Il governo italiano dirà no al Ceta, l’Accordo economico e commerciale globale tra Unione Europea e Canada, che in verità è già in vigore dal 21 settembre dello scorso anno ma che i diversi parlamenti nazionali europei (nonché alcuni emicicli regionali) devono ratificare (finora l’hanno fatto in nove, tra cui Spagna e Portogallo). L’ha annunciato venerdì 13 luglio il ministro del Lavoro e vice-premier Luigi Di Maio durante l’assemblea di Coldiretti. Secondo Le Monde, la mossa dell'esecutivo italiano “mette a rischio l’intero accordo”.
Che cos’è il Ceta e cosa prevede
Il Ceta, si legge sul sito della Commissione Europea, è un accordo commerciale che “ridurrà le tariffe doganali e le altre barriere commerciali tra l'UE e il Canada, sosterrà le rigorose norme europee in settori quali la sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari, i diritti dei lavoratori e l'ambiente, e rispetterà la democrazia”. In concreto prevede di ridurre i dazi doganali, cioè i costi di importazione ed esportazione, di “merci originarie”. Un taglio progressivo che, nel giro di sette anni, dovrebbe cancellare il 99% dei dazi. Lo scorso anno, al momento del via libera del Parlamento Europeo all’accordo datato 15 febbraio 2017, avevamo fatto i conti: gli scambi commerciali tra i due soggetti, Ue e Canada, nel 2015 valevano 53 miliardi di euro l’anno. Con l’introduzione del Ceta, si stima di raggiungere quota 65.
Guardando solo al nostro Paese, secondo i dati del ministero dello Sviluppo Economico, l’accordo migliorerebbe ulteriormente una situazione già da per sé positiva: “L’Italia è l'ottavo fornitore del Canada con un volume di interscambio bilaterale di oltre 5 miliardi di Euro nel 2016, esportazioni per 3,7 miliardi di euro e un saldo positivo di 2,2 miliardi di euro”, motivo per cui il Ceta dovrebbe garantire un ulteriore miglioramento della bilancia commerciale, cioè la differenza tra import ed export. Più esportazioni significa maggior reddito, con una serie di ricadute positive: più produzione, e quindi più lavoro e maggiori investimenti. Almeno sulla carta.
La tutela del made in Italy
Uno dei cavalli di battaglia dei pro-Ceta è la tutela dei prodotti Igt (indicazione geografica tipica) e Dop (denominazione di origine protetta). L’accordo contiene 143 prodotti europei tutelati da queste etichette, di cui 41 made in Italy.
Niente più parmesan sugli scaffali canadesi, insomma, e tutti quei prodotti che utilizzano in nome all’italiana ma che in realtà arrivano da tutt’altra parte. Il cosiddetto italian sounding. Tra i prodotti italiani tutelati c’è di tutto, dall’aceto balsamico di Modena al taleggio, passando per la mela Alto Adige e la lenticchia di Castelluccio di Norcia. Parmigiano Reggiano e Grana Padano inclusi, ovviamente. Non soltanto alimenti, però, anche perché i beni maggiormente esportati dall’Europa verso il Canada sono i macchinari industriali, che nel 2016 contavano per quasi 8 miliardi e mezzo.
Perché il governo dice no? “Sano sovranismo, difendiamoci”
Dal palcoscenico dell’assemblea Coldiretti, Di Maio ha parlato di “sano sovranismo”, commentando l’annuncio del no al Ceta: “Essere qui significa rivendicare un po' di sano sovranismo perché viviamo un momento in cui sembra che preoccuparsi degli affari nostri come Paese sia una brutta cosa”. Di Maio ha attaccato una “narrazione secondo cui, se cerchi di difendere le eccellenze, allora sei populista, anti-europeista, anti-occidente”. Il vicepremier ha parlato di “vantaggi scellerati del Ceta”, minacciando di “rimuovere i funzionari italiani all’estero che li difendono”. Il leader del Movimento 5 Stelle ha definito l’accordo con il Canada, e quello (per ora saltato) con con gli Stati Uniti - il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip) - “tentativi di altri Paesi di entrare coi loro prodotti nella nostra economia”. Una minaccia da cui “dobbiamo difenderci”.
L’opposizione al Ceta in Italia non è nuova: già a luglio 2017 Coldiretti aveva organizzato una manifestazione davanti a Montecitorio, a Roma, per chiedere di fermare un accordo che, secondo loro, “porterebbe ad un'indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del Made in Italy”. E oggi, davanti all’Assemblea, il presidente Roberto Moncalvo ha fatto sapere che le esportazioni di Parmigiano reggiano in Canada sono diminuite del 10% nel primo trimestre del 2018, mentre le falsificazioni del formaggio sarebbero in crescita.