L’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per il turismo italiano, con una contrazione della spesa turistica nel 2020 di ben 4,5 miliardi di euro, una cifra pari a circa il 5% per cento del prodotto interno lordo del settore. Circa il 70 percento della contrazione riguarderebbe inoltre quattro regioni: Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia, che perderebbero circa 3,2 miliardi di euro. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto Demoskopika che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus.
La contrazione del consumo totale di beni e servizi da parte dei viaggiatori nel paese visitato (alloggio, pasti, intrattenimenti, souvenir, regali, altri articoli per uso personale, ecc.), sarebbe diretta conseguenza della riduzione degli arrivi, quantificata in 4,7 milioni che genererebbero, a loro volta, circa 14,6 milioni di presenze in meno rispetto al 2018.
La stima, precisa la nota di Demoskopika, è stata ottenuta dapprima applicando, ai più recenti dati Istat relativi al 2018 su base regionale, un taglio lineare del 40% ai flussi turistici (arrivi e presenze) provenienti dalla Cina e del 10% a quelli degli altri principali paesi che, ad oggi, hanno registrato casi di coronavirus così come costantemente monitorati dalla Johns Hopkins University.
Il dato degli arrivi ottenuto è stato successivamente moltiplicato per la spesa turistica media, ricavata dall’indagine sul turismo internazionale realizzata dalla Banca d’Italia nel 2018, generata da ciascun paese individuato. L’ipotesi di partenza è che i viaggiatori residenti principalmente nei paesi che hanno fatto registrare casi di coronavirus reagiscano, par paura o timore, cancellando prenotazioni o limitando gli spostamenti in aereo per ridurre le probabilità di contagio.
"Il numero crescente di disdette di prenotazioni che in queste ore stanno denunciando moltissimi operatori turistici, anche attraverso le associazioni di categoria, – dichiara il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – non lascia presagire alcunché di buono per la stagione turistica in corso nel nostro paese. La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali. Non è un caso che a rischiare maggiormente sarebbero, ovviamente, le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani tedeschi e inglesi".
L'indagine – continua Rio– stima che "il maggior numero di defezioni potrebbero provenire prioritariamente da queste realtà che, più di altri, hanno la tendenza a manifestare, come in altre emergenze passate, un maggiore livello di rinuncia al viaggio per ridurre le probabilità di eventuale contagio. Le ultime notizie provenienti dal Laboratorio di Virologia dello Spallanzani lasciano presupporre che l’emergenza si possa dissolvere nel più breve tempo possibile. In caso contrario, le regioni i cui sistemi turistici risultassero maggiormente fiaccati dall’emergenza, reclamino lo stato di calamità turistica chiedendo al governo l’inserimento, a consuntivo di stagione, di un sostegno economico per assistere gli operatori turistici, alimentare le strategie di promo-commercializzazione nei mercati internazionali “più sensibili” e incentivare politiche di scontistica dei vettori aerei per rilanciare gli spostamenti dei viaggiatori verso le nostre destinazioni turistiche regionali".
5 milioni pronti a evitare l'Italia
Potrebbero essere poco meno di 5 milioni i turisti che per ridurre i rischi di contagio rinuncerebbero all’Italia come destinazione turistica per la loro vacanza nel 2020 generando una contrazione complessiva di 14,6 milioni di pernottamenti. La stima dell’Istituto Demoskopika si è concentrata esclusivamente sui paesi che, ad oggi, hanno fatto registrare casi confermati di coronavirus così come costantemente monitorati dalla Johns Hopkins University.
In particolare, analizzando il quadro per singolo paese emerge che il rischio di contrazione più rilevante si registrerebbe dalla Cina: - 1,3 milioni di arrivi e – 2,1 milioni di presenze. A seguire la Germania con una contrazione pari a 1,3 milioni di arrivi e di 5,9 di presenze; gli Stati Uniti con una contrazione pari a 566 mila arrivi e a 1,5 milioni di presenze. Rilevanti anche le possibili rinunce alla vacanza italiana per francesi e inglesi quantificabili rispettivamente in 474 mila arrivi e 1,4 milioni di presenze per i primi e in 378 mila arrivi e 1,4 milioni di presenze per i secondi.
Un calo del 5% del Pil turistico italiano
Nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% per cento del prodotto interno lordo settoriale italiano. L’analisi per paese colloca, anche per questo indicatore macroeconomico, la Repubblica Popolare Cinese in testa con un possibile decremento della spesa turistica pari a 2.011 milioni di euro, circa la metà dell’intera contrazione stimata. Seguono Stati Uniti con 693 milioni di euro (15,4%), Germania con 551 milioni di euro (12,3%), Giappone con 243 milioni di euro (5,4%) e Regno Unito con 223 milioni di euro (5,5%).
La mappa della possibile decrescita regione per regione
Sono quattro le realtà regionali i cui sistemi turistici locali sarebbero maggiormente bersagliati dalle conseguenze del coronavirus: Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia.
È il Veneto a indossare la maglia nera. In particolare, per il suo sistema turistico la stima degli effetti di un prolungato “allarme da coronavirus” potrebbe generare conseguenze devastanti con un calo di 971 mila arrivi, di oltre 3 milioni di presenze e, infine, con una contrazione della spesa turistica pari a circa 955 milioni di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.
Preoccupanti anche i possibili “postumi da virus” per il turismo in Toscana, con un calo di 695 mila arrivi, di oltre 1,8 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 778 milioni di euro; in Lombardia, con un calo di 673 mila arrivi, di oltre 1,6 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 685 milioni di euro; nel Lazio, con un calo di poco meno di 673 mila arrivi, di oltre 1,9 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 765 milioni di euro.
Da evidenziare anche le sforbiciate sull’andamento dei sistemi turistici regionali, per il Trentino Alto Adige (-458 mila arrivi; -2,1 milioni di presenze; -233 milioni di euro di spesa turistica), per l’Emilia Romagna (-246 mila arrivi; -666 mila di presenze; -253 milioni di euro di spesa turistica).
In coda Calabria (-18 mila arrivi; -111 mila di presenze; -12,6 milioni di euro di spesa turistica), Basilicata (-10 mila arrivi; -20 mila di presenze; -10 milioni di euro di spesa turistica), Abruzzo (-10 mila arrivi; -42 mila di presenze; -7,7 milioni di euro di spesa turistica) e, infine, Molise (-426 arrivi; -1,3 mila presenze; -363 mila euro di spesa turistica).