Deutsche Bank ha deciso di rivolgersi ai robot per raggiungere gli obiettivi della “radicale trasformazione” annunciata a luglio: riduzione dei costi e maggiore produttività. Risparmio atteso: 6 miliardi di dollari da qui al 2022. Con un effetto collaterale: il taglio di 18 mila posti di lavoro, un dipendente a tempo pieno su cinque.
Il robot in banca
Meno costi e più produttività vogliono dire una cosa sola: far fare più velocemente ai robot (o, meglio, ad algoritmi e intelligenza artificiale) il lavoro che facevano i dipendenti. Mark Matthews, il direttore delle operazioni nella branca d'investimenti (che ha una struttura parallela a quella consumer) ha raccontato a Financial News che l'automazione ha “aumentato in modo massiccio la produttività” e “redistribuito la capacità” nelle operazioni di back office. Cioè, in sostanza, tutte quelle operazioni senza contatti con la clientela. Gli ingranaggi del motore.
Molte sono azioni monotone, come le compensazioni bancarie. Ed è proprio qui che agisce – non solo ma soprattutto - quello che Deutsche Bank ha battezzato Operations 4.0, con un chiaro richiamo a “Industrie 4.0”, equivalente tedesco del piano che – con lo stesso nome – punta anche in Italia alla modernizzazione e alla digitalizzazione degli impianti. A oggi, i robot avrebbero già concluso 5 milioni di transazioni nella divisione corporate e 3,4 milioni di controlli nelle operazioni della banca d'investimenti. Matthews non ha rivelato quanti dipendenti la sua divisione abbia perso, ma afferma che gli impiegati sono 9 mila. Considerando il tipo di attività (che si presta alla sostituzione più di altre) e le proporzioni dei tagli annunciati a luglio (per un terzo già effettuati) è probabile comunque che siano nell'ordine delle migliaia.
“I dipendenti diminuiranno”
Al di là delle cifre, per il manager, “non ci sono dubbi” che “il numero dei dipendenti continuerà a diminuire”. In fondo è quello che – già due anni fa – aveva detto l'allora amministratore delegato di Deutsche, John Cryan: fino a metà della forza lavoro dell'istituto si sarebbe potuta sostituire con la tecnologia. Il gruppo, per Cryan, era “troppo manuale”, dunque “inefficiente e soggetto a errori”. A due anni di distanza, con le azioni ai minimi storici e quattro mesi dopo l'annuncio della più massiccia ristrutturazione aziendale della sua storia, il percorso della banca è sempre lo stesso. Solo che adesso corre più veloce.
Per Matthews il modello dell'istituto tedesco prevede di “ridurre i costi” e migliorare il servizio. Due obiettivi che, a quanto pare, non vanno molto d'accordo con gli umani. O almeno con le mansioni tradizionali. Lo spazio per i dipendenti, infatti, oltre che ridursi si sta trasformando. Matthews ha sottolineato che i nuovi assunti (che comunque non si avvicineranno neppure a ricolmare i posti persi) e parte del personale attuale riqualificato dovranno essere in grado di utilizzare diversi strumenti digitali e possedere quantomeno rudimenti di coding.
La “grande trasformazione”
Era già tutto scritto nell'annuncio di luglio. La banca avrebbe intrapreso “una ristrutturazione delle infrastrutturali”, con i processi di back office che sarebbero stati modificati in tutte le divisioni per diventare “più snelli, più innovativi e più digitali”. Deutsche Bank prevede di investire 13 miliardi di euro in tecnologia in tre anni. E ha definito una nuova figura, l'Head of technology, data and innovation. Cioè un manager (Bernd Leukert, pescato in una società di software come Sap) che coordinerà la transizione verso i nuovi processi. Il lavoro sporco, però, dovrà farlo l'italiano Fabrizio Campelli. Da novembre è la nuova figura che accentra nelle proprie mani la gestione delle risorse umane e la guida della ristrutturazione. Cioè, soprattutto, i licenziamenti.
Lo hanno chiamato “Chief transformation officer”, "capo della trasformazione”. Quando di mezzo ci sono la borsa e 18 mila tagli, anche il vocabolario ha la sua importanza. Oltre agli investimenti, l'istituto tedesco deve fare i conti con i “costi di ristrutturazione”: svalutazioni e indennità di licenziamento sono stimati in 7,4 miliardi in tre anni. Ma la prospettiva, spiegava la banca a luglio, è di lungo periodo: “Le misure annunciate dovrebbero liberare un capitale di 5 miliardi di euro, da restituire agli azionisti mediante riacquisto di azioni e dividendi a partire dal 2022”. Cioè a licenziamenti ultimati e con i robot sempre più presenti negli uffici.