Cina e Corea del Sud promettono di ricorrere al Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, dopo l’approvazione da parte dell’amministrazione Usa guidata da Donald Trump, di dazi sulle importazioni di componenti per pannelli solari e lavatrici, e affilano le armi contro i venti di guerra commerciale che soffiano da Washington. “Il protezionismo è un’arma a doppio taglio che ferisce non solo gli altri ma anche se stessi”, è stato il commento di oggi della portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, alla mossa degli Stati Uniti, a cui Pechino aveva già risposto seccatamente ieri.
Ascolta qui l'intervista a Michele Geraci su Radio Radicale in collaborazione con AgiChina
Pechino bolla i dazi come un "abuso"
La prima reazione era stata quella di un funzionario del Ministero del Commercio, Wang Hejun, a capo dell’ufficio per le indagini e le azioni commerciali, che aveva espresso “forte insoddisfazione” e aveva parlato apertamente di “abuso” da parte degli Stati Uniti nel ricorso ai dazi fino al 30% sulle importazioni i pannelli solari. La Cina, aveva promesso, “lavorerà con i membri del Wto, per difendere con risolutezza i propri interessi legittimi, in risposta a un’erronea decisione degli Stati Uniti”.
Le più colpite saranno Samsung e Lg
Un commento simile era arrivato anche da Seul, che tramite il ministro del Commercio, Kim Hyun-chong, ha definito “eccessiva” l’imposizione di dazi su pannelli solari e lavatrici, che “apparentemente costituisce una violazione delle disposizioni del Wto”, promettendo il ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio per contrastare quelle che la Corea del Sud vede come pratiche commerciali protezionistiche. I dazi - del 20% sulle prime 1,2 milioni di lavatrici importate nel primo anno da quando entreranno in vigore e del 50% sul resto delle lavatrici che entreranno negli Usa - avranno un impatto soprattutto su Samsung e Lg, due colossi dell’industria di Seul, che esportano annualmente tra le 2,5 e le tre milioni di lavatrici sul mercato statunitense, coprendo circa un quarto del mercato dove dominano le locali Whirlpool e General Electric.
L'ossessione di Trump per "America First"
A riflettere, oggi, sugli scenari di una possibile guerra commerciale innescata dalla decisione di lunedì scorso dagli Stati Uniti, è anche il Global Times, uno dei più influenti giornali cinesi, che ricorda come già in passato, Washington e Pechino siano finite ai ferri corti per dispute commerciali. “Non è la prima volta che i produttori cinesi di pannelli solari soffrono di azioni commerciali dagli Stati Uniti”, scrive il tabloid di Pechino. “Imporre brutalmente alte tariffe a dispetto delle regole del Wto è un oltraggio ancora più grande”, anche se “in linea con l’ideologia “America First” di Trump”. Il presidente Usa, continua il quotidiano di Pechino, è “ossessionato dall’onorare le promesse fatte agli elettori, senza riguardo per le conseguenze.
Pechino minaccia di bloccare di nuovo le importazioni di carne di manzo
Ingaggiare una guerra commerciale con la Cina è qualcosa che va al di là della sua comprensione e del suo controllo”. Negli scenari delineati dal quotidiano ci sono poi le possibili “contromisure” che la Cina potrebbe adottare nei confronti degli Usa, a cominciare dalle importazioni di carne di manzo: sbloccate lo scorso anno, avverte il Global Times, potrebbero essere soggette a nuove regolamentazioni e a innalzamenti degli standard sanitari che potrebbero limitarne l’ingresso. Nel caso di una guerra commerciale, poi, molti altri Paesi potrebbero approfittare delle tensioni per sostituirsi agli Usa nelle esportazioni verso Pechino di semi di soia e di cotone. Lo stesso, ha lasciato intendere il quotidiano, potrebbe valere anche per il settore della componentistica o per quello automobilistico.
Liu He a Davos, "Cina inflessibile contro il protezionismo"
Dal World Economic Forum di Davos, in Svizzera, intanto, la Cina ha nuovamente ribadito il proprio no ai venti di protezionismo commerciale che soffiano da Washington. Liu He, il consigliere economico del presidente cinese, Xi Jinping, ospite del meeting tra le nevi, ha ribadito che la Cina “è inflessibile contro ogni forma di protezionismo” e che Pechino è impegnata con “azioni concrete” a sostegno della globalizzazione, sottolineando, nel suo intervento sullo stato dell’economia cinese al forum tra le Alpi svizzere, che “il nostro sistema finanziario è fondamentalmente stabile”.
Seul punta a rendere più competitive le sue imprese
Per contrastare i dazi sulle importazioni pannelli solari da parte degli Stati Uniti, la Corea del Sud sta già pensando alle prime contromisure. In un incontro con gli esponenti dell’industria fotovoltaica, il capo del dipartimento per l’Energia del Ministero di Seul, Park Won-ju, ha proposto oggi un innalzamento degli investimenti nel settore e contemporaneamente un abbassamento delle regolamentazioni per la realizzazione di parchi fotovoltaici per attutire il colpo sferrato da Washington. “Se i gruppi coreani supereranno questa crisi, avranno l’opportunità di migliorare la loro competitività a livello globale”, ha detto il funzionario di Seul agli imprenditori del fotovoltaico sud-coreano. La Corea del Sud è il terzo esportatore verso gli Stati Uniti di pannelli fotovoltaici, dopo Cina e Malaysia e lo scorso anno ha esportato moduli solari per 1,3 miliardi di dollari.
Analisti temono effetto boomerang, 23mila posti di lavoro a rischio
L’approvazione di dazi su componenti per pannelli solari e grandi lavatrici preoccupano anche gli analisti internazionali, che temono un rallentamento di questi due settori e una perdita di migliaia di posti di lavoro. C’è anche chi, come Tom Werner, Ceo della statunitense Sun Power, teme che i dazi possano rivelarsi un boomerang per l’industria del fotovoltaico statunitense. La sua stessa azienda, ha detto in dichiarazioni riprese dal Financial Times, potrebbe “soffrire danni collaterali in un caso che ha come obiettivo chiaramente la Cina”. A quantificare il danno per il settore negli Usa è la Solar Energy Industries Association, che teme la perdita di 23mila posti di lavoro su 260mila negli Stati Uniti, circa il 9% del totale. MJ Shao, analisti di GMT Research, ha poi stimato una riduzione delle installazioni di pannelli solari negli Usa dell’11% nei prossimi cinque anni, “Significativa, ma non devastante”, a suo giudizio, che colpirebbe soprattutto Texas, Florida e California.