Erik Finman oggi ha 19 anni. La sua vita cambia quando ne ha dodici (anche se allora probabilmente neanche lui sapeva quanto). Nel 2011 riceve mille dollari dalla nonna. Solo che, anziché fare quello che fanno milioni di nipoti nel mondo, li investe in bitcoin. Allora la criptovaluta costa più o meno quanto una birra con gli amici. Erik compra. Oggi, dopo aver venduto una parte del suo cripto-gruzzolo, possiede 401 bitcoin: al cambio attuale più di 4 milioni di dollari. È uno dei più giovani nuovi milionari. E continua (chi se non lui) ad essere un promotore entusiasta delle monete virtuali.
"Cosa mi piace di Bitcoin? Arricchisce i giovani"
Su Twitter si rivolge ai suoi coetanei: “Trovate cosa siete bravi a fare e cercate un modo per farci soldi”. Finman ha tutta la sfrontatezza dei suoi 19 anni. Per lui Bitcoin è soprattutto uno strumento: “Avere un'entrata extra ti permetterà di iniziare a investire prima”.
Le sfumature non fanno per lui: “Cosa mi piace di Bitcoin – scrive in un altro post – è che a diventare ricchi possono essere i giovani poveri e non i vecchi di Wall Street”. E definisce le criptovalute “il più grande trasferimento di ricchezza che la nostra generazione abbia mai visto”. Perché “mai prima d'ora i giovani sono stati capaci di cambiare così rapidamente classe sociale”.
Leggendo quello che scrive, Erik Finman sembra animato dalla voglia di rivalsa. “Un'insegnate – racconta sempre sui social – mi disse di mollare la scuola e di lavorare al McDonlad's perché era il massimo che potessi raggiungere nel resto della mia vita”. Leggenda o realtà? Lo sanno solo i suoi compagni di classe. Sta di fatto che il suo primo investimento extra-bitcoin è stata una startup che punta a valorizzare il talento inespresso degli studenti.
Nel 2014 vende un po' dei suoi bitcoin, si toglie qualche sfizio (come un Lamborghini) e usa 100 mila dollari per fondare Botangle, una sorta di “scuola online” che fa incontrare insegnanti e studenti in cerca di ispirazione. La vende nel 2015 alla stessa cifra spesa per crearla. Un fallimento? No, perché la vende in criptovaluta, per 300 bitcoin. Che allorano erano più o meno 100 mila dollari ma oggi sono diventati 3,3 milioni. Sempre a proposito di istruzione, Finman ha poi collaborato con la Nasa al progetto ElaNa, che coinvolge gli studenti americani nella progettazione e nel lancio di mini-satelliti.
The future of cryptocurrency. Everything is changing! https://t.co/HxnEvL8PXX
— Erik Finman (@erikfinman) 26 gennaio 2018
Oggi è un “bitcoiner” a tempo pieno: il suo lavoro è gestire il patrimonio in criptovalute accumulato dalla sua famiglia. Quasi tutti bitcoin, con qualche puntata su litecoin ed ethereum. Troppo rischioso? Lui è convinto di no. “In fondo lo sanno tutti che le criptovalute sono il futuro, anche i banchieri di Wall Street lo sanno. L'unica cosa su cui si può discutere è quando prenderanno il sopravvento”.