Dal 1995, anno della quotazione, a oggi, quando la Consob ha sospeso (nuovamente) le azioni in Borsa mentre la Bce ha deciso il commissariamento, Banca Carige è cambiata profondamente. Negli anni 90, infatti, da istituto focalizzato nelle province di Genova e Imperia, dalle cui casse di risparmio è nata, ha assorbito diverse realtà, specialmente dal 2000 in poi, quando è diventato amministratore delegato Giovanni Berneschi. È in quegli anni che si realizzano le acquisizioni della Cassa di risparmio di Savona e del Monte di Lucca.
Fra il 2000 e il 2002, poi, il gruppo acquista anche compagnie assicurative e sportelli da altre banche, crescendo in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Umbria, Sicilia e Toscana. In questa regione, poi, la presenza diventa ancora più importante nel 2004, con l'acquisto della Cassa di Risparmio di Carrara.
L'era Berneschi
Sempre in quell'anno la banca guidata da Berneschi, nel 2003 passato alla presidenza, acquistò anche Banca Cesare Ponti. Le ultime operazioni di crescita significative arrivano fra il 2008 e il 2010, quando, in piena crisi, vengono acquisiti ancora sportelli: in particolare 78 arrivano da Intesa Sanpaolo in Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Sardegna e 40 da Unicredit in Lazio, Sicilia, Emilia, Veneto, Umbria. L'ultima crescita dimensionale risale al 2010 con l'acquisizione di 22 sportelli da Mps.
A esprimere la governance dell'istituto, con una quota di controllo, è stata fino al 2014 Fondazione Carige, che possedeva oltre il 45% delle azioni. I primi problemi arrivano nel 2012, che chiude in perdita: da lì in poi l'istituto non ha più avuto un bilancio in positivo. Ed è in quegli anni, dopo l'estate del 2013, che finisce il regno di Berneschi, in seguito anche a due ispezioni di Bankitalia che certificano molte irregolarità, con le carte che vengono trasmesse alla Procura di Genova.
L'arrivo dei Malacalza
Il primo aumento di capitale arriva nel 2014, per 800 milioni, e vede la fondazione scendere sotto il 20% del capitale. L'intervento, tuttavia, non eè sufficiente e sempre nel 2014 il gruppo fallisce gli stress test della Bce: l'anno seguente, dunque, torna a battere cassa sul mercato chiedendo 850 milioni freschi per coprire gli 814 milioni di 'buco' patrimoniale evidenziati dalla vigilanza. È questo l'anno in cui entra il nuovo socio forte della banca, ovvero la famiglia Malacalza: il primo ingresso è dell'8 maggio 2015 con l'acquisto di un 10,5% da Fondazione Carige. Da qui la quota è sempre salita, arrivando, dopo l'aumento di capitale, a circa il 27%.
Un nuovo aumento di capitale è stato fatto nel 2017, con Paolo Fiorentino alla guida della banca. Gli scontri fra il manager e i Malcalza hanno portato tuttavia a una raffica di dimissioni nel cda, che è sfociata nella decadenza del board e in un'assemblea che, lo scorso 20 settembre, ha sancito un nuovo cambio della guardia, con l'arrivo dell'ex Ubs Fabio Innocenzi, in tandem con Pietro Modiano, ex Intesa Sanpaolo e Unicredit. I due manager hanno avviato una nuova pulizia di bilancio, con svalutazioni sui crediti per circa 250 milioni, che hanno portato l'istituto ad avere nuovamente bisogno di risorse fresche.
Un primo passaggio è arrivato con il supporto dello Schema Volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che ha sottoscritto un subordinato da 320 milioni con un rendimento del 13%, in vista dell'assemblea che avrebbe dovuto votare un aumento da 400 milioni con cui rimborsare l'obbligazione stessa. Malacalza, però, forte di un investimento che negli anni pesa per circa 400 milioni e che ai valori attuali di Borsa pesa per appena 25, ha scelto di astenersi, facendo saltare questo punto del piano messo in campo da Fiorentino e Modiano. Dopo l'assemblea del 22 dicembre, dunque, sono ripartiti i colloqui con la Bce, che ieri, dopo le dimissioni di 5 consiglieri e la nuova decadenza del cda, ha deciso di mettere la banca in amministrazione straordinaria.