Se Atene piange, Sparta non ride. Forse perché, in fondo, non si odiano così tanto. Per la prima volta da due anni, Samsung si attende profitti in calo. Secondo i risultati preliminari, tra ottobre e dicembre 2018 stima un utile operativo in discesa del 28,7% rispetto allo stesso trimestre del 2017, a circa 9,8 miliardi di dollari. In flessione dell'11% anche il fatturato atteso, peggiore rispetto alle stime degli analisti. Colpa di un mercato difficile, del rallentamento cinese. E della crisi di Cupertino.
La crisi degli smartphone
Samsung resta il principale produttore mondiale di smartphone. È chiaro quindi che un calo generalizzato del mercato globale si ripercuota anche sul gigante sud-coreano. Già nei dati del secondo trimestre, diffusi a luglio, la società aveva riconosciuto vendite di smartphone sotto le attese (in particolare del Galaxy S9) e in calo del 18% anno su anno. E già allora aveva detto con chiarezza che il quadro del comparto mobile sarebbe rimasto “difficile” a causa della crescente concorrenza.
Previsioni rispettate: Samsung è la società che più ha visto erosa la propria quota di mercato globale tra il terzo trimestre del 2017 e lo stesso periodo del 2018: è passata dal 21,2 al 20,1%. Apple ha guadagnato (dall'11,9 al 13%), ma è stata scavalcata da Huawei (che dal 9,9 è passata al 14%) ed è inseguita da Xiaomi (9,2%) e Oppo (8,7%). La pressione arriva quindi, soprattutto, dai produttori cinesi. Con un effetto doppio: guadagnano su scala globale e rubano spazio a Samsung nel mercato cinese, già in contrazione a causa del rallentamento economico.
Samsung si sta muovendo e, dopo un periodo in cui ha privilegiato l'alto di gamma, è tornata a puntare sulla fascia media. Si tratta quindi di dinamiche non nuove, che però si manifestano con maggiore forza nell'ultimo periodo dell'anno, il più ricco grazie alla stagione natalizia. Samsung non si attende ribaltoni nella prima parte del 2019, sperando poi di recuperare terreno con l'atteso Galaxy S10 e con lo smartphone flessibile che arriverà entro l'anno.
Il “contagio” di Apple
Samsung non paga solo le vendite dei propri smartphone, ma anche quelle degli altri. Il gruppo ha retto anche a duri colpi, come il ritiro del Note 7 del 2016, grazie all'equilibrio del suo bilancio. Oltre ai prodotti finiti (smartphone e televisori, soprattutto) c'è la componentistica, dai display ai chip. È quindi non solo una casa che vende agli utenti, ma anche un fornitore dei suoi avversari, come Apple e Huawei. Ecco perché il loro successo non è, entro certi limiti, un problema.
Più iPhone venduti vuol dire più componenti prodotte. Il problema degli ultimi trimestri è che a frenare non è stata solo Samsung ma l'intero mercato. Pur non essendo direttamente coinvolto nella battaglia dei dazi, il gruppo coreano ha quindi risentito della tensione tra Cina e Stati Uniti, dove si concentra gran parte del suo export. Il tutto è aggravato dal rallentamento cinese e da quello di Apple (che non è imputabile solo alle scelte degli utenti asiatici).
Non solo Galaxy
Le minori vendite della componentistica non si fermano solo agli smartphone. Anche la domanda da server e pc è calata, impattando sui prezzi cui Samsung può vendere moduli i propri chip. Ecco perché questa volta a contrarsi non è stato solo il fatturato (alimentato dagli smartphone, più costosi) ma anche i margini: nei mesi scorsi circa l'80% del risultato operativo era arrivato dalla componentistica. Si potrebbe dire, semplificando, che la crisi dei propri smartphone pesa sul fatturato, mentre quella degli avversari e degli altri clienti sui margini.
Il rischio è che, a queste condizioni di mercato, Samsung debba ulteriormente ridimensionare i prezzi, assottigliando ancora la redditività, almeno nei primi mesi del 2019. I margini potrebbero tornare ad allargarsi nel secondo semestre, grazie a una rinnovata domanda di cpu e sperando nel successo dei nuovi smartphone. Il titolo di Samsung ha pero l'1,68% nell'ultima seduta, il 5,2% nell'ultimo mese e il 28% rispetto ai messimi del 2018, toccati ad aprile.