“Non cambia mai nulla”. L’ammissione del Guardian, dopo l’ennesima strage compiuta negli Stati Uniti dove hanno perso la vita diciassette persone, lascia l’amarezza di un dibattito sulla libera diffusione delle armi che ogni volta si ferma prima ancora di iniziare. Ma proprio sulla spinta di questo episodio, la testata britannica ha deciso di “rompere il cerchio”, e avviare una serie di grandi inchieste giornalistiche, per sfidare “l’ortodossia che vorrebbe la discussione sul controllo delle armi troppo complessa per essere affrontata”.
Andare a fondo in una storia richiede tempo e risorse, e i giornalisti della testata hanno deciso di rivolgersi direttamente ai lettori, chiedendo un contributo per finanziare l’iniziativa. Così è nato “Break the cycle”, un complesso progetto di approfondimento sul tema della diffusione delle armi negli Stati Uniti al quale gli stessi lettori hanno contribuito donando 162 mila euro (al momento in cui si scrive), il doppio di quanto chiesto dalla testata per avviare l’inchiesta. Ma parlare di dono è inesatto: i lettori hanno scelto di finanziare un lavoro che possono leggere liberamente, su un giornale la cui versione online è assolutamente gratuita. Questo è probabilmente il futuro del giornalismo: contenuti di qualità, sostenibili perché migliaia di persone hanno deciso di spendere di tasca propria per finanziarle, rendendole disponibili all'intera comunità di lettori.
Ma il Guardian non è né l’unico né il primo ad aver sperimentato nuovi modelli di business nati dal coinvolgimento dei lettori: grazie a Internet e alle piattaforme di crowdfunding è possibile sperimentare nuovi modi di mantenere l’informazione. Senza dover dipendere esclusivamente dalle pubblicità e incentivando la qualità rispetto alla quantità.
Le piattaforme più popolari
Di piattaforme ce ne sono di ogni tipo, specifiche per nazioni e che si basano su differenti meccanismi di reward, cioè di riconoscimenti per i finanziatori. Tra queste Patreon e Indiegogo, quest’ultima dove nel 2016 ha ricevuto finanziamenti anche il programma radiofonico in podcast Radio Bullets. Ma la più famosa è probabilmente Kickstarter: fondata nel 2009, fino a oggi ha visto il sostegno a circa 140 mila progetti. A livello giornalistico – editoriale, le idee imprenditoriali sono 4.828: alcuni sono idee da sviluppare online, altre sulla carta stampata, e ci sono anche prospetti per talk show radiofonici in streaming. Insomma, per tutti i gusti.
Quello che ha ricevuto più fondi si chiama Reporter, è un progetto lussemburghese che si definisce “indipendente, critico, investigativo e partecipato”, e promette che “un altro giornalismo è possibile”. In 842 l’hanno sostenuto, erogando complessivamente più di 180 mila euro. E nel suo manifesto, il team tedesco – che partirà con le pubblicazioni a marzo 2018 e sarà composto da tre giornalisti fissi più una rete di collaboratori – spiega che il contributo dei lettori non è soltanto economico.
“Non vediamo nei nostri lettori solo utenti, ma persone che, con la loro opinione e competenza, arricchiscono il nostro lavoro. Con noi non solo puoi commentare articoli o scrivere lettere all'editore, ma anche contribuire in modo costruttivo e attivo alla ricerca giornalistica. Non vediamo l'ora che avvenga questo scambio”.
Dall’Olanda un esempio da record
Nel suo tentativo di fare giornalismo investigativo, Reporter assomiglia al progetto olandese De Correspondent. Dodici principi resi ben chiari sul proprio sito, tra cui niente spazio per la pubblicità e niente rincorsa all’ultima breaking news. “Solo storie originali che cerchino di svelare le forze nascoste che modellano il mondo in cui viviamo”, si legge sul sito. Ma parlando di soldi: il progetto lanciato ad Amsterdam cinque anni fa ha battuto ogni record. Per partire ha raccolto 1 milione e 700 mila dollari tra 20 mila sostenitori, che oggi si sono triplicati.
E anche se i numeri crescono, la filosofia rimane la stessa: “Dei nostri ricavi solo il 5% compone i dividendi, il restante 95% viene reinvestito nel giornalismo”. Un lavoro, quello dei giornalisti del Correspondent, “apertamente soggettivo”, che significa che anche se “il giornale non ha un’opinione (cioè una linea editoriale, ndr), i cronisti certamente ce l’hanno”. Lavorano cioè basandosi sull’evidenza dei fatti, ma ciò che raccontano viene inevitabilmente filtrato da esperienze e prospettive accumulate nel corso della vita.
In 2017, we made our first English podcast: Pull up a chair and listen in as @Fahrenthold meets @jayrosen_nyu https://t.co/ROx2OF1XYX
— The Correspondent (@The_Corres) December 29, 2017
A Berlino i lettori si fanno comunità
Le startup assomigliano un po’ alle band emergenti: il secondo album è il più difficile - così come lo è crescere e diventare impresa. Nel mondo del giornalismo tedesco la sfida l’ha raccolta Krautreporter, sito d’informazione online nato nell’ottobre del 2014 grazie al crowdfunding. Come il Correspondent, anche Krautreporter si basa su articoli molto approfonditi, niente breaking news e niente pubblicità.
