Corruzione, falsa testimonianza, trasferimento illegale di asset all'estero e appropriazione indebita. Queste le accuse che, dopo l'arresto avvenuto lo scorso febbraio, hanno portato alla condanna a cinque anni di carcere di Lee Jae-yong , erede designato del primo produttore globale di smartphone, un impero industriale da oltre 80 miliardi di dollari, secondo solo ad Apple e Google. Una condanna ben più mite di quella domandata dall'accusa, che aveva chiesto dodici anni.
Le manette erano scattate nell’ambito della maxi-inchiesta che ha portato alla destituzione della presidente della Corea del Sud, Park Geun-Hye. Da allora Lee ha atteso la sentenza dietro le sbarre. Secondo i giudici c'era il rischio che Lee potesse occultare, o distruggere prove importanti, essenziali per ricostruire lo scandalo politico che ha coinvolto Park, il primo presidente donna del Paese asiatico, una vicenda complessa, a base di tangenti e intrighi politici, dove Samsung gioca un ruolo importante, insieme ad altri 'chaebol', le grandi conglomerate a conduzione familiare che controllano, in maniera non sempre trasparente, gran parte dell'economia sudcoreana.
Chi è Lee Jae-yong
Dopo la condanna di Lee, Samsung dovrà correre ai ripari, visto che Lee, 48 anni, è destinato a succedere al padre, Lee Kun-hee, dimessosi una prima volta nel 2008 per un’inchiesta sui di fondi neri della compagnia e tornato al potere due anni dopo, per poi lasciare ancora nel 2014 per un attacco di cuore.
È in questo momento che la guida dell’azienda passa a Lee junior. Nato a Washington, l’erede si è laureato all'Università di Seul, ha proseguito i suoi studi in Giappone e ha poi frequentato la Harvard Business School, senza però ricevere un diploma di dottorato. L’ingresso in azienda risale al 1991. Nel 2009 arriva la nomina a chief operating officier di Samsung Electronics, nel 2012 quella di vice presidente dell’intero chaebol.
Le tangenti versate alla sua confidente
I giudici che indagavano sul caso Park hanno riconosciuto Lee colpevole di aver versato tangenti a un oscuro personaggio, Choi Soon-Sil, confidente della presidente, priva di un incarico ufficiale e ribattezzata la 'Sciamana', o la 'Rasputin' sudcoreana.
La donna è finita sotto inchiesta per aver utilizzato la sua influenza su Park per estorcere denari alle grandi aziende sudcoreane. Pur di acquisirne i favori ed entrare nelle sue grazie, le grandi conglomerate sudcoreane avrebbero versato milioni di dollari a fondazioni private da lei create, uno scandalo che ha portato lo scorso dicembre alle dimissioni della presidente. Samsung sarebbe stata la più generosa: avrebbe donato oltre 30 milioni di dollari alla ‘sciamana’, più di Hyundai, SK, LG e Lotte.
A chi andavano i soldi
Samsung avrebbe inoltre versato 2,8 milioni di dollari alla Widec Sport in Germania, una società controllata da Choi. I soldi sarebbero serviti a sviluppare le attività della federazione nazionale di equitazione, in vista delle Olimpiadi di Tokyo del 2020, anche se poi cifre ingenti sarebbero servite per pagare il cavallo usato dalla figlia di Choi, Jeong Yu-ra, e i suoi allenamenti.
I rapporti tra Lee e Choi non si limitano alle tangenti ma si legano anche all'ascesa del giovane erede designato ai vertici del gruppo. La Rasputin di Seul infatti avrebbe fatto da intermediaria per convincere un importante azionista della compagnia, il fondo pubblico Nps, il quarto al mondo per valore di asset, ad approvare nel 2015 la fusione tra due divisioni di Samsung, Cheil Industries e Samsung C&T, una controllata attiva nelle costruzioni.
Il voto di Nps risultò decisivo per approvare la fusione, un'operazione, del valore di circa 8 miliardi di dollari, fortemente avversata dall'azionista Usa di Samsung, Elliot Associates, e che è servita per lanciare al verice Lee Jae-Yong. Lee infatti si è ritrovato a controllare il 17% della nuova società, che a sua volta detiene la maggioranza di Samsung Electronics. Una strada verso la presidenza apparentemente spianata e interrotta da uno scandalo che ha fatto tremare i vertici dell’establishment politico ed economico sudcoreano.