Alla Fiera di Roma, lungo la via che collega la Stazione Termini e l’aeroporto di Fiumicino, è tornata la Maker Faire, nella sua massima versione europea. Una vetrina internazionale, giunta alla settima edizione, capace di mettere in mostra il meglio della creatività e dell’intraprendenza del movimento maker, nato nel 2006 in California e oggi diffuso ovunque. Un movimento capace di fondere insieme scienza e fantascienza, tecnologia e business, passione e impegno sociale, installazioni gigantesche e minuscole applicazioni. Tra gli stand della fiera hanno fatto capolino prodotti e idee, intuizioni e oggetti, filosofie e comunità.
Maker Faire Rome, oltre ad essere stata pensata per un pubblico di tutte le età, ha rivelato anche quest’anno una triplice anima: quella educativa ed esperienziale, con le scuole protagoniste; quella ludica e d’intrattenimento, con i tanti laboratori proposti; quella commerciale e legata al mondo degli affari. “È incontro, confronto, formazione, divertimento e interazione” si legge sul sito. Difficile spiegarlo meglio di così.
Non è, quindi, una fiera “per addetti ai lavori”. All’interno dei padiglioni si possono trovare invenzioni in campo scientifico e tecnologico, biomedicale, manifattura digitale, internet delle cose, alimentazione, agricoltura, clima, automazione e anche nuove forme di arte. Ma questa non è che la punta di un iceberg il cui sommerso è molto più variopinto. Tutto grazie a una platea di protagonisti assai diversi tra loro ma pronti a dialogare e collaborare verso un obiettivo comune. Dal piccolo artigiano alla grande azienda.
Cosa ha presentato Eni alla Maker Faire
La collaborazione tra le due realtà, iniziata nel 2014, dura ormai da sei anni. Dodici mesi fa, Eni aveva stupito gli avventori della fiera con un grande ristorante circolare capace di sensibilizzare le persone su alcune azioni da mettere in pratica per un futuro più sostenibile:“ridurre, riutilizzare, riciclare”. Un anno dopo la forza del messaggio è rimasta intatta ma è la parola “acqua” ad essere diventata il centro della nuova narrazione.
Il padiglione è sempre il 3, lo spazio occupato supera i 600 mq ed è stato pensato e realizzato, per il secondo anno consecutivo, da uno degli studi di design più importanti e visionari a livello internazionale: quello della Carlo Ratti Associati. Stavolta non c’è un odore di buona cucina ad invadere l’installazione bensì è un colore a dominare l’atmosfera. Il blu del progetto “The Blue Loop”. Il blu del mare e delle onde. Il blu dell’acqua, elemento da preservare e curare con massima attenzione ma che sa regalare energia e, quindi, un futuro più pulito e rispettoso.
Eni ha voluto focalizzare la sua attenzione sui progetti innovativi che l’azienda sta sperimentando per produrre energia attraverso l’acqua e il mare, anche nell’ottica di continuare a impegnarsi in processi di economia circolare, volti a dare nuova vita a rifiuti e materiali di scarto.
La decarbonizzazione attraverso le tecnologie di sfruttamento della più grande fonte di energia rinnovabile: il mare. Il moto ondoso come la forma di energia rinnovabile più concentrata, prevedibile, costante e inutilizzata al mondo
Quest’anno la volontà dell’azienda era quella di portare al centro della Maker Faire l’acqua come simbolo di vita seguendo due strade diverse: da una parte mostrando le tecnologie di Eni volte a produrre energia da questo elemento; dall’altra raccontando l’efficacia di una tecnica agricola diversa da quella tradizionale, l’acquaponica, esempio virtuoso di utilizzo delle materie prime. Uno spazio accogliente, quello di Eni, che si è impegnata per raccontare qual è impatto che l’uomo sta avendo sul pianeta e riflettendo su soluzioni alternative, sempre attraverso un’ottica circolare e di sostenibilità.
Le quattro tecnologie presentate all’interno di “The Blue Loop”
ISWEC (Intertial Sea Wave Energy Converter): È il primo impianto sperimentale al mondo di generazione elettrica integrata da moto ondoso e fotovoltaico. Una “Culla dell’Energia”, con un’anima tecnologica tutta italiana sviluppata grazie al contributo del Politecnico di Torino e di Wave for Energy, capace di convertire l'energia delle onde del mare in energia elettrica..
È composta da uno scafo, largo 5 metri, lungo 10 e alto 1,5, dove all’interno c’è un giroscopio, una massa inerziale. Al suo interno, grazie all’accoppiamento tra il beccheggio dello scafo, dato dall’energia del moto ondoso, e la rotazione del volano è possibile generare energia. È stata collegata elettricamente a una piattaforma gas nell’offshore di Ravenna e con l’installazione di un sistema fotovoltaico ha permesso di sviluppare la prima rete ibrida di generazione onde e sole.
