Tra due settimane, da lunedì 28 ottobre e venerdì primo novembre, Bce e Fed, la due principali banche centrali del mondo, giocano due partite decisive. Lunedì 28 a Francoforte, nel corso di una cerimonia ufficiale, Mario Draghi passerà le consegne a Christine Lagarde, la quale s'insedierà ufficialmente al 40esimo piano del Main Building, la nuova sede della banca centrale europea, 4 giorni dopo, l'uno novembre, mettendo così fine agli 8 intensi anni dell'Era di Mr. 'Whatever it takes'.
Ma anche per la Federal Reserve quella settimana sarà per molto versi decisiva. In ballo, per mercoledì 30 ottobre, c'è un nuovo taglio dei tassi Usa, il terzo quest'anno, dopo quello di settembre e quello della fine di luglio, il primo da dieci anni a questa parte. Tuttavia l'istituto di Washington si avvia questo appuntamento diviso, sia sulle sue prossime mosse di politica monetaria, sia sui modi di comunicarle.
IL CAMBIO DELLA GUARDIA ALLA BCE
Draghi e Lagarde puntano, così almeno hanno ampiamente assicurato finora, sulla continuità, ma hanno profili e personalità molto diversi e poi l'eredità del primo è parecchio ingombrante, specie ora, con il cambiamento di clima in atto a Francoforte. All'ultima riunione del direttivo della Bce, tenuta a settembre, Draghi ha fatto passare un sostanzioso pacchetto di misure, contenente un taglio dei tassi e un nuovo Qe da 20 miliardi di acquisti al mese. Tuttavia in quell'occasione almeno 7 dei 24 componenti del board, tra cui esponenti di peso come i Governatori di Francia, Germania, Austria e Olanda, si sono espressi contro la nuova fase di allentamento monetario e in particolare contro il Qe. Pochi giorni dopo gli stessi hanno preso carta e penna e scritto una nota di dura critica a Draghi per la sua conduzione della Bce, rivolgendosi chiaramente alla Lagarde.
Nel mirino c'è il Qe senza limiti di tempo prefissati di Draghi, che secondo loro nasconde una trappola. Secondo le regole attuali, la Bce acquista ogni mese titoli di Stato di Paesi dell'Eurozona in proporzione alla quota che ogni banca nazionale detiene (la cosiddetta 'capital key') e, in ogni caso, non può acquistare più del 33% di una singola emissione di buoni del Tesoro e non può detenere oltre il 33% dell'intero stock di debito di uno Stato membro. Ora, sulla base di queste regole, la quantità di Bund tedeschi acquistabile è ridotta agli sgoccioli. Per poter proseguire in modo indefinito quello che è stato battezzato 'Qe infinity', la banca centrale dovrà quindi cambiare le regole, in maniera tale da aumentare gli acquisti di titoli dei Paesi con i debiti più elevati, come l'Italia e la Spagna.
Questo non piace per niente a Berlino e ad Amsterdam, giacchè rafforzerà la percezione del Qe come uno strumento che aiuta le nazioni spendaccione, a spese delle economie più disciplinate in materia di bilancio. Insomma, la Lagarde è avvisata: per proseguire il Qe si dovranno rivedere le regole attuali di acquisto ma gli "azionisti forti" non sono d'accordo. Dunque sulla continuità tra Draghi e Lagarde, se il nuovo presidente, come dice, vorrà mantenere il 'consensus' dentro al direttivo, la partita è aperta e niente è scontato.
LA FED DIVISA SUI TAGLI DEI TASSI
Sui nuovi tagli dei tassi Usa, sia quelli che dovrebbero essere decisi mercoledì 30 novembre, sia su quelli del 2020, il Fomc, il comitato di politica economica della Fed è diviso. Il numero uno Jerome Powell, ha definito le prossime riduzioni dei tassi come una ricalibratura per attutire l'effetto sull'economia Usa dell'indebolimento del settore manifatturiero globale amplificato dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, piuttosto che come l'inizio di una serie di stimoli per combattere una profonda recessione.
Il presidente della Fed di New York, John Williams, d'accordo con Powell, ha detto che "in prospettiva, penso che dobbiamo solo adottare l'attuale approccio, valutandolo volta per volta". Powell si era espresso più o meno negli stessi termini: l'economia va bene, per decidere dovremo valutare i nuovi dati riunione per riunione.
Altri membri del Fomc però non la pensano allo stesso modo. La Fed di solito taglia i tassi di interesse perché stanno accadendo cose brutte all'economia, ma ora deve decidere di tagliare i tassi perché il rischio di preoccupanti sviluppi è cresciuto, cioè deve giudicare i tassi un pò come una polizza assicurativa e valutare quanta assicurazione è necessaria in questa fase. Il presidente della Fed di Saint Louis, James Bullard ha definito nei giorni scorsi la politica monetaria della Federal Reserve "troppo restrittiva" e ha chiesto azioni aggiuntive per contrastare le incertezze dello scenario globale.
La Fed, secondo Bullard, "potrebbe prendere misure più accomodanti in futuro, ma le sue decisioni dovranno essere prese riunione dopo riunione". Bullard non è l'unico a pensarla così, ci sono altri membri del Fomc della Fed d'accordo con questa impostazione e anche i mercati sono dello stesso avviso. Per non parlare del presidente Usa, Donald Trump, il quale è perfino arrivato al punto di chiedere più volte le dimissioni di Powell, accusandolo di incompetenza per la sua timidezza nel tagliare i tassi Usa.
Insomma, non è facile di questi tempi il mestiere di banchiere centrale, tanto più che le incertezze a livello globale restano in agguato, anche se non sono facili da decifrare. Usa e Cina hanno siglato un accordo parziale sui dazi, ma non c'è chiarezza sulle prossime mosse delle due superpotenze.
Anche la Brexit è un caos sull'esito del quale arrivano segnal discordi. E il rallentamento globale è sicuramente in atto, ma le sue ricadute sull'economia Usa non sono univoci. Il manifatturiero Usa è sicuramente già in recessione, ma il resto dell'economia continua a crescere. Il mercato del lavoro va bene e i consumi procedono a singhiozzo. Per questo la Fed preferisce andare avanti con una navigazione a vista, anche se sulla visione d'insieme gli 11 componenti del Fomc non sono mai stati tanto divisi.