E così, in una tiepida e ventosa mattina di marzo, si azzera il futuro di Termini Imerese. I dipendenti avrebbero dovuto produrre componenti per auto elettriche e invece stamane nello stabilimento siciliano sono arrivati i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo: secondo l'ordinanza del gip, l'ipotesi di reato è malversazione a danno dello Stato.
Il presidente del consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato della Blutec, la società chiamata a riconvertire lo stabilimento anche grazie ai finanziamenti pubblici, sono finiti agli arresti domiciliari.
L'intero complesso aziendale e beni per oltre 16,5 milioni di euro è stato posto sotto sequestro. Un'altra brutta pagina per lo stabilimento siciliano, dopo che era stato chiuso nel 2011 da Sergio Marchionne, numero uno di Fca dopo e Fiat prima, per un semplice motivo: era troppo costoso fabbricare lì.
Marchionne aveva esposto i motivi della sua decisione: la gestione era antieconomica, a causa di un indotto poco sviluppato e degli alti costi fissi soprattutto quelli legati al trasporto.
Promessa di sviluppo
'Nata' nel 1967, la fabbrica si chiamava "Sicilfiat", era una società a partecipazione pubblica, di cui Fiat deteneva il pacchetto di maggioranza con il 60% delle azioni e la Regione Siciliana il restante 40%, tramite la Sofis prima e poi tramite l'Espi (Ente siciliano per la promozione industriale). Inizialmente contava 350 addetti e la prima vettura che uscì dai suoi cancelli, battezzata con i flash dei fotografi e applausi dei dipendenti, fu - ca vans sa dire - una Cinquecento.
Non era solo un semplice stabilimento, ma veniva presentato dai giornali un po' come il simbolo di un processo di modernizzazione della Sicilia che da terra prettamente agricola apriva le porte all'industrializzazione del futuro e anche l'occasione per fermare l'emigrazione verso il Nord.
I dipendenti infatti erano perlopiù ex contadini, che puntavano a diventare operai specializzati.
Col tempo, e siamo negli anni Settanta, lo stabilimento di Termini Imerese diventò un gioiellino, un vero e proprio modello produttivo: nel 1977 Fiat acquisì la totalità delle azioni, e nel 1979 all'avvio della produzione della Panda si contavano 1.500 dipendenti, con il lavoro articolato su tre turni. Nella seconda metà degli anni Ottanta il numero degli operai era salito fino a 3.200, con 1.200 nell'indotto.
Venivano prodotte la 126, la Panda, la Punto, e da ultimo la Lancia Ypsilon.
Le prime nubi all’orizzonte
Passano diversi anni ma arriva la crisi, e il mercato dell'auto inizia a scricchiolare: risale al 1993 la prima ristrutturazione aziendale di Termini Imerese.
Arriva quindi la stagione della cassa integrazione, e con continue riorganizzazioni della forza lavoro, il numero di occupati continua a calare.
Le vendite del gruppo continuano nel frattempo a calare anch'esse, e quindi lo stabilimento siciliano viene considerato economicamente nei piani aziendali poco produttivo.
Questo perché la componentistica per l'assemblaggio delle vetture veniva prodotta nel Nord Italia, bisognava di conseguenza calcolare anche i costi (elevati) per il trasporto ai fini della produzione. Nel 2002 vengono licenziati 223 dipendenti e si inaugura una stagione di conflitto sindacale: nel giugno 2009, l'amministratore delegato Sergio Marchionne conferma la produzione della Lancia Ypsilon fino al 2011 e prospetta un futuro di produzioni diverse da quella automobilistica.
Salvo poi confermare categoricamente, pochi mesi dopo e cioè nel gennaio 2010, la sua definitiva chiusura.
La Fiat se ne va, arriva la Blutec
Chiusura che avviene in meno di due anni: il 31 dicembre 2011 Fiat la dismette definitivamente.
Dopo pochi anni, e precisamente il 1 gennaio 2015 lo stabilimento passa alla newco Blutec, società del gruppo Metec (Stola) per la produzione di componenti per auto, con il sostegno di finanziamenti erogati da Invitalia.
Sembrava dovesse esserci una rinascita per lo stabilimento. Vengono riassunti 90 operai, già in cassa integrazione, per una preparazione dei lavori futuri.
Si sarebbe dovuto tornare a produrre auto ma di nuovo tipo, ibride ed elettriche. Nel progetto di rilancio presentato lo scorso novembre da Blutec, era prevista con scalini temporali l'occupazione di 694 lavoratori entro il 2020.
Proprio pochi giorni fa, il 5 marzo, l'azienda aveva presentato gli aggiornamenti del suo piano industriale che prevedeva commesse anche per Garage Italia, la Xev e la Jiayuang, mentre la produzione delle batterie per il Ducato avrebbe dovuto riassorbire interamente la forza lavoro attualmente fuori dalle attività produttive entro la fine del 2019.
In queste ore il triste epilogo.