Tra una decina di anni i nostri figli e nipoti potrebbero comprare un’automobile elettrica alimentata ad idrogeno o potrebbero andare essere già andati a scuola su autobus alimentati grazie a celle di combustibile. Mentre a noi potrebbe capitare di andare a lavoro con treni alimentati da batterie ad idrogeno. Anche se per il momento non vediamo molte di queste applicazioni ancora largamente diffuse, come per esempio le auto elettriche con batterie a ioni di litio, non è detto che nel prossimo futuro non vedremo il rapido affermarsi delle tecnologie all’idrogeno. Soprattutto, di quello “green” prodotto cioè grazie all’impiego di fonti rinnovabili.
Ne è convinto Angelo Moreno ingegnere dell’Enea che oltre a lavorare attivamente allo sviluppo delle celle a combustibile, si è anche reso protagonista dell’Hydrogen Tour, il viaggio dimostrativo da Bruxelles a Napoli con due veicoli alimentati a idrogeno. “Ormai - spiega all’AGI Moreno - le tecnologie sono mature per un pieno sviluppo industriale, quello che manca è la forza per superare l’attrito di primo distacco”.
“Se oggi le auto ad idrogeno non sono diffuse è perché c’è un limite intrinseco nella macchina o nella catena di distribuzione dell’idrogeno, ma è semplicemente dovuto al fatto che mancano piani strategici che promuovano questa tecnologia”. Un pò come è successo per le fonti rinnovabili, anche per l’idrogeno servono investimenti che sostengano lo sviluppo di questo settore.
“Tutto questo - spiega Moreno - è successo nel giro di 10 o 15 anni, per questo immagino che tra qualche anno, quando i miei nipoti che oggi hanno tre anni avranno l’età per guidare una automobile, andando dal concessionario per comprare la loro prima macchina, si troveranno a dover scegliere tra un’auto elettrica alimentata da una batteria a ioni di litio e una alimentata ad idrogeno”.
I segnali che questo scenario non sia solo il frutto di una proiezione entusiastica ci sono, anche se è troppo presto per parlare di un vero e proprio rinascimento dell’idrogeno. In tutto il mondo - ed anche in Europa e in Italia - sono sempre di più i progetti e le aziende che cominciano ad avviare iniziative, non solo dimostrative, nel settore dell’idrogeno. Per esempio nella Bassa Sassonia, in Germania, dove ormai da più di un anno sono in servizio treni elettrici alimentati ad idrogeno. O in Olanda, dove tra le province di Groningen, Drenthe e Friesland verrà implementato il progetto HEAVENN, la prima Hydrogen Valley europea, una infrastruttura che punta non solo allo sviluppo di nuove applicazioni nel settore, ma anche, alla produzione su vasta scala di idrogeno verde, derivato cioè da fonti rinnovabili.
Altro paese che ha deciso di puntare sull’idrogeno è il Giappone che nel 2018 ha approvato un piano, la “Basic Hydrogen Strategy” che punta a mettere in strada, entro il 2025 almeno 200.000 auto alimentate ad idrogeno supportate da un rete di almeno 900 stazioni di rifornimento in tutto il paese.
Intanto, Yoshikazu Tanaka, uno dei capi del reparto ricerca e sviluppo della Toyota, ha già annunciato che proprio in occasione delle Olimpiadi del prossimo anno a Tokyo, verrà presentata la nuova generazione della Mirai, l’auto a idrogeno del gigante giapponese che ha già venduto circa 10.000 esemplari.
Un altro esempio, sempre nell’ambito dei trasporti, arriva da Iveco che all’inizio del mese ha presentato “Nikola Tre” il primo camion alimentato ad idrogeno prodotto in Europa (sarà disponibile dal 2023) frutto della joint venture tra Cnh e Nikola, una start up americana all'avanguardia nel settore della mobilità pesante elettrica e a idrogeno.
