L'Antitrust ha avviato un'indagine su Tim, Vodafone, Fastweb e Wind Tre. Il sospetto è che gli operatori di telefonia abbiano coordinato la propria strategia commerciale connessa alla cadenza dei rinnovi e alla fatturazione delle offerte sui mercati dei servizi al dettaglio di telecomunicazione elettronica fissi e mobili, a seguito dell'introduzione dei nuovi obblighi regolamentari e normativi.
Cosa significa
Fastweb, TIM, Vodafone e Wind Tre hanno comunicato "quasi contestualmente" ai propri clienti che, in ottemperanza al suddetto obbligo, la fatturazione delle offerte e dei servizi sarebbe stata effettuata su base mensile e non più di quattro settimane e di voler attuare di conseguenza una variazione in aumento del canone mensile per distribuire la spesa annuale complessiva su 12 mesi, anziché 13, come stabilito dal Tar qualche settimana fa.
Tale coordinamento tra le compagnie sarebbe finalizzato a preservare l'aumento dei prezzi delle tariffe determinato dalla iniziale modifica della periodicità del rinnovo delle offerte (da mensile a quattro settimane), e a restringere al contempo la possibilità dei clienti-consumatori di beneficiare del corretto confronto concorrenziale tra operatori in sede di esercizio del diritto di recesso.
In altre parole, costrette ad adeguarsi alle tariffe a scadenza mensile anziché a 28 giorni, i big della telefonia italiana avrebbero deciso di fare cartello imponendo ai consumatori aumenti allineati.
Le tappe di una vicenda lunga un anno
La vicenda ha preso il via tra la fine del 2016 e il 2017 quando i principali operatori della telefonia hanno modificato la periodicità nell’invio delle bollette da mensile a settimanale, in pratica hanno deciso di inviare una bolletta ogni 28 giorni. Ciò significa che le mensilità sarebbero diventate 13 e non più 12, comportando un aggravio medio delle tariffe dell’8,6%.
L’Agcom è intervenuta il 24 marzo 2017 con una delibera nella quale si stabiliva che per la telefonia fissa il criterio della fatturazione doveva essere il mese, mentre per la telefonia mobile la cadenza della fatturazione non poteva essere inferiore a 28 giorni.
Come spiega la stessa Autorità, la fatturazione a 4 settimane realizza un vizio di trasparenza che può essere tollerato nella telefonia mobile (dove il 76% del traffico è prepagato), invece nel fisso il pagamento con addebito diretto su conto corrente bancario con il Rid rende difficoltoso per il consumatore comprendere gli aumenti. Dopo la delibera dell’Agcom di marzo, si legge sul sito Consumatori, le cose non erano per niente migliorate, anzi si era scatenato l’effetto contagio che aveva coinvolto anche Sky Italia.
Sanzioni per 1,16 milioni di euro
Nel mese di dicembre 2017, l‘Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha deliberato di sanzionare gli operatori TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb per la mancata osservanza della propria delibera in materia di cadenza di rinnovo delle offerte e di fatturazione dei servizi, relativamente alla telefonia fissa e alle offerte convergenti fisso-mobile.
Si tratta di 1,16 milioni di euro per ciascun operatore (il massimo della sanzione prevista). L’Autorità ha nel contempo emanato apposite linee guida per spiegare agli operatori come interpretare correttamente l’obbligo a fare una tariffazione “mensile”, come indicato dall’ultima Legge di Bilancio, ciò significa obbligo a rispettare il mese solare. Insomma, gli operatori non possono seguire una fatturazione a 30 giorni, come intendevano fare.
La sanzione dell’Agcom è giunta dopo l’approvazione della legge che su nostra proposta ha ripristinato la fatturazione su base mensile per imprese telefoniche, reti televisive e servizi di comunicazioni elettroniche. Le compagnie hanno 120 giorni dall’entrata in vigore della legge per adeguarsi (e cioè fino al 4 aprile 2018).
In caso di violazione della norma si applicherà un indennizzo forfettario pari a 50 euro in favore del consumatore, maggiorato di 1 euro per ogni giorno successivo alla scadenza del termine assegnato dall’Autorità delle Comunicazioni.
L’incognita rimborsi
Secondo SosTariffe.it, gli utenti potrebbero ricevere rimborsi per 19 euro. Ma non è né semplice né scontato. Solo gli operatori che dovessero restare a 28 giorni dopo il 4 aprile, sarebbero tenuti pagare un rimborso agli utenti, indicato dalla legge in 50 euro; ma, osserva Repubblica, “è una ipotesi remota. Tutti intendono adeguarsi”.
Non solo. Anche se gli operatori dovessero perdere al Tar - l’udienza è prevista per il 17 febbraio -, non è detto che saranno poi costretti a pagare un rimborso agli utenti e che – soprattutto – questo sia calcolato secondo i criteri indicati da Agcom (da cui derivano poi le stime di SosTariffe.it). A quanto risulta, infatti, gli operatori contestano anche il modo in cui Agcom ha calcolato i giorni su cui gli utenti hanno diritto al rimborso.