Le vendite aumentano ma i margini calano. Forse troppo per reggere. Analisti e imprese, dalle pagine del Financial Times, hanno sottolineato come non si erano mai visti sconti di questa portata e di questa durata in tempi di crescita economica. Di solito, infatti, i ribassi s'intensificano durante le recessioni, per attirare i clienti restii.
Stavolta, invece, gli Stati Uniti stanno crescendo e i consumi non si stanno contraendo. Eppure, passato ormai da settimane il Black Friday, gli sconti sono ancora lì sugli scaffali. Un'anomalia, che starebbe mettendo sotto pressione un pezzo di retail, a partire da grandi magazzini e centri commerciali. Le ragioni sarebbero soprattutto due: l'e-commerce che drena acquisti è il principale. Ma c'entra anche la battaglia dei dazi, nonostante l'accordo tra Washington e Pechino.
La contraddizione apparente
Per l'analista Jan Rogers Kniffe, si tratta della più intensa stagione di sconti dal 2008. Cioè dal collasso di Lehman Brothers. Lo confermano i numeri. Secondo un'indagine di StyleSage e Refinitiv, nei grandi magazzini di fascia media, due terzi della marce è ancora in sconto nonostante il venerdì nero sia ormai lontano, con ribassi medi del 27%. Una corsa al saldo in contrasto con i dati sui consumi, anche se solo in apparenza. Secondo Adobe, negli Stati Uniti sono stati spesi 7,4 miliardi di dollari nel venerdì nero, mai così tanti: l'esborso pro-capite è stato di 168 dollari, il 6% in più anno su anno.
Un commercio diviso in due
A osservare questi numeri più da vicino, però, ci sono delle crepe. MasterCard ha previsto che, tra il primo novembre e il 24 dicembre, le vendite della stagione dovrebbero crescere del 3,1%, ma a trainarle sarà l'e-commerce, con un +14,6%. Secondo il dipartimento del Commercio, a novembre le vendite sono sì aumentate (del 3,1%) ma meno del previsto. E soprattutto a ritmi dissonanti: i “nonstore retailer” (cioè chi non vende tramite negozi) a novembre hanno incassato l'11,5% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I grandi magazzini hanno invece perso il 7,2%, i negozi di abbigliamento il 3,3% e quelli di elettronica l'1,5%. Ecco spiegata la longevità e l'intensità degli sconti, inedite in periodi non recessivi.
Perché c'entrano i dazi (nonostante l'accordo)
Alcuni operatori del settore, come la catena Children’s Place, già nelle scorse settimane avevano previsto orizzonti “più deboli delle attese”. E American Eagle, insegna di negozi e accessori, aveva già confermato agli investitori “l'aumento dell'attività promozionale”. Una buona notizia per i consumatori. Meno per chi, sconto dopo sconto, vede erodere i margini. Per l'analista di Refinitiv Jharonne Martis, “se le aziende continueranno su questa strada, si esporranno a un rischio maggiore di insolvenza”. Cioè collasseranno.
Gli sconti però non sarebbero solo colpa della concorrenza online. C'entrano i dazi. Preoccupati per l'applicazione di nuove tariffe, i centri commerciali hanno accumulato merce, che adesso devono smaltire perché tenerla in magazzino costa ancora di più. Cina e Stati Uniti hanno poi trovato un accordo. Resta una buona notizia per il settore, che altrimenti sarebbe stato gravato da un'ulteriore zavorra. Ma, almeno in parte, il danno è già stato fatto.