Per sbloccare i cantieri in Italia occorrono "tempi biblici" dovuti a un eccesso normativo e burocratico. Bisogna adottare il modello spagnolo del 2009 che prevede investimenti pubblici cantierabili da subito. È la ricetta indicata dal presidente dell'Ance, Gabriele Buia, per far risollevare un settore in crisi da ormai troppi anni. Le costruzioni hanno visto dal 2008 la chiusura di oltre 120.000 imprese con un'emorragia di piu' di 600.000 posti, spiega Buia, aggiungendo che servono interventi immediati. Da una parte c'è infatti un clima di incertezza dal punto di vista normativo e dall'altra delle lentezze burocratiche nel dare seguito alle spese stanziate. Va messo in campo uno snellimento molto significativo e il modello spagnolo potrebbe essere l'approccio giusto.
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Il presidente dell'Ance, Gabriele Buia
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Quali sono i tempi medi per la realizzazione di un'opera in Italia?
"I tempi medi sono dati dalla presidenza del Consiglio, non do i nostri che potrebbero essere di parte. La media dei lavori in Italia per quelli da 200.000 euro va dai 2 anni e mezzo fino a più di 15 anni per quelli superiori ai 100 milioni. È sotto gli occhi di tutti che abbiamo una macchinosità e un'inefficienza dovute all'eccesso normativo e burocratico che fa sì che si arrivi a questi tempi. Non solo il 54% di questi tempi sono 'tempi di attraversamento', cioè i tempi necessari per avere le autorizzazioni di tutti gli enti e istituzioni necessarie. Se questi tempi fossero ridotti creerebbero un immediato ritorno sull'economia reale e sulla crescita del Pil che invece dilatiamo negli anni".
Il Cipe il 28 novembre ha approvato un nuovo regolamento. È un intervento sufficiente per velocizzare i processi?
"Oggi la normativa prevede che le opere di un certo importo passino dal Cipe prima di essere approvate", spiega il presidente dell'Ance. "Purtroppo però questi passaggi spesso sono molteplici anche per ogni minima variante del progetto. Ci sono dei casi emblematici come la statale Ionica che ha perso 3 anni per queste autorizzazioni. Poi non basta, perché si passa alla Corte dei Conti che controlla ogni provvedimento. In più c'è il Consiglio superiore delle opere pubbliche per tutti i lavori superiori ai 50 milioni di euro. È un susseguirsi di autorizzazioni, di pareri. Poi il tempo che viene impiegato per tutti i passaggi da ministero a ministero che a volte sono 'biblici'. Alla fine, l'unico risultato che si ottiene è che l'investimento programmato nell'ambito di un anno specifico nella legge di bilancio non viene messo in campo".
Cosa prevede la legge di Bilancio di quest'anno?
"Con la legge di Bilancio c'è una fortissima spinta sugli investimenti pubblici: 15 miliardi di euro in più per i prossimi 3 anni, di cui 5 per il 2019. Questo corrisponderebbe a un aumento del 15% degli investimenti, dopo che dal 2005 a oggi sono calati del 51%. Però l'approccio e il meccanismo burocratico sono sempre gli stessi. Noi non riusciremo con questa programmazione a rispettare i tempi e il grande rischio che corriamo è quello di vedere annullati gli effetti degli investimenti pubblici di questa manovra. La nostra grande preoccupazione, che abbiamo sottoposto ai legislatori, è la necessità di velocizzare i processi di spesa senza i quali non ci sarà impatto sulla crescita e la manovra prevista non sarà ottemperata".
Cosa si deve fare, qual è la soluzione?
"È il modello spagnolo che stiamo promuovendo. L'unica possibilità con cui ottemperare alle previsioni di bilancio è mettere in atto una misura come quella adottata in Spagna nel 2009. È stato messo in campo un decreto reale (il 'Plan Espana') in cui si prevedeva di spendere in due anni 13 miliardi di euro. Nel primo anno hanno speso 5,7 miliardi, nel secondo la differenza. Ci sono riusciti e così hanno riacceso il volano della crescita. Oggi la Spagna marcia con un Pil del 2,8% e l'Italia comincia a decrescere. Siamo in attesa di vedere cosa ci sarà nel decreto semplificazioni. Occorre che ci sia un decreto legge che preveda che entro pochi mesi si aprano i cantieri, bruciando una serie di passaggi. In 4 mesi la Spagna ha recepito i progetti che i comuni hanno mandato, hanno predisposto una task force di tecnici che ha redatto bandi, controllato e validato rapidamente progetti, li hanno appaltati e consegnati per l'esecuzione. Chiaramente era più un piano di piccole e medie opere non di opere strategiche, ma questo ha dato linfa immediata a tutta l'economia".
Quanto è costata la crisi alle costruzioni e quanto sono scesi gli investimenti?
"Il mondo delle costruzioni in Italia attiva 32 sistemi economici su 35. Abbiamo perso sul fattore della produzione circa 70 miliardi l'anno dal 2008. Prima avevamo delle produzioni da 200 e più miliardi ora viaggiamo tra i 120-130. Questo ha creato un gap infrastrutturale di 84 miliardi. Siamo l'unico settore che ha perso oltre 600.000 posti di lavoro e oltre 120.000 imprese e mi meraviglio come mai il ministero competente non abbia dato attenzione a questo. Ci si accorge del problema solo quando le grandi imprese vanno in crisi. Bisognerebbe che il ministro aprisse un bel capitolo di crisi di questo settore che sta soffrendo da tanto tempo e che ormai non ha più risorse e possibilità di dare apporto al Pil. Forse ci sono motivi più importanti in Italia del gossip".
Che cos'è il modello spagnolo
Il 'Plan E' (Espana) è stato adottato dopo lo scoppio della crisi del 2008 con un decreto del re di Spagna del 28 novembre del 2008. È stato finanziato inizialmente con 8 miliardi di euro per il 2009 e poi con altri 5 per il 2020. In due anni sono stati aperti cantieri per un totale di 13 miliardi eseguendo lavori pubblici su strade, scuole, ospedali e sicurezza del territorio. Ha avuto un'attuazione molto veloce attraverso un sistema di regole e di supporto a comuni ed enti locali (che erano 8.000 come in Italia).
L'approccio spagnolo ha snellito le procedure e dato certezze agli enti locali attraverso una struttura di missione (una task force di 150 persone) costruita ad hoc che dava assistenza e rispondeva a tutti i dubbi ed esigenze delle amministrazioni. Sono anche stati messi a disposizione documenti tipo (bandi di gara, decisioni di finanziamento e approvazione dei progetti), consentendo di spendere le risorse stanziate nei tempi stabiliti. La task force garantiva anche sulla bonta' delle procedure e sulla possibilità di procedere speditamente. Solo per fare un esempio, dopo l'ok della struttura di missione il comune aveva al massimo 7 giorni per pubblicare la gara.
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