I continui cambi di posizione della politica e i rischi legali mettono in fuga i grandi gruppi stranieri che vogliono venire a investire in Italia. Lo afferma il past president di Federacciai, Antonio Gozzi, in un'intervista all'Agi. Dalle debolezze della politica, "cui spetta il compito di decidere la strada da seguire" all'intervento dei magistrati perché non si rispetta un contratto che "materia da codice civile e non penale", ecco perché la vicenda dell'ex Ilva di Taranto per Gozzi "fa male alla reputazione internazionale dell'Italia e fa perdere ogni attrattiva d'investimento straniero".
Il vero punto debole "della tragedia che si sta consumando a Taranto" sta tutto qui. Osserva il ceo di Duferco: "La reputazione del Paese è ulteriormente ridotta perché c'è uno stato di confusione totale, un cambio di posizioni continuo da parte dei Governi che invece di risolvere la situazione la complicano". E argomenta: "Non ci dimentichiamo che un anno fa Mittal ha firmato un contratto che prevedeva un piano industriale con la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio e un piano ambientale particolarmente rigoroso e costoso, che in buona parte è stato realizzato. E si sente dire dal sindaco di Taranto - oltre al tema dello scudo penale che c'era da prima perché lo avevano chiesto gli stessi commissari dell'amministrazione straordinaria - che bisogna chiudere l'area a caldo o dal governatore della Regione Puglia che si può produrre l'acciaio con il gas, che non si sa bene cosa voglia dire e comunque non è nel piano industriale contrattualizzato dal governo italiano.
"E poi - continua nel ragionamento il manager - il Parlamento della Repubblica vota, con M5s e Pd, che bisogna ri-tecnologizzare Taranto e anche lì non si capisce che cosa si vuol dire. Mettiamoci nei panni di uno che deve investire in Italia e ha la possibilità di farlo in varie parti del mondo. Dove sceglie di andare? Ovviamente laddove c'è certezza del diritto e una continuità contrattuale".
Così per Gozzi anche l'intervento della procura di Milano e l'esposto dei commissari straordinari al tribunale di Taranto sono "elementi che preoccupano gli investitori internazionali. Stiamo parlando di una materia da codice civile e non penale", sottolinea e ipotizza: "Ammettiamo che Mittal voglia ridurre la produzione per crisi di mercato, si configura davvero un reato penale? Se invece ci fossero elementi di frode i magistrati lo analizzeranno, ma francamente non credo che Mittal si sia messa a fare questo gioco".
"Spegnere gli altiforni può daneggiare l'impianto"
Inoltre, osserva, "il contenzioso legale avrà i suoi tempi e procedure ma non risolve la questione industriale di Taranto perché gli impianti rischiano di fermarsi e c'è qualcuno che si deve fare carico di non danneggiare gli impianti in uno stop che a mio giudizio è ingiustificato. Mittal - incalza Gozzi - ha preso in affitto dai commissari degli altoforni che funzionavano e, come sempre accade per le aziende date in affitto, bisogna restituirle nello stato in cui sono state consegnate. Quindi Mittal non può ridare gli altoforni chiusi, perché è una procedura complessa e molto delicata che può danneggiare l'impianto".
"Qui sì - prosegue - che deve intervenire la magistratura per fare provvedimento straordinario che impedisca a Mittal di chiudere, altro che indagine penale. Qui sì che c'è un forte rischio di danneggiamento. Gli operai non glielo lasceranno fare, e capisco la loro reazione. Sarebbe anche poi molto complicato farli ripartire". Ribadisce Gozzi: "Il contenzioso legale non risolve i problemi industriali e aziendali, perché si blocca anche il risanamento che era in corso".
Per uscire dal pantano, per l'amministratore delegato di Duferco occorre fare chiarezza: "Bisogna affrontare il tema per quello che è - sottolinea - andare a vedere il gioco di Mittal e capire se vuole davvero andarsene oppure no. Ma per farlo bisogna reintrodurre lo scudo penale e non consentire a Mittal alcun alibi. Dopodiché, ripristinato lo 'scudo' e scoperte le sue carte si prenderanno le decisioni conseguenti. Se la multinazionale se ne vuole andare - conclude Gozzi - bisogna farli uscire il più presto possibile, rimettere gli impianti nelle mani dei commissari e cercare un'altra difficile soluzione. Perché purtroppo la magnitudo finanziaria e manageriale di Taranto richiede forze grandi, come quelle di grandi gruppi mondiali".