Ma la vera innovazione del sistema ISWEC di Eni e W4E si ritrova in due caratteristiche principali: la possibilità di sintonizzare la macchina in funzione delle variazioni dello stato del mare e quella di non avere – come, invece, accade nella quasi totalità degli altri sistemi di cattura del moto ondoso – alcun componente meccanico mobile immerso nell’acqua, mantenendosi così al riparo da corrosioni e deterioramenti. In un’unica formula: pochissima manutenzione ed elevata efficienza energetica, che si riscontra nel picco di potenza fatto registrare dal prototipo di oltre 51 kW. L’obiettivo è avere interi parchi marini pieni di questi strumenti, capaci di produrre in maniera inesauribile energia pulita e ridurre le emissioni.
Power Buoy: si tratta di un convertitore di moto ondoso per la produzione dell’energia da onde in grado di aumentare l’eccellenza operativa delle attività offshore di Eni. È stata creata dalla società Ocean Power Technologies e misura 13 metri in altezza e 3 in larghezza, per un peso di circa 10 tonnellate. Appare come una sorta di boa semi-sommersa in grado di generare 3 kWatt di potenza elettrica con altissima affidabilità, applicabile anche su mari poco mossi. Gli impieghi futuri sono i più svariati, dalla ricarica di veicoli autonomi sottomarini utilizzati per il monitoraggio ambientale e l’asset integrity (come il Clean Sea di Eni), al monitoraggio e controllo dei sistemi di produzione sottomarina, fino alla raccolta di dati meteorologici e oceanografici. I vantaggi consistono nel ridurre le attività con impiego di personale in mare e quelle di logistica associata al movimento mezzi navali, aumentando in tal modo l’efficienza operativa e gli impatti su salute, sicurezza e ambiente (HSE), riducendo al contempo le emissioni carboniche associate alle attività operative offshore.
È costituito da due parti: una fissa, con ancoraggio al fondale marino, ed una semimobile che grazie al moto sussultorio delle onde si sposta dall’alto verso il basso (un po’ come fa un cavatappi) e genera energia mediante un albero motore. Il tutto viene poi immagazzinato in una batteria pensata per essere utilizzata specificamente su quella struttura. Questa energia così prodotta è quindi poi disponibile per ogni utilizzo. Alla Maker Faire è stata presentata in parallelo ad un drone (che a grandezza naturale misura 4,1,5 m) perfettamente controllabile da remoto.
Biofissazione Intensificata della CO2: riproduce il processo naturale della fotosintesi clorofilliana per la produzione di bio-olio utilizzando solamente microalghe, CO2 e luce solare. È un sistema ad altissima funzionalità che sfrutta la luce artificiale per efficientare la fotosintesi. Eni, ad esempio, ha avviato a Ragusa un impianto sperimentale di nuova generazione per la produzione di bio-olio algale. Si tratta di uno dei primi esempi a livello mondiale di applicazione della tecnologia nel settore Oil&Gas. Il processo si compone di pochi e semplici passaggi: i concentratori solari che si trovano sul tetto dell’impianto concentrano i raggi solari nelle fibre ottiche; l’energia luminosa così concentrata viene condotta dalle fibre ottiche all’interno di 14 fotobioreattori, serbatoi cilindrici alti 5 metri collocati sotto i concentratori solari; all'interno dei cilindri le microalghe ricevono l’energia e crescono in acqua salata fissando la CO2 separata dal gas proveniente dai pozzi del Centro Oli Eni; successivamente l’acqua viene recuperata e purificata mentre la componente algale viene raccolta ed essiccata; dalla farina dell’alga si estrae un olio che potrà alimentare le bioraffinerie di Eni, al posto della carica attuale, costituita da olio di palma. Il bio-olio prodotto è di tipo advanced, ovvero non è in competizione con le coltivazione agricole per uso alimentare. Il bio-diesel ottenibile dal bio-olio algale è di terza generazione.
Place: È il primo esempio nazionale di conversione di una piattaforma in un sistema di acquacultura integrata, in un’ottica di economia circolare a supporto di uno sviluppo sostenibile del mare.
Ancora sulla strada dell’economia circolare
Anche durante questa settima edizione della Maker Faire, l’economia circolare è rimasta uno dei temi centrali per le attività di Eni. Si parla, per trovare una formula, di un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi. L’Italia, come avevamo raccontato in questo dossier, è campione di “circolarità”. Il nostro Paese, infatti, presenta il più basso consumo domestico di materiali grezzi.
L’economia circolare rappresenta la strada principale per imparare a prendersi cura del bene pubblico, delle risorse naturali e dei beni materiali. Eni, alla Maker Faire, ha dedicato a questo tema un’ampia sezione tramite vasche di coltura idroponica, un esempio di coltivazione alternativo e virtuoso, in termini di consumo di acqua e stagionalità della produzione. Un modo efficace per sensibilizzare il pubblico verso la riduzione degli sprechi a tutti i livelli.
Inoltre, sempre in ambito di economia circolare, durante la Fiera è stato lanciato - grazie alla presenza di ApeCar brandizzati - il “Circular Tour”: un viaggio nelle piazze italiane organizzato da Eni e Coldiretti per scoprire come cibo ed energia siano ingredienti indispensabili per il benessere dell’uomo e della terra.