Roma - Prezzo del petrolio in forte calo dopo il nulla di fatto al summit di Doha. I future sul light crude sfiorano i 39 dollari al barile, a 38,90 dollari, perdendo il 3,6%. Dopo il mancato accordo sulla produzione di petrolio tra Paesi Opec e Paesi non membri del cartello, il Wti è arrivato a cedere fino al 6,8%, il peggior crollo da due mesi, mentre il Brent ha lasciato sul campo fino al 7%.
Le borse europee sono deboli e contrastate, con Piazza Affari che annulla le perdite e tenta il recupero spinta dai bancari. I veti incrociati, soprattutto tra i due grandi rivali del Golfo Persico, Arabia Saudita e Iran, hanno impedito di trovare l'intesa che avrebbe permesso di sostenere il rialzo delle quotazioni (scese di oltre il 50% negli ultimi mesi) e di interrompere la spirale ribassista che sta mettendo in crisi le economie di tutti quei Paesi che negli ultimi decenni sono cresciuti soprattutto grazie alle esportazioni. Ora se ne riparlerà a giugno e in questi due mesi ogni Paese potra' regolarsi come ritiene.
E oggi il ministro dell'Energia russo Aleksandr Novak ha puntato il dito proprio contro l'Arabia Saudita e alcuni paesi del Golfo persico come responsabili del mancato accordo. "Ora questo, probabilmente, non è più un segreto: l'Arabia Saudita e una serie di paesi del Golfo persico", hanno fatto saltare il tavolo dei negoziati in Qatar. A detta del ministro, pero', non vi sono prove della teoria secondo la quale dietro l'opposizione di Riad vi sia una possibile influenza americana. Novak ha poi avvertito che la mancanza di un accordo, atteso dal mercato, puo' avere un impatto piuttosto negativo sui prezzi e sul mercato stesso. "Tuttavia - ha aggiunto - riteniamo che questo non escluda i meccanismi di mercato della formazione dei prezzi".
"Crediamo che la porta non sia ancora chiusa" per ulteriori negoziati sul taglio della produzione petrolifera, ma "visto l'acceso dibattito e tenendo in considerazione la posizione del'Iran", "siamo meno ottimisti" circa la possibilità di raggiungere un accordo, ha aggiunto Novak. Per Mosca comunque il prezzo del petrolio a 40-60 dollari al barile nelle attuali circostanze sarebbe "normale" per la formazione del bilancio russo e per la sua industria petrolifera. Novak si è poi detto convinto che il prezzo del petrolio a 40 dollari al barile riflette la reale situazione del mercato. La Russia comunque aderirebbe a un eventuale accordo tra i paesi Opec sul congelamento della produzione di petrolio: "Siamo sempre pronti a comunicare con i nostri colleghi, con i ministri di altri paesi. - ha detto Novak - Se si accorderanno all'interno dell'Opec sul fatto che sia necessario garantire la conservazione dei volumi di offerta e non il loro ampliamento al fine di riequilibrare il mercato, allora noi potremo unirci. Questa è la nostra posizione". (AGI)