Il 2020 potrebbe essere per l'Italia l'anno della recessione. A lanciare l'allarme è il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia che, ospite di Maria Latella su Skytg24, non nasconde come in passato i timori degli industriali sul rischio che il Paese l'anno prossimo entri in una nuova fase di crisi economica "Noi temiamo che il 2020 sia l'anno della recessione - ha detto Boccia - perché con le clausole di salvaguardia legate all'Iva ci sono poche alternative: o si aumentano le tasse o si riduce la spesa o si aumenta l'Iva. Speriamo - ha aggiunto - che nel 2019 l'apertura dei cantieri possa compensare eventuali effetti recessivi, pensiamo che il problema sia nel 2020 e 2021".
Ed è qui il nocciolo del discorso: "Il Paese deve puntare sul lavoro, su più crescita, su più occupazione e per fare questo occorre un riequilibrio della manovra, che ha pochissimo sui termini della crescita". La soluzione per Boccia "è dietro l'angolo": avviare subito i cantieri per creare 400.000 posti di lavoro e porre al centro delle politiche del governo - andando oltre la manovra - l'occupazione e la crescita. Che poi sono state sono le parole chiave - le più ripetute - del suo ragionamento.
Manovra: compensarla puntando sulla crescita, via ai cantieri
Per Boccia il lavoro è "la prima emergenza" in Italia e per compensare una manovra "che è espansiva ma corre il rischio di essere recessiva se l'economia globale continua a rallentare" occorre "creare occupazione". E "la soluzione è dietro l'angolo: bisogna aprire subito i cantieri". Il numero uno di Confindustria lo ha ribadito più volte nel corso dell'intervista. In Italia, ha ricordato, "sono bloccate grandi opere che se si avviassero darebbero lavoro a 400.000 persone. Occorre aprire immediatamente i cantieri - ha insistito - perché, secondo uno studio dell'Ance, significa attivare investimenti per oltre 80 miliardi e sbloccare risorse per oltre 25 miliardi". Per questo, l'analisi di impatto delle opere pubbliche, a partire dalla Tav, "deve essere fatta su quanta occupazione genera, non possiamo ignorare questo, perché il paese ha un'emergenza occupazione, al nord come al sud". E ha aggiunto: "Sono mesi che parliamo solo di reddito di cittadinanza, di pensioni e di sicurezza ma è ora di andare oltre: lavoro e occupazione devono essere al centro, sono elementi legati alla crescita. Forse è arrivato il momento di andare oltre la manovra economica e darsi dei grandi obiettivi per il Paese. Ci sembra che gli italiani chiedano lavoro e occupazione".
Il reddito di cittadinanza non sia disincentivo al lavoro
Il reddito di cittadinanza "è una misura che ha alcune criticità da rimuovere se vogliamo mettere al centro del paese il grande obiettivo di creare più occupazione e più lavoro", ha sottolineato il presidente di Confindustria. "Non si capisce, per esempio, un elemento essenziale che è quello legato al fatto che si possa rinunciare al reddito di cittadinanza se la proposta ti arriva oltre 50-100 km di distanza dalla residenza, in regioni come il sud in cui c'è una disoccupazione giovanile che supera il 30% - ha spiegato Boccia - non deve essere un disincentivo al lavoro, deve essere invece un elemento di ponte verso il lavoro. È anche evidente che 5 mesi di beneficio per le imprese è un elemento marginale". Secondo il numero uno degli industriali "occorre aggiungere al reddito di cittadinanza, che deve aiutare le fasce di povertà vere, un grande piano di inclusione giovani al lavoro, che è altra cosa rispetto al reddito di cittadinanza". Alla domanda se vedesse un rischio come quello ipotizzato dalla Cgia di Mestre, secondo cui metà della spesa per il reddito di cittadinanza, andrà ai lavoratori in nero, Boccia ha risposto: "In teoria sì, se pensa che chi abusa del reddito di cittadinanza, da quanto leggiamo, viene penalizzato con 6 anni di galera paradossalmente aiuta i protagonisti del sommerso. Dobbiamo evitare che il reddito di cittadinanza diventi un elemento che aiuti il sommerso e che sia un elemento che disicentivi il lavoro e dare una grande missione al paese".
Banche: un errore tassarle, sono imprese che creano occupazione
Sul fronte banche, Boccia pensa che tassarle sia "un errore". E insiste nel chiamarle "imprese bancarie" e non semplicemente 'banche' perché creano posti di lavoro. "Noi dobbiamo rafforzare la competitività delle imprese bancarie e di tutte le imprese italiane e fare in modo che la maggiore ricchezza che si determina venga redistribuita". Per Boccia le imprese bancarie "non sono un elemento di negativita' nel Paese", sono al contrario "luoghi in cui si crea l'occupazione e andrebbero tutelate. Altra cosa - ha aggiunto - sono i patrimoni dei singoli".
Governo: non vogliamo la guerra, noi tifiamo Italia
Il "nostro obiettivo non è fare la guerra al governo ma tifare Italia e aiutare questo governo, ammesso che lo vorrà, con una serie di proposte che aiutino a crescere", ha spiegato Boccia. Nell'incontro avuto prima di Natale coi due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il numero uno degli industriali "umanamente ha avuto un'impressione di grande simpatia" e si è detto "stupito da Salvini che ha parlato di corpi intermedi, della volontà di avere un rapporto con le associazioni che sono il ponte di collegamento con la società civile, un partito quello della Lega che fino a poco tempo prima era per la disintermediazione. Ho notato - ha aggiunto - una volontà di confronto dell'uno e dell'altro, adesso vedremo se c'è coerenza".
Sicurezza: trovare equilibrio ma rispettare le leggi dello stato
Le "leggi del Paese vanno rispettate, altra cosa è trovare un equilibrio tra le ragioni della sicurezza e l'inclusione che invece dobbiamo avere", ha detto poi Boccia commentando le posizioni di alcuni sindaci contro il Dl sicurezza. "Occorre andare oltre la questione della sicurezza - ha aggiunto parlando del progetto Confindustria con San Patrignano e l'Onu sui migranti - e trovare questo equilibrio. Detto questo le leggi del paese si rispettano".