Anche Scania e Hyundai puntano sul trasporto pesante e la Svizzera ha sottoscritto un accordo proprio con quest’ultima casa di produzione per la fornitura di una flotta di almeno mille camion alimentati ad idrogeno che dovranno circolare tra i Cantoni entro il 2024 Tutti questi progetti sono possibili soprattutto grazie al superamento di alcuni degli ostacoli che impedivano lo sviluppo del settore. Prima di tutto i costi e la durata di esercizio delle celle a combustibile, le pile che trasformano in energia l’idrogeno. “Ora tutti gli ostacoli che già all’inizio degli anni duemila hanno impedito lo sviluppo rapido della tecnologia determinando così una sorta di disillusione nei confronti dell’idrogeno, sono stati superati - spiega Angelo Moreno - e ora lungo tutta la catena di valore dell’idrogeno compreso la produzione, lo stoccaggio, la distribuzione e il suo uso finale, tutte le tecnologie sono ormai tecnologicamente mature per il mercato e alcune di queste sono già entrate nel mercato”. Un esempio eclatante viene dai muletti, le macchine da magazzino per lo spostamento delle merci. “Negli Stati Uniti - racconta Moreno - sono ormai 20-25mila i muletti alimentati a idrogeno in circolazione”.
Che lo scenario sia positivo lo hanno rilevato anche gli analisti di Wood Mackenzie che a ottobre di quest’anno hanno presentato un rapporto per Snam sul futuro dell’idrogeno verde, quello cioè prodotto solo con energia da fonte rinnovabile.
Nei prossimi dieci anni “Il costo dell’idrogeno potrà essere competitivo già entro il 2030 – in anticipo rispetto ad altri mercati europei. Considerando la forte presenza di energie rinnovabili nel nostro paese, l’idrogeno “verde" raggiungerà il punto di pareggio con l’idrogeno “grigio” derivante da gas naturale, 5-10 anni prima rispetto a molti altri paesi, tra cui la Germania. Ciò rende l'Italia il luogo ideale per l’utilizzo su vasta scala dell’elettrolisi”.
Proprio Snam, nell'aprile 2019, per prima in Europa, ha sperimentato l’immissione di un mix di idrogeno al 5% e gas naturale nella propria rete di trasmissione. La sperimentazione, che ha avuto luogo con successo a Contursi Terme, in provincia di Salerno, ha comportato la fornitura, per circa un mese, di H2NG (miscela idrogeno-gas) a due imprese industriali della zona, un pastificio e un’azienda di imbottigliamento di acque minerali. Applicando la percentuale del 5% di idrogeno al totale del gas trasportato annualmente da Snam, se ne potrebbero immettere ogni anno in rete 3,5 miliardi di metri cubi, un quantitativo equivalente ai consumi annui di 1,5 milioni di famiglie e che consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 2,5 milioni di tonnellate, corrispondenti al totale delle emissioni di tutte le auto di una città delle dimensioni di Roma o della metà delle auto di una regione come la Campania.
Al momento, Snam è impegnata nella verifica della piena compatibilità delle sue infrastrutture con crescenti quantitativi di idrogeno miscelato con gas naturale, nonché nello studio di modalità di produzione di idrogeno da elettricità rinnovabile. “Entro fine anno - fa sapere Snam - la sperimentazione verrà replicata, nel medesimo tratto di rete, portando al 10% il quantitativo di idrogeno nel mix fornito alle due imprese coinvolte”.
Uno dei punti deboli che ancora debbono essere risolti - soprattutto in vista di uno sviluppo ulteriore delle tecnologie dell’idrogeno nel settore dei trasporti è legato alla carenza di punti di distribuzione lungo la rete. Senza distributori non si vendono le macchine, ma senza macchine i distributori sono investimenti a perdere.
“L’esempio della Germania è molto interessante - spiega Moreno - perché lì sono stati messi tutti gli attori della filiera intorno a un tavolo e si è deciso di intervenire con un sostegno pubblico a favore della realizzazione dei distributori a patto che le case di produzione delle automobili si impegnassero a mettere in circolazione auto alimentate ad idrogeno.
Ora in Germania c’è una rete di circa cento stazioni di rifornimento e si punta ad averne 400 nel 2024. In Italia è Eni che insieme a Toyota si sta impegnando nella realizzazione di stazioni di rifornimento per veicoli ad idrogeno. Un nuovo impianto per la distribuzione verrà realizzato a San Donato Milanese e un secondo dovrebbe essere realizzato a Venezia dall’Eni in collaborazione con Toyota che metterà a disposizione una flotta di 10 Mirai per ciascun impianto. Nell’impianto di San Donato, l’idrogeno verrà prodotto in loco da fonti rinnovabili e sarà totalmente green.