Pechino non vuole rischiare il collasso di Anbang, il gruppo assicurativo proprietario, tra l’altro, dell’iconico hotel Waldorf Astoria di New York. Così le autorità cinesi hanno deciso di assumerne direttamente il controllo diretto per un anno, di fatto annettendosi anche il lussuoso hotel newyorkese. In una nota emessa dalla China Insurance Regulatory Commission, l’ente di vigilanza del settore assicurativo precisa che la mossa è stata decisa per mantenere regolare l’operatività del gruppo e per proteggere i diritti dei consumatori. Anbang è accusata di “pratiche illegali di business”, dai riscontri delle indagini della Circ, che “possono seriamente minacciare la solvibilità della compagnia”. Il gruppo sarà amministrato da dirigenti dello stesso ente governativo, della banca centrale cinese e da altri enti a vigilanza del settore finanziario.
Impero nato vendendo case
Ma che cosa è Anbang, che qualcuno ha paragonato a una sorta di Lehman Brothers cinese? La società nasce 14 anni fa, nel 2004, come compagnia assicuratrice del settore auto. Il suo fondatore, Wu Xiaohui, è un ex venditore di auto e di immobili che ha fatto carriera, sposando la nipote di Deng Xiaoping, il successore di Mao, l’uomo che ha modernizzato la Cina e che ha inventato la formula dell’economia mista, capital-comunista, quella che ha consentito alla Cina 30 anni di crescita stellare ininterrotta. Wu è così entrato nel Gotha dell’economia e della politica cinese, circondandosi di personaggi influenti e creando un gruppo finanziario dalla struttura proprietaria poco trasparente, opaca. Per diversi anni il nome dello stesso Wu è scomparso dai vertici della società e sulla carta Anbag è risultata di proprietà di persone che lavoravano attraverso delle partecipate.
Coi guanti bianchi
Non è facile districarsi nel groviglio di scatole cinesi che caratterizza la governance di Anbang, un paravento dietro al quale si nascondono influenti personaggi politici, o prestanome dello stesso Wu, che per anni si sono arricchiti senza apparire alla luce del sole. Queste pratiche in Cina sono abbastanza normali, hanno anche un nome, si chiamano baishoutao, o “guanti bianchi”.
I soldi accumulati da Anbang venivano reinvestiti aggressivamente all’estero e finivano nelle tasche di gente influente, che rispondeva direttamente al governo di Pechino e dietro i quali c’era di solito Wu a tirare le fila. Ma qual è il business di Anbang? Il grosso degli affari del gruppo sono le assicurazioni, ma la compagnia opera anche nel 'wealth management', la gestione patrimoniale, cioè gestisce il risparmio e lo fa alla ‘cinese’, con investimenti a breve termine, pacchetti assicurativi che offrono rendimenti fissi, mediamente più alti di quelli delle banche e più sicuri di quelli, spesso instabili, offerti in Borsa.
Anbang insomma gestisce la liquidità delle imprese e delle finanziarie del Made in China, i soldi dei nuovi ricchi cinesi, investendoli senza grandi controlli, praticamente senza rendere conto a nessuno, in prodotti finanziari legati alle assicurazioni. Lo fa in modo spregiudicato, con forti protezioni alle spalle e raccogliendo un sacco di clienti.
In sei anni, come rivela il 'New York Times', le attività di assicurazione sulla vita di Anbang si moltiplicano di 2.876 volte, raggiungendo i 213 miliardi di dollari. Con questi soldi Anbang continua ad investire pesantemente all’estero, nel 2014 compra per 1,95 miliardi di dollari l’hotel liberty Waldorf Astoria, uno dei gioielli di New York, poi si rafforza nel settore assicurativo, acquistando la sudcoreana Tong Yang Life, la belga Fidea e l’olandese Vivat, che non si limita a comprare ma dentro la quale inietta un miliardo di dollari.
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I legami tra Wu e Trump
Assieme al commissariamento del gruppo è stato deciso anche di procedere contro il suo presidente, Wu Xiaohui, scomparso dalla scena nel giugno scorso. I procuratori di Shanghai hanno formalmente accusato Wu di frode nella raccolta fondi e di abuso della propria posizione.
A destare preoccupazione da tempo, anche tra i membri del Congresso degli Stati Uniti, è l’opacità della struttura societaria: Wu non figura tra gli uomini più ricchi di Cina, mentre quote importanti del gruppo sarebbero detenute da membri della sua famiglia. Wu è noto negli Stati Uniti anche per i contatti ad altissimo livello con la famiglia del presidente, Donald Trump: nel novembre del 2016, pochi giorni dopo la vittoria alle presidenziali di Trump, il New York Times aveva scritto di un incontro, proprio al Waldorf Astoria, tra lo stesso Wu, uomo estremamente riservato e che non ha mai concesso interviste, con il genero del presidente, Jared Kushner. Anbang avrebbe intrattenuto colloqui d’affari con i Kushner anche all’inizio del 2017 per l’acquisto di un grattacielo sulla Quinta Strada a Manhattan, per il valore complessivo di 400 milioni di dollari, ma l’affare è in seguito sfumato.
Un commissariamento senza precedenti
Il commissariamento di Anbang, un gruppo privato, da parte della Circ è senza precedenti, in Cina, a detta degli analisti, e rappresenta un segnale chiaro delle intenzioni di Pechino nel contrasto ai rischi finanziari. “Anbang è troppo grande per fallire”, ha dichiarato un dirigente del gruppo citato dal Financial Times, e il governo dovrà “ristrutturarla molto attentamente”. Anbang ha investimenti in diverse aree, molte delle quali di importanza strategica, come banche e gruppi immobiliari, e il rischio di un collasso del gigante delle assicurazioni potrebbe essere quello di avere riverberi su tutto il sistema finanziario, un’eventualità estremamente sgradita a Pechino, che proprio nel contenimento dei rischi finanziari vede uno dei tre pilastri dell’azione di governo per il 2018, assieme alla lotte contro l’inquinamento e contro la povertà.
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Oltre ad Anbang, a finire nel mirino del governo per la disinvoltura con cui venivano condotte acquisizioni all’estero, sono finiti lo scorso anno anche altri giganti dell’industria cinese, come Hna, Fosun e la conglomerata Wanda. Il destino di Wu sembra collegato a quello di un ex alto funzionario di Pechino, Xiang Junbo, ex numero uno della Circ ed espulso dal Partito Comunista Cinese per corruzione a ottobre scorso, pochi giorni prima dell’inizio del diciannovesimo Congresso del Partito Comunista Cinese che ha consacrato Xi al vertice del partito per un secondo mandato. Anche il commissariamento di Anbang e le accuse mosse contro il suo presidente cadono in un momento di particolare fervore politico: a inizio marzo prenderanno il via i lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, durante i quali sono attese le nuove nomine ai vertici dello Stato in Cina, con la rielezione di Xi Jinping a presidente cinese data per scontata da ogni osservatore.