“La Cina è interessata a rafforzare la cooperazione con l'Italia anche in ambito finanziario”. A parlare è l’ambasciatore cinese Li Ruiyu in una intervista all’Agi, alla vigilia della missione in Cina (27 agosto-1 settembre) del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria. La visita ha l’obiettivo, spiega un comunicato, di “rafforzare ulteriormente i rapporti economici tra i due Paesi, che possono trarre reciproco vantaggio da una intensificazione delle relazioni economiche, finanziarie e commerciali”
Tria ha in programma incontri al massimo livello nella People's Bank of China. La Cina potrebbe essere interessata a comprare titoli del debito italiano?
Accolgo con favore la visita in Cina del Ministro Tria. In base alle informazioni in mio possesso, quella in Cina sarà la sua prima visita ufficiale al di fuori dell’Unione Europea. Sono convinto che tale missione possa essere utile al Ministro per comprendere meglio la Cina e per ottenere nuovi progressi nella promozione della cooperazione economico-finanziaria sino-italiana. Gli investimenti in debito estero sono una parte importante del portfolio di investimenti in valuta estera della Cina e rappresentano operazioni di mercato. Alla luce della situazione dei mercati internazionali e alle esigenze di investimento del governo cinese, è necessario adottare una gestione finanziaria precisa.
Cosa intende, Ambasciatore?
La Cina gestisce da sempre le riserve in valuta estera in base al principio della diversificazione e della distribuzione. In altre parole, le operazioni di investimento e l'allocazione degli asset avvengono in base alle necessità della Cina, con l’obiettivo di garantire la sicurezza, il mantenimento e l’accrescimento del patrimonio in valuta estera. A prescindere che si guardi alle riserve valutarie o al mercato degli investimenti, la Cina è sempre e comunque un investitore responsabile; le sue attività di investimento da un lato promuovono la stabilità dei mercati finanziari internazionali, dall’altro mirano a mantenere e accrescere il valore delle riserve.
Cosa significa questo per l’Italia?
Attualmente, i rapporti sino-italiani vivono un momento di rapido sviluppo, e i due Paesi intendono approfondire ulteriormente la cooperazione di mutuo vantaggio. Spero che Cina e Italia possano attuare concretamente l’intesa raggiunta dai nostri leader di governo, e promuovere in modo stabile lo sviluppo della cooperazione in tutti i settori, compreso quello finanziario.
Nell'ambito del progetto Belt and Road, sappiamo che il governo cinese è interessato al porto di Trieste come approdo in Europa per i mercantili in arrivo dalla Cina meridionale, attraverso l’Oceano Indiano e Suez. “Le autorità e le aziende cinesi hanno già preso contatti con i porti come Trieste, per sviluppare nuove opportunità di cooperazione”, aveva detto a gennaio scorso intervenendo al convegno organizzato dalla Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI) e dall’Ambasciata cinese. Ci sono stati sviluppi?
L’Italia e la Cina sono rispettivamente il punto di partenza e quello di arrivo dell'antica Via della Seta e sono partner importanti nell’ambito all’iniziativa “Belt and Road”. Lo scorso anno, abbiamo siglato il “piano di azione quadriennale sino-italiano per il rafforzamento della cooperazione 2017-2020”. Si tratta di un documento che esprime chiaramente la volontà di rafforzare il coinvolgimento delle infrastrutture logistiche italiane, e in particolare di creare opportunità di cooperazione con i porti italiani.
In che modo?
Il porto di Trieste è situato vicino al confine nord-orientale dell’Italia e costituisce un accesso importante al Nord dell’Adriatico: una posizione decisamente favorevole. A partire dallo scorso anno, il presidente di Assoporti e il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D’agostino, ha fatto visita due volte in Cina. Ha incontrato i rappresentanti della China Communications Construction e di altre aziende cinesi, aprendo un confronto in merito alle infrastrutture portuali e alla cooperazione. La Cina ha a sua volta organizzato delle missioni di studio presso il Porto di Trieste.
Questi contatti sono andati avanti?
Per quando ne sappiamo, una serie di proposte che riguardano piani di sviluppo per il porto hanno ottenuto l’autorizzazione delle istituzioni italiane preposte, sia a livello nazionale che regionali, spianando la strada alle successive fasi di cooperazione. Inoltre, l’Autorità Portuale di Trieste ha acquistato un'area di 300 mila metri quadrati per la realizzazione di una zona franca. Una iniziativa che può dare un importante supporto allo sviluppo sistematico del settore.
Cosa manca?
Un proverbio italiano dice “chi va piano va sano e va lontano”. Sono convinto che le aziende italiane e cinesi, sotto l'egida dell’iniziativa “Belt and Road”, possano promuovere concretamente la cooperazione portuale bilaterale. Al contempo, spero che si possa arrivare quanto prima alla firma del Memorandum of Understanding per la cooperazione per la cooperazione bilaterale lungo la Nuova Via della Seta.
Alcune recenti analisi sottolineano il rischio per alcuni Paesi coinvolti nella Belt and Road di cadere nella cosiddetta «trappola del debito» con la Cina.