Ma la più grande differenza è che i suoi contenuti sono tutti gratuiti, per tutti. Invertendo la strategia più diffusa - pagare per leggere - i giornalisti della testata con base a Berlino hanno scelto di creare una comunità di lettori, una “famiglia” di abbonati che non pagano per leggere, ma per sostenere l’iniziativa e la sua qualità. “Siamo meglio informati che mai, ma comprendiamo sempre meno”, scrivono sul loro sito. “La nostra missione è aiutare i nostri sostenitori a capire il contesto”.
Krautreporter propone un tipo di giornalismo che cerca di instillare fiducia in chi legge, pubblicando un articolo di approfondimento diverso ogni giorno per la propria comunità di lettori, “con calma, cura e tempo per una ricerca approfondita”. Rendendo pubblici tutti i contenuti, l’obiettivo è di investire sul rapporto con la comunità dei lettori, facendola crescere spontaneamente. Unico privilegio riservato a chi sottoscrive un abbonamento - di cinque euro al mese - è la possibilità di fruire della versione in e-book degli articoli, più qualche extra.
Sterben Dialekte aus? Das hat ein Leser gefragt. Susan Mücke mit der Antwort: https://t.co/bwH4z87EHV
— Krautreporter (@krautreporter) February 28, 2018
E l’Italia? Ha il fact checking
Anche l’Italia ha i suoi esempi in fatto di giornalismo basato sul finanziamento collettivo. Oltre alla già citata Radio Bullets e al caso de il Manifesto, il quotidiano comunista che nel 2014 raccolse 46 mila euro tramite crowdfunding, a riscuotere successo è anche Valigia Blu, il sito di fact checking nato otto anni fa. “Basata sui fatti, aperta a tutti e sostenuta dai lettori”: lo slogan del blog che tratta “i temi più dibattuti ma sui quali c’è anche molta confusione” - dai vaccini ai migranti, passando per il lavoro -, è chiaro.
No alla pubblicità e alla rincorsa dei click, ma lavoro di analisi che sia di servizio al pubblico che a sua volta decida di investire per garantire un futuro all’informazione. E così la campagna per il 2018, terminata il 22 dicembre scorso, si è chiusa con un successo: la quota 30 mila euro, il traguardo atteso, è stata abbondantemente superata, mentre le donazioni sono proseguite anche nei primi due mesi dell’anno. Un crowdfunding che può avvenire via bonifico, ma anche in rubli e bitcoin.
A due mesi dalla chiusura del crowdfunding continuano le donazioni per sostenere l'edizione 2018 di Valigia Blu. Siamo commossi grazie! ❤https://t.co/hCxVab02nF pic.twitter.com/YOi3Dr112o
— Valigia Blu (@valigiablu) February 14, 2018
Il giornalismo nel tempo delle criptovalute
L’arrivo degli AdBlocker - le estensioni per browser che impediscono la visualizzazione delle pubblicità - ha inciso pesantemente sul bilancio delle testate online. Non potendo garantire la visualizzazione da parte dei lettori, tanti giornali sono corsi ai ripari stabilendo una quantità massima di articoli che si possono leggere al mese o addirittura oscurando i propri contenuti. Una soluzione originale è quella che sta sperimentando da gennaio Salon, testata digitale californiana, che ha deciso di chiedere ai propri lettori di poter prendere in prestito la “potenza” dei loro computer per “minare” bitcoin.
Le criptovalute si basano sulla collaborazione di milioni di computer che eseguono dei calcoli per autorizzare le transazioni. Ogni transazione richiede un certo consumo di energia e risorse quindi, per ogni trasferimento di criptovalute portato a termine, gli elaboratori ricevono un piccolo premio. Ed è proprio questo che fa Salon: mentre un lettore visita la pagina, la testata prende in prestito alcune risorse del suo computer per minare criptovalute, che possono andare ad arricchire il bilancio del giornale.
Il sistema si attiva solo previo consenso da parte dell’utente, al quale viene proposto di scegliere se consentire al sito di utilizzare in prestito un po’ di energia o semplicemente di disattivare il blocco delle pubblicità. Ancora è presto per dire se questo esperimento abbia funzionato, ma il progetto entra a pieno titolo nella lista dei tentativi spericolati di ampliare la scelta dei modelli economici anziché cercare di far funzionare quelli vecchi.
Is Bitcoin enabling right-wing extremists? https://t.co/u2ULErLbEC
— Salon (@Salon) December 28, 2017
Chi ha successo
Non tutti però vedono le piattaforme di crowdfunding in maniera positiva. Su Medium, il giornalista Hussein Kesvani ha scritto che “più che facilitare i giornalisti indipendenti che non hanno molte risorse, le piattaforme di crowdfunding sono organizzate per premiare chi ha un grande seguito sui social media”. Cioè, spiega Kesvani, “è facilitato chi ha successo online, chi ha già scritto per grandi gruppi editoriali o è stato capace di fare personal branding, cioè costruirsi un’immagine riconoscibile in rete”.