Fino a pochi anni fa, le banche erano l'emblema del "potere forte". Oggi invocano tutela, come animali in via di estinzione. È il sintomo di equilibri mutati, nei quali gli istituti lanciano l'allarme per una eccessiva “concentrazione di potere” nelle mani dei giganti del web. Sta emergendo in queste settimane un nuovo scontro, da tempo in atto ma più o meno sotterraneo.
Francisco González, presidente esecutivo della spagnola Bbva, ha affermato che Amazon, Google, Facebook e Alibaba potrebbero “sostituire molti istituti” e ha chiesto al G20 un intervento per non “mettere a rischio la stabilità finanziaria”. Il Financial Times ha riportato le parole di Ralph Hamers, ceo di Ing: l'arrivo delle grandi piattaforme “è un problema” per le banche. I colossi del web stanno da tempo guardando con interesse ad alcuni servizi fino a oggi riservati quasi esclusivamente agli sportelli.
L'online e i prestiti
Alibaba è già un grande attore finanziario. Amazon ha un servizio di prestiti, rivolto alle imprese che poi venderanno i loro prodotti online. E Facebook ha ottenuto, lo scorso ottobre in Irlanda, una licenza che consentirebbe a Mark Zuckerberg di concedere prestiti.
Perché, allora, le proteste dei banchieri si stanno facendo più forti? Ecco perché: il 13 gennaio è entrata in vigore la direttiva europea PSD2. Tra le altre cose, impone alle banche di mettere a disposizione di terze parti i dati dei clienti (dopo il loro consenso). Con due effetti principali: i servizi di pagamento potranno gestire le transazioni senza passare dal “via libera” degli istituti. E, soprattutto, che queste “terze parti” avranno a disposizione una mole enorme di dati, da sfruttare per offrire e suggerire agli utenti servizi (come prestiti e investimenti) su misura. Cibo per algoritmi.
La direttiva mira ad avvantaggiare i cittadini (riducendo i costi e mettendo a disposizione offerte più variegate) e a spingere la trasformazione digitale delle banche tradizionali, stimolate a diventare piattaforme multiservizi. Gli istituti, però, non ci stanno. Dietro alle “terze parti”, infatti, non ci sono solo piccole startup fintech ma anche i giganti del web.
Con la direttiva europea, Amazon, Google, Facebook e Alibaba potranno avere a disposizione dati freschi. Aggregarli, elaborarli grazie all'intelligenza artificiale e trasformarli in offerte sartoriali. Insomma: potrebbero fare con investimenti e mutui quello che fanno oggi con la pubblicità e i prodotti. Possono farlo anche le banche, certo. Partono però da una posizione di svantaggio, hanno meno risorse a disposizione e devono sottostare a vincoli più stringenti (come ad esempio quelli patrimoniali).
Ecco perché diversi banchieri protestano: hanno paura di giocare una partita in cui gli avversari sono più forti e devono rispettare regole diverse. Un po' come se un peso massimo incontrasse sul ring un peso medio con il braccio sinistro legato dietro la schiena. Francisco González ha chiesto quindi di “fare ordine” e di imporre a chiunque concede prestiti “le stesse norme, giganti di internet compresi”.