La riduzione nei costi per la produzione di energia solare non basta: servono investimenti, ricerca e sviluppo. A sostenerlo sono studiosi ed economisti del settore energetico in tutto il mondo, preoccupati dal rallentamento osservato nell’implementazione di sistemi di produzione energetica verdi. Come riportato da Bloomberg, le compagnie del settore dell’energia solare spendono solo l’uno per cento dei loro introiti nella ricerca, affossando così le possibilità di crescita del mercato. Nel suo ultimo libro, “Domare il sole, innovazioni per sfruttare l’energia solare e alimentare il pianeta”, Varum Sivaram invita i governi a farsi carico della ricerca per dare impulso al mercato. Secondo Sivaram quattro delle cinque più importanti nazioni per produzione di energia solare - Italia, Grecia, Germania e Spagna - hanno già visto un rallentamento nella conversione all’energia solare, che in Europa si attesta a circa il 16,7% del totale.
In 2018, I'm hoping for reasonable US energy policy (maybe even progress on climate policy) that leads thru international cooperation & understands global markets. Believe it or not, Trump Admin has already outlined such a strategy, we argue in @aminterest https://t.co/Lzdmrszfq4
— Varun Sivaram (@vsiv) January 2, 2018
Per essere certi che l’energia solare abbia un futuro, spiega Sivaram, è necessario che la ricerca tecnologica si intrecci con il rafforzamento dei modelli economici e con politiche governative mirate. Sforzo che difficilmente ci si aspetterà dagli Stati Uniti, dopo che Donald Trump ha deciso di rimuovere dalla sua National Security Strategy (documento che delinea le linee guida del governo) ogni riferimento al riscaldamento globale quale minaccia alla sicurezza nazionale, come precedentemente indicato dall’ex presidente Barack Obama. Nel manifesto politico di Trump, le politiche di regolamentazione delle emissioni sono definite “agenda che va contro la crescita e che quindi danneggia gli interessi economici ed energetici statunitensi”.
Secondo uno studio condotto dall’Università di Lappeenranta (Finlandia), e presentato lo scorso novembre durante la conferenza sulle soluzioni globali per le energie rinnovabili, che si è tenuta a margine della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici di Bonn, una transizione alla produzione di energie rinnovabili al cento per cento sarebbe possibile e più efficace del contenimento dei costi rispetto all’energia fossile e nucleare. Secondo gli studiosi, le tecnologie moderne sono in grado di soddisfare la richiesta globale di energia elettrica entro il 2050, grazie soprattutto agli avanzamenti nel settore dell’immagazzinamento dell’energia.
To limit global warming to below 2°C, #renewables4climate efforts need to increase https://t.co/I55zqtFbUB pic.twitter.com/yGJuBDUkEu
— IRENA (@IRENA) January 4, 2018
Un quadro meno ottimista ma comunque positivo lo offre l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili Irena, che stima sia possibile raggiungere entro il 2050 la soglia dell’80% di energia prodotta in modo pulito. Inoltre, il raggiungimento delle soglie previste dall’Accordo di Parigi sulle emissioni di CO2 comporterebbe un aumento del PIL dello 0,8%, che può essere investito proprio nella ricerca di nuove tecnologie per produrre energia in modo ecologico.