo sviluppo di sistemi di accumulo economici, con l'obiettivo di compensare la discrepanza temporale tra richiesta e offerta di energia. Uno dei possibili modi per conservare l’energia è l’approccio termochimico che, a differenza delle soluzioni più tradizionali, dà la possibilità di immagazzinare calore per un tempo indefinito.
“Provate a sciogliere in un bicchiere di acqua un buon quantitativo di sale, quello che noterete è che il bicchiere con alcuni tipi di sale si scalda e con altri si raffredda. Un fenomeno simile è alla base del nostro materiale, solo che al posto di acqua allo stato liquido noi utilizziamo vapore acqueo senza sciogliere il sale. Il vapore acqueo interagisce con il sale sviluppando calore e, una volta completamente idratato, il sale potrà ritornare alla situazione di partenza eliminando l’acqua che interagisce con il sale semplicemente essiccando il materiale.Questo tipo di reazione è nota da tempo e i materiali ad accumulo termico sono in parte già stati sviluppati, quello che limita il loro utilizzo attualmente è il costo. Ad esempio, una zeolite, che è uno dei migliori materiali dal punto di vista termico, può arrivare a costare fino a diverse decine di euro al kilogrammo. Ciò significa avere un costo insostenibile per stoccare l’energia necessaria a scaldare una stanza o un intero edificio. Il cemento come matrice per ospitare gli idrati salini è un materiale molto interessante, in quanto è ben noto, facilmente disponibile e a basso costo.” spiega Luca Lavagna, assegnista di ricerca del Dipartimento Scienza applicata e Tecnologia del Politecnico e primo autore della ricerca.
La caratteristica innovativa presentata dai ricercatori è proprio l’utilizzo del cemento come matrice per ospitare il sale. Il costo totale dei materiali utilizzati è molto basso e le prestazioni energetiche sono buone: il costo energetico, misurato in €/kWh accumulato, è migliore rispetto alla maggior parte dei materiali attualmente utilizzati. Il nuovo materiale mostra inoltre una straordinaria stabilità anche dopo centinaia di cicli. Questo lavoro può rappresentare il primo passo verso la creazione di una nuova classe di materiali compositi per l’accumulo di energia termochimica a cui nessuno aveva pensato prima.