La contraffazione costa cara all'Italia: 88 mila posti di lavoro persi, mancato gettito fiscale dal commercio al dettaglio e all'ingrosso per 4,3 miliardi di euro (solo nel 2016) e mancato pagamento di diritti di proprietà intellettuale ai legittimi titolari italiani per altri 6 miliardi. Cui vanno aggiunte minori entrate statali per 10,3 miliardi di euro. Secondo la relazione 'Tendenze del commercio di merci contraffatte e usurpative' dell'Euipo, l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale, il numero di posti di lavoro persi è pari al 2,1% di quelli dei settori direttamente interessati dalla contraffazione. L'Italia, con il 15% del valore complessivo delle merci sequestrate, è il terzo Paese colpito dalla contraffazione, dopo gli Stati (24%) e Francia (16,6%).
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In Ue, si legge nel rapporto, entrano ogni anno 121 miliardi di euro di merci false, pari al 6,8 del totale dell'import nell'Unione. Il valore dei falsi scambiati a livello internazionale è stimato ik 460 miliardi di euro. Una quota in crescita dal 2,5% del 2016, quando è stata diffusa l'ultima edizione dello studio, al 3,3% del 2018. L’analisi Euipo/Ocse del 2016 stimava il valore totale dei prodotti contraffatti in 338 miliardi e il volume a livello europeo al 5%, quasi due punti percentuali in meno di quello attuale.
Stati Uniti, Francia, Italia, Svizzera, Germania, Giappone, Corea e Regno Unito sono i mercati in cui le imprese e le società sono maggiormente colpite dalla contraffazione e dalla pirateria. Tuttavia, il commercio internazionale di prodotti contraffatti e usurpativi riguarda anche un numero crescente di aziende registrate in altre economie, tra cui Cina, Brasile e Hong Kong.
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"La contraffazione e la pirateria costituiscono una grave minaccia per l’innovazione e la crescita economica sia a livello dell’UE che a livello internazionale" ha detto il direttore esecutivo dell’Euipo, Christian Archambeau, "L’aumento della quota di prodotti contraffatti e usurpativi nel commercio mondiale è molto preoccupante e dimostra chiaramente la necessità di uno sforzo coordinato a tutti i livelli per poterla affrontare pienamente".
La relazione evidenzia che i prodotti contraffatti possono provenire da quasi tutte le economie del mondo che li producono o fungono da Paesi di transito. Tuttavia, in base all'analisi dei sequestri eseguiti dalle autorità doganali, i Paesi e le regioni principali esportatori di prodotti contraffatti risultano essere: Cina, Hong Kong, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Singapore, Tailandia, India e Malaysia.
Sono stati usati i dati di quasi mezzo milione di confische doganali e la relazione non riguarda né i prodotti contraffatti realizzati e 'spacciati' sul piano nazionale né quelli digitali distribuiti via Internet. E' il seguito e l’aggiornamento del rapporto del 2016 che era stato il primo di una serie di cinque studi: sul commercio globale di merci contraffatte; sulla mappatura delle rotte dei prodotti falsi; sul ruolo delle zone franche nel favorirne il commercio e sui fattori che rendono alcuni Paesi fonti più probabili di prodotti contraffatti. L'ultimo era sull’uso illegale di piccoli colli per il commercio di falsi.