"Completamente sostenibile, non rilascia né emissioni né scarti, e potenzialmente inesauribile". La fusione nucleare è la "vera fonte energetica del futuro" per Claudio Descalzi, l'ad di Eni. Il gruppo energetico italiano oggi ha sottoscritto un accordo per acquisire una quota di Commonwealth Fusion Systems, una società spin-out del Massachusetts Institute of Technology che svilupperà il primo impianto a produrre energia grazie alla fusione. Il progetto si articola in tre fasi: la prima prevede lo sviluppo di magneti a superconduttori ad alta temperatura, la seconda la realizzazione di un reattore sperimentale, la terza e ultima la costruzione ed esercizio del primo impianto industriale che possa garantire una produzione continuativa e remunerativa di energia da fusione.
Finora gli uomini hanno solo sfruttato il processo di fusione per produrre le bombe H, in cui le altissime temperature e pressioni necessarie per innescare il processo sono ottenute in un primo stadio in cui si fa esplodere una bomba a fissione, il processo nucleare opposto alla fusione, in cui nuclei pesanti sono scissi in nuclei più leggeri. In una centrale nucleare si vorrebbe invece ottenere la fusione di deuterio e trizio (due isotopi dell’idrogeno) in elio e nucleoni, mantenendola in condizioni stabili e controllate per produrre grandi quantità di energia sotto forma di calore, teoricamente superiori rispetto a quelle delle centrali a fissione.
Gli scogli ancora da superare
Le difficoltà tecniche nascono dal fatto che per superare la repulsione della forza elettromagnetica e innescare la fusione, occorre portare il combustibile in condizioni di altissime temperature (maggiori di 100 milioni di gradi), in cui i gas sono allo stato di plasma, cioè completamente ionizzati. Poiché tuttavia non esiste un materiale che possa trattenerli in uno spazio confinato, si deve ricorrere a tecniche di contenimento con campi magnetici d’intensità molto elevata. Anche le tecniche di riscaldamento, tipicamente con radioonde e microonde, sono piuttosto complesse. In sostanza, ha spiegato Lucia Votano su Blog Italia, nonostante decenni di studi e tentativi, non possediamo ancora completamente la tecnologia per riuscire ad avviare la reazione di fusione in modo controllato ottenendo un bilancio energetico positivo.
L’Italia è stata tra i pionieri della ricerca sulla fusione nucleare con le attività, avviate già alla fine degli anni 50 nel Centro CNEN (oggi ENEA) di Frascati, inizialmente dedicate alla sperimentazione sui plasmi. Oggi ENEA-Fusione partecipa alla realizzazione di ITER attraverso l'Agenzia Europea Fusion For Energy (F4E), fornendo contributi nei campi della superconduttività, dei componenti interfacciati al plasma, della neutronica, della sicurezza, del remote handling e della fisica del plasma.