Negli ultimi cinque anni, da quando il Presidente Xi Jinping ha lanciato l’iniziativa Belt and Road nel 2013, la costruzione della Nuova Via della Seta si è gradualmente trasformata da teoria a prassi, da visione a realtà. Insomma, ha ottenuto importanti risultati proprio grazie all’impegno congiunto di tutte le parti coinvolte. Con la promozione di progetti infrastrutturali, quali ad esempio l’aumento delle linee della China Railway Express, l’apertura del "corridoio aereo", abbiamo costruito passo dopo passo, insieme a tutti i Paesi lungo le Vie della Seta, ponti di cooperazione, vie di amicizia. In altre parole, abbiamo realizzato pienamente il concetto di una cooperazione in cui “coloro che hanno visioni simili non possono essere divisi da mari o monti”.
In questo processo, la Cina ha sempre sostenuto un approccio di uguaglianza, apertura e trasparenza, mettendo al centro le aziende e operando secondo le regole del mercato e le norme internazionali dei diversi settori. Ogni progetto è il frutto di negoziati paritari con le parti coinvolte. La realizzazione del Belt and Road rispetta il triplice principio di “negoziati congiunti, costruzione congiunta e risultati condivisi”. I numeri parlano chiaro: abbiamo generato a favore dei nostri partner introiti fiscali per 220 miliardi di dollari e più di 200 mila posti di lavoro, ricevendo il sincero apprezzamento dei governi e dei cittadini dei Paesi interessati.
Riguardo ai media che hanno parlato di “trappole del debito” adducendo accuse ingiustificate, non posso che dire che sono in completo disaccordo.
Ci spieghi
Faccio due esempi. Il primo riguarda la cooperazione della Cina con le aziende greche per il progetto di cogestione del Porto del Pireo. Da quando Cosco ha realizzato l’investimento, il traffico dei container è aumentato di 6 volte, e il porto è passato dalla 93esima posizione alla 36esima a livello mondiale, divenendo il terminal con la crescita più rapida al mondo. Ciò ha iniettato nuova linfa vitale per la ripresa economica e l’uscita dalla crisi della Grecia.
Il secondo esempio?
Riguarda la cooperazione tra Cina e Sri Lanka per la gestione del porto di Magampura Mahinda Rajapaksa. Attualmente il porto registra ottimi risultati: gli introiti sono condivisi tra i due Paesi. Le due parti stanno lavorando insieme per far sì che lo Sri Lanka raggiunga l’obiettivo di diventare un hub logistico importante dell’Oceano Indiano. Stando al rapporto 2017 della Banca Centrale Cinese, la rimanenza dei prestiti concessi dalla Cina rappresentava solo il 10,6% del totale dei debiti esteri dello Sri Lanka. All’interno di questa percentuale, il 61,5% dei prestiti erano stato concessi in forma agevolata, non rappresentando quindi il principale fardello sul debito estero.
Come si spiega queste critiche?
Purtroppo, ci sono sempre persone, gruppi, che per via di pregiudizi o di proposito, cercano di screditare gli importanti risultati ottenuti dall’iniziativa Belt and Road, e colgono ogni occasione per distorcere il senso e i contenuti dell’iniziativa, affibbiando alla Via della Seta e alla Cina una serie di etichette, dalla trappola del debito, all’ascesa geopolitica, allo sfruttamento delle risorse. Ci tengo a sottolineare che tra i nostri partner non ce n’è uno che è entrato in una crisi del debito a causa della cooperazione con la Cina. E di tutte le “crisi del debito” che abbiamo visto fino ad oggi, non ce n’è neppure una che sia partita dalla Cina. Spero che i media possano mantenere un atteggiamento di ricerca della realtà dei fatti, togliendosi le lenti che deformano la realtà, e proponendo articoli più oggettivi, giusti e completi, per far sì che i loro lettori possano leggere la verità.
Il Mise ha lanciato nei giorni scorsi la Task Force Cina. Anche il Sottosegretario allo sviluppo economico, Michele Geraci, è in partenza per la Cina per aumentare la cooperazione economica e attrarre maggiori investimenti. Cosa possiamo aspettarci nei rapporti Italia-Cina nel 2019?
L’istituzione della Task Force, che ha finanche l’obiettivo di migliorare la posizione dell’Italia come partner prioritario della Cina nell’ambito della Via della Seta e nei confronti della strategia “Made in China 2025”, evidenzia non solo l’importanza che il governo italiano attribuisce alla Cina, ma anche la risolutezza che mette nella cooperazione bilaterale. Permettetemi di esprimere il mio più alto apprezzamento. Auguro a Geraci un pieno successo della visita. Del resto, negli ultimi anni, le relazioni tra Italia e Cina hanno registrato un notevole sviluppo: la fiducia politica reciproca è sempre più profonda, la convergenza di interessi sempre più fitta, e gli scambi people to people sempre più floridi. Il 2019 sarà l’anno della celebrazione del 15esimo anniversario dall’istituzione del partenariato strategico globale bilaterale e nel 2020 sanciremo il 50esimo anniversario dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche. I rapporti bilaterali si trovano di fronte a un nuovo momento storico per il loro sviluppo, sia sul fronte della cooperazione economica, sia sull’impegno internazionale. In un contesto internazionale segnato dal ritorno di spinte protezionistiche, Cina e Italia devono promuovere la liberalizzazione del commercio e gli investimenti globali.