Non basta la paternità per permettere alle neo-mamme di difendere il proprio stipendio. E non parliamo dell’Italia, dove gli uomini che scelgono di restare a casa per badare ai figli sono ancora "mosche bianche", ma della Danimarca che, rispetto alla maggior parte dei Paesi, vanta un congedo parentale da sogno. Di sicuro lo è rispetto all’Italia dove, secondo gli ultimi dati forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro, le dimissioni volontarie per genitori con figli fino a 3 anni d’età sono state 37.738. In particolare, le donne che si sono licenziate sono state 29.879. Alla base restano i problemi di sempre: costi alti per i nidi, stipendi bassi e nonni, spesso ancora in servizio, che non possono badare ai nipoti.
Dopo la nascita di un figlio i danesi hanno diritto a 52 settimane (circa un anno) di permesso retribuito. Di queste, 18 sono concesse alla mamma, 2 al padre, le restanti possono essere divise a seconda dei bisogni della coppia. Ma in pratica, nel 92,8% dei casi sarà la donna a usufruire del congedo.
Alle mamme il 20% in meno dei papà
Un nuovo studio dell’Ufficio nazionale di ricerca economica statunitense afferma che la prima gravidanza segna il declino permanente del potere di una donna di guadagnare bene e fare una brillante carriera. Conti alla mano, si legge su Quartz, questo calo è di circa il 20% rispetto allo stipendio di un uomo, che pure guadagnerà di meno rispetto al collega senza figli. Un divario che cresce all’aumentare del numero di bambini.
Se le mamme danesi sono destinate a restare a casa la causa è da ricercare in una disuguaglianza di stipendi. “Generalmente le donne guadagnano meno dei mariti e visto che il congedo non garantisce la piena retribuzione, la logica impone che sia il membro della coppia che guadagna meno a godere del permesso. Ciò però scatena una serie di problematiche, dalla tendenza a lasciare più basse le retribuzioni delle donne alla perplessità ad assumere una ragazza al posto di un ragazzo”.
L’importanza della madre a casa
E poi c’è un fattore culturale secondo il quale “anche in Danimarca si tende a pensare che sia la mamma la privilegiata a restare a casa col bambino”, spiega Lise Johansen, consigliere per le politiche famigliari e l’uguaglianza di genere della Confederation of Trade Unions danese. Non solo. “Le donne tendono a scegliere quel bilanciamento tra lavoro e figli che ricorda quello scelto al tempo dalle proprie mamme”, sostiene Henrik Kleven, economista di Princeton e autore dello studio. Questo spiega perché la Danimarca ha una percentuale altissima di mamme nel mondo del lavoro, ma poche in posizioni prestigiose. “La maggior parte delle danesi - si legge su Quartz - scelgono formule part-time o lavorano in attività di famiglia. I loro stipendi sono il risultato di una visione che tende a mettere al primo posto le necessità dei figli rispetto alla carriera”. L’importante però, osserva il sito, è che si tratti di una scelta consapevole e non di un’imposizione economica o sociale.
Condividere il congedo parentale non è solo una questione economica. Studiosi e giuristi sostengono che la coppia in cui entrambi i genitori godono del permesso impara presto a dividersi le responsabilità, a gestire le emergenze e a impostare la nuova vita in modo più equilibrato.