Il no dell'accordo sulla Brexit da parte del parlamento britannico "aumenta l'incertezza" e questo "ha un impatto immediato su sterlina e fiducia dei consumatori, che restano vicine ai minimi e tiene giù anche gli investimenti, rischiando di compromettere le prospettive di crescita dell'economia Uk nel medio e lungo periodo".
Il Centro studi di Confindustria fa un punto sugli scenari possibili dopo il voto di ieri. E osserva che ne risentiranno le imprese esportatrici italiane, che rischiano di vedere ridotti i volumi di beni rivolti al mercato britannico: in ballo 23 miliardi.
D'altro lato, però, la prolungata incertezza potrebbe far allontanare alcune multinazionali dal territorio britannico, costituendo un'opportunità per altri Paesi europei: il CsC stima che per l'Italia gli investimenti diretti esteri potenziali extra potrebbero generare un aumento del Pil di 5,9 miliardi annui, ovvero lo 0,4%. Anche se questo non compensa i rischi e gli effetti negativi.
La "prolungata incertezza" sulla Brexit e gli effetti che questa già produce "riguardano da vicino l'Italia e, più in generale, tutti gli altri Paesi dell'Ue". Lo rileva il Centro Studi Confindustria (Csc). In questo senso, sottolinea l'analisi, "vanno considerati il più elevato grado di complessità a cui dovranno far fronte le imprese multinazionali operanti su catene del valore con attività tra Uk ed Ue, i rischi per le imprese esportatrici italiane verso il Regno Unito e, seppure non compensative degli effetti negativi della Brexit, le possibili opportunità che potrebbero derivare dai cambiamenti in atto".