"Come mi sento? Mi sento come qualcuno che ha cercato di adempiere il mandato nel miglior modo possibile. Questo è parte della mia eredità: non mollare mai". Nel suo ultimo direttivo, alla viglia del suo addio alla Banca Centrale Europea, Mario Draghi condensa così gli otto anni della sua esperienza come presidente dell'Eurotower che è stata, assicura, "intensa, profonda e affascinante". Quanto al futuro, Draghi ha risposto: "Chiedete a mia moglie, spero che almeno lei lo sappia". E a chi, insistendo, gli chiede se potrà esserci per lui un ruolo in politica, magari come futuro presidente della Repubblica, replica secco: "Non lo so".
Rimpianti? Certamente non quello di aver deciso lo scorso 12 settembre un ampio pacchetto di stimoli monetari: il taglio dei tassi, il riavvio del Qe da 20 miliardi al mese e una forward guidance ampia e flessibile, che non prevede scadenze per questi strumenti straordinari, se non quello di una ripresa della crescita e dell'inflazione. Draghi difende a spada tratta tutti questi strumenti, che oggi il direttivo ha confermato in toto, a partire dai tassi negativi, sui quali, secondo il presidente della Bce, "la valutazione complessiva è positiva". Anche perché, osserva, "i miglioramenti nell'economia hanno più che compensato gli effetti collaterali negativi".
Il rischio di una recessione globale
Comunque è tutto il 'pacchetto' di stimoli che Draghi rivendica, perché, sottolinea, "sfortunatamente tutto quello che è accaduto da settembre ha abbondantemente dimostrato che la determinazione del consiglio direttivo ad agire era giustificata". In altre parole, la situazione è peggiorata: i rischi al ribasso per l'economia si sono accresciuti, la crescita è diminuita e l'inflazione resta bassa. E ora "il principale rischio è quello di una recessione economica, sia globale, sia nella zona euro".
Proprio per evitare questo rischio alla sua erede, Christine Lagarde, lascia un ampio ventaglio di stimoli, che poi sarà lei a scegliere come utilizzare. Il suo lascito, dunque, è molto concreto e non prevede consigli. "Non ne ha bisogno", taglia corto Draghi.
Quanto alle polemiche, anzi alla vera e propria guerra che i Paesi del Nord hanno scatenato contro il suo 'pacchetto' e in particolare contro il nuovo Qe, Draghi non si mostra per niente preoccupato. Anzi, getta acqua sul fuoco dei recenti disaccordi. "Abbiamo sempre discussioni tutte le istituzioni litigano quando si discute di decisioni di politica monetaria. A volte questi disaccordi sono resi pubblici, a volte non lo sono. Penso che non sia stata la prima volta. Lo prendo come una parte del dibattito. Personalmente non ho replicato e il clima oggi", conclude, "è stato di